lunedì 29 aprile 2019

The Necromancers – Of Blood and Wine


The Necromancers – Of Blood and Wine
(Ripple Music, 2018)

Negli ultimi anni è nata l’Università degli Studi Occulti. Una scuola di magia (nera) simile a quella in cui studia Harry Potter, ma la cui cattedra è affidata a gente come Ozzy, High Tide, Comus, Coven, oltre ad una numerosa compagine di registi di horror di serie B degli anni '70, e ad innumerevoli musicisti heavy metal. I francesi The Necromancers si laureano nel 2017 con il loro disco d’esordio (Servants of the Salem Girl) e conseguono la specializzazione con Of Blood and Wine (2018). I corsi sull’occult rock degli anni '70, così come quelli sul doom metal e sulla NWOBHM, sono stati seguiti con attenzione. E così pure le lezioni tenute dal conterraneo Jean Rollin, regista che (sempre negli anni 70) mescolava horror nebbioso, erotismo e visioni lisergiche. Vista l’abbondanza di laureati degli ultimi anni, non sarà facile trovare lavoro. Ma questi francesi dimostrano di essere in grado di rielaborare quanto appreso con personalità, componendo melodie originali e coinvolgenti, con occhio sempre attento all’atmosfera. E, cosa non frequente per chi esce da questo ateneo, possiedono un cantante con una voce calda e profonda. Alternando lunghi brani di hard rock progressivo (magistralmente scorrevoli e sempre carichi di groove) e ballate offuscate da uno strato di bruma autunnale, dimostrano di avere tutte le carte in regola per ricoprire un ruolo importante nella società medievale presagita da questo ateneo.
[R.T.]
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The Necromancers – Of Blood and Wine
(Ripple Music, 2018)

In recent years the University of Occult Studies was born. A school of (black) magic similar to the one in which Harry Potter studies, but whose chair is entrusted to people like Ozzy, High Tide, Comus, Coven, as well as to a large group of directors of 70s horror B-movies, and to countless heavy metal musicians. French The Necromancers graduated in 2017 with their debut album (Servants of the Salem Girl) and took a specialization with Of Blood and Wine (2018). Courses on 70s occult rock, as well as those on doom metal and NWOBHM, have been carefully followed. And so were the lectures given by their fellow countryman Jean Rollin, a director who (still in the 70s) mixed foggy horror, eroticism and lysergic visions. Given the plenty of graduates in recent years, it will not be easy to find work. But these French guys prove to be able to rework what they have learned with personality, composing original and engaging melodies, always keeping an eye on the atmosphere. And, not common for those one graduating at this college, they have a singer with a warm deep voice. Alternating long tracks of progressive hard rock (masterfully flowing and always full of groove) and ballads tarnished by a layer of autumn mist, they prove to have all the credentials to play an important role in the medieval society portrayed by this university.
[R.T.]

martedì 23 aprile 2019

Sherpa – 06.04.2019 - Cascina Bellaria Rural Music Club! (Sezzadio, AL)


Sherpa – 06.04.2019 - Cascina Bellaria Rural Music Club! (Sezzadio, AL)

Se ne sono accorti tutti che in Italia, negli ultimi anni, si è sviluppata un’interessantissima scena psichedelica. Tutti, eccetto noi italiani. Mentre all’estero coniavano un nome per questa scena (Italian Occult Psychedelia) noi facevamo di tutto per occultarla nell’underground più profondo (al concerto de La Piramide di Sangue eravamo tre (stre)gatti, ad esempio). I pescaresi Sherpa rischiano di subire la stessa sorte. Poche date - per lo più tra pochi intimi - in Italia e, dall’altro lato, un posto sul palco più suggestivo (Het Patronaat) del Roadburn. Per quanto l’aura di mistero giovi a questa musica, portarla alla luce è un dovere morale che ogni fedele della divinità del rock dovrebbe sentire dentro di sé. I pochi presenti alla Cascina Bellaria assistono ad una cerimonia di melodie liquide, atmosfere rarefatte e tempi dilatati che non dimenticheranno facilmente, e che li porterà a diffondere il verbo affinché questo non si disperda come altre volte in passato. La musica degli Sherpa è una nuvola che avvolge i presenti e riempie la struttura in legno della Cascina, cambiando forma, consistenza e pressione sonora in modo fluido e naturale. Alcune volte siamo circondati dai fiocchi globulari compatti degli arpeggi che salgono a spirale verso l’alto. Altre da cirri filamentosi che scorrono liquidi sul manico di un basso fretless. L’energia si accumula fino al punto in cui la musica assume la forma rotonda e il colore scuro dei cumulonembi sul punto di rovesciare il diluvio. E’ qui che i distesi panorami sonori disegnati da una chitarra ricca di echi arpeggiata con le dita, o da un E-bow, diventano nere avvisaglie di tempesta, preludio a potenti riff ultrabassi post stoner. Un miracolo sonoro generato a due passi da casa, che lasciarsi sfuggire sarebbe un peccato mortale. 
[R.T.]
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Sherpa – 04.06.2019 - Cascina Bellaria Rural Music Club! (Sezzadio, AL)

Everyone has realized that in recent years in Italy an extremely interesting psychedelic scene has developed. Everyone, except us Italians. While abroad they coined a name for this scene (Italian Occult Psychedelia) we did everything to hide it in the deepest underground (at La Piramide di Sangue concert we were just a handful of people, for example). Sherpa, from Pescara, are likely to suffer the same fate. Few dates - mostly in really small venues - in Italy and, on the other hand, a place on the most suggestive stage (Het Patronaat) at Roadburn Festival. Even though the aura of mystery benefits this music, bringing it to light is a moral duty that everybody trusting in the rock deity should feel within himself. The few ones at Cascina Bellaria attend a ceremony of liquid melodies, rarefied atmospheres and dilated times that they will not easily forget, and that will lead them to spread the word so that this does not disperse itself like other times in the past. Sherpa music is a cloud enveloping the audience and filling the wooden structure of the Cascina, changing shape, texture and sound pressure in a fluid and natural way. Sometimes we are surrounded by the compact globular flakes of arpeggios that spiral upwards. Others from filamentous cirrus clouds that run liquid on the handle of a fretless bass. The energy accumulates up to the point where music takes on the round shape and the dark colour of the cumulonimbus clouds on the verge of reversing the flood. It is here that the extended soundscapes drawn by a guitar rich in echoes and played with fingers, or by an E-bow, become black storm signals, a prelude to powerful ultra-low post stoner riffs. A sound miracle generated a few steps from home, that letting it slip away would be a mortal sin.
[R.T.]

giovedì 18 aprile 2019

Bloodbath – The Arrow of Satan is Drawn


Bloodbath – The Arrow of Satan is Drawn
(Peaceville, 2018)

Il tempo ha reso giustizia a quel suono che proveniva dalla foresta tenebrosa del primo disco degli Entombed. Il suono di una sostanza densa e appiccicosa che cadeva nell’abisso creando echi in grado di risvegliare Cthulhu. Grezzo, sporco, viscerale, ottenuto semplicemente con un distorsore della Boss (l’HM2) spinto al massimo. Dopo anni in cui quel suono è stato rinnegato da gran parte dei musicisti metal, alla ricerca della distorsione più compressa e quadrata possibile, lui è tornato dalle viscere della Terra. Ma non basta quel magico suono che sa di fango e budella in putrefazione a rendere grande un disco death metal. E’ necessario che chi lo utilizza componga riff in grado di risvegliare i morti e di farli camminare in mezzo a noi. Magari qualcuno che sappia colorare la carneficina di nere melodie. Insomma, c'è bisogno di Anders Nyström. Un chitarrista che alla furia old school e alle atmosfere da splatter horror anni '80 riesce ad abbinare una sensibilità gotica, per quanto questa appaia ad un primo ascolto nascosta in fondo ad un lago di sangue. Grazie anche al latrato di Nick Holmes dei Paradise Lost, i Bloodbath (dei quali fanno parte anche l’altro Katatonia Jonas Renkse e il batterista degli Opeth Martin Axenrot) superano la somma che ci aspetteremmo dalle singole parti, almeno per quanto riguarda Katatonia e Opeth degli ultimi album (non certo dai Paradise Lost, ancora grandiosi!). Merito dell’HM2, che ha saputo risvegliare il Cthulhu che si annida in questi vecchi metallari.
[R.T.]
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Bloodbath – The Arrow of Satan is Drawn
(Peaceville, 2018)

Time has done justice to that sound coming from the dark forest of the first Entombed record. The sound of a dense sticky substance that used to fall into the abyss creating echoes capable of awakening Cthulhu. Rough, dirty, visceral, simply obtained with the distortion of the Boss (the HM2) pushed to its maximum level. After years in which that sound was disowned by most metal musicians, in search of the most compressed and square distortion possible, it came back from the bowels of the Earth. But to make a death metal record great that magical sound smelling of mud and rotting guts it is not enough. It is necessary that those ones using it compose riffs that can awaken the dead and make them walk among us. Maybe someone who knows how to colour the carnage of black melodies. In short, we need Anders Nyström. A guitarist who manages to combine a gothic sensibility with the old school fury and the 80s horror splatter atmospheres, even if at a first hearing it appears hidden at the bottom of a lake of blood. Thanks also to Nick Holmes (Paradise Lost) bark, Bloodbath - which also include Jonas Renkse (Katatonia ) and the drummer Martin Axenrot (Opeth) - exceed the sum that we would expect from the individual parts, at least as regards Katatonia and Opeth of the last albums (certainly not the still amazing Paradise Lost!). Thanks to the HM2, able to awaken that Cthulhu lurking in these old metalheads.
[R.T.]

lunedì 15 aprile 2019

The Body - I Have Fought Against It, But I Can’t Any Longer.


The Body - I Have Fought Against It, But I Can’t Any Longer.
(Thrill Jockey, 2018)

“I Have Fought Against It, But I Can’t Any Longer.” Dopo aver messo il punto ed aver così concluso la lettera indirizzata alla sorella, Virginia Woolf si suicidò. Con questa premessa, mettere nello stereo un disco che cita fin dal titolo una confessione così intima e drammatica, fa sentire sporchi. Eppure il battito del cuore che si fa largo nel mare di droni e rumori - e sul quale la voce di Chrissy Wolpert recita un toccante poema funebre - mostra quanto la musica dei The Body si getti nel dolore con umanità, senza traccia di voyeurismo morboso. Ben presto diventiamo protagonisti della sofferenza, e non più spettatori. E’ in questo momento che tutta crolla, dentro di noi. Il peso del dolore incrina la lucidità ed è la follia a prendere il sopravvento, risucchiandoci in un vortice patologico, in cui una voce angelica (quella di Kristin Hayter, alias Lingua Ignota) si trasforma in un rantolo spaventoso, e i bassi rimbombano profondissimi su basi elettroniche marziali che richiamano gli incubi dei vecchi Swans e i deliri dei Throbbing Gristle. Per i The Body l’autodistruzione è al tempo stesso disgustosa e magnetica. Ha un potere attrattivo che varca i confini del pensiero razionale. Ed è tanto emotivamente travolgente da annichilire ogni emozione. Una volta entrati nel suo vortice, le forze per uscirne sono sempre più flebili. L’astenia è l’ultimo gradino di questa discesa nell’abisso, e non potevano esistere parole più intense di quelle di Bohumil Hrabal ad accompagnarci.
[R.T.]
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The Body - I Have Fought Against It, But I Can’t Any Longer.
(Thrill Jockey, 2018)

“I Have Fought Against It, But I Can’t Any Longer.” After writing the full stop and thus concluding the letter addressed to her sister, Virginia Woolf committed suicide. With this premise, putting on the stereo a record that from the title mentions such an intimate and dramatic confession makes you feel dirty. Yet the heartbeat that makes its way into the sea of drones and noises - and on which the Chrissy Wolpert voice recites a touching funeral poem - shows how much The Body music throws itself into pain with humanity, without trace of morbid voyeurism. Soon we become protagonists of this suffering, and no longer spectators. It is in this moment that everything collapses, within us. The weight of pain cracks the lucidity and madness prevails, sucking us in a pathological vortex, in which an angelic voice (that of Kristin Hayter, aka Lingua Ignota) turns into a scary rattle, and bassess echoe deeply on martial electronic bases reminiscent of early Swans nightmares and Throbbing Gristle raving. For The Body, self-destruction is both disgusting and magnetic. It has an attractive power that crosses the boundaries of rational thought. And it is so emotionally overwhelming to annihilate every emotion. Once in its vortex, the forces to get out of it are always weaker. Asthenia is the last step of this descent into the abyss, and there could be no more intense words than Bohumil Hrabal ones to accompany us.
[R.T.]

venerdì 12 aprile 2019

Coilguns- Millennials


Coilguns- Millennials
(Hummus Records, 2018)


Dopo aver assistito dal vivo alla pazzia selvaggia di questi svizzeri, non pensavo che questa potesse uscire anche dalle casse dello stereo di casa, esclusivamente attraverso la loro musica. Perché a casa non c’è Louis Jucker che ti salta addosso, tra un ballo scoordinato e l’altro, urlandoti in faccia e rotolandosi tarantolato per terra. Né Donatien Thiévent che balla come se si trovasse ad un rave, strafatto, mentre inserisce sintetizzatori e urla nel muro di distorsione eretto dalla chitarra a otto corde di Jona Nido. Eppure, anche senza l’impeto fisico del concerto, la musica della band esplode dalle casse con una pressione impressionante, sbalzando il divano fuori dalla finestra e facendomi saltare in cima all’armadio insieme ai gatti di casa. La chitarra possiede una profondità e una rotondità mostruose, senza che questo appesantisca le architetture agili ed elastiche costruite dalla batteria di Luc Hess, né tantomeno ammorbidisca i contrasti tra le dissonanze laceranti. Tre membri su quattro (Jucker, Nido, Hess) hanno fatto parte dei The Ocean nel periodo Heliocentric / Anthropocentric, ma del post metal progressivo del collettivo non c’è traccia alcuna tra le schegge impazzite di Millennials. Qui volano pezzi di ferro arrugginito, vetro e cemento, come ai tempi delle esplosioni dei Breach e dei Botch. Non c’è memoria di edifici solidi, grandiosi, ricchi di abbellimenti barocchi e profondità spirituale. Il nuovo millennio è collassato.
[R.T.]
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Coilguns- Millennials
(Hummus Records, 2018)


Having attended the wild madness of these Swiss live on stage, I didn't think that this could even come out of the speakers of the home stereo, exclusively through their music. Because at home there is no Louis Jucker jumping upon you, between one uncoordinated dance and another, shouting at you in the face and rolling around as tarantulated on the ground. Nor Donatien Thiévent dancing as if he were at a rave party, totally stoned, inserting synthesizers and screaming in the distortion wall erected by Jona Nido's eight-string guitar. Yet, even without the physical impetus of the concert, the band's music explodes from the speakers with an impressive pressure, knocking the sofa out of the window and making me jump to the top of the wardrobe together with the house cats. The guitar has got a monstrous depth and roundness, without this weighing down the agile and elastic architectures built by Luc Hess's drums, nor softening the contrasts between the lacerating dissonances. Three members out of four (Jucker, Nido, Hess) were part of The Ocean in the Heliocentric / Anthropocentric period, but of the progressive post-metal collective there is no trace among the crazy chips of Millennials. Here pieces of rusted iron, glass and cement fly everywhere as in the days of Breach and Botch explosions. There is no memory of solid, magnificent buildings, rich in baroque embellishments and spiritual depth. The new millennium has collapsed.
[R.T.]

martedì 9 aprile 2019

The Mon – Doppelleben


The Mon – Doppelleben
(Supernatural Cat, 2018)

Riuscire ad evocare un’atmosfera attraverso la musica significa trasmettere sensazioni, più che pensieri e idee compiute. Creare un universo sonoro che stimoli le percezioni affinché queste siano più sensibili, e non abbiano bisogno della parte razionale del nostro cervello per decodificare il messaggio. Apparentemente meno complicato rispetto alla costruzione di architetture musicali basate su ritmo e melodia, in realtà molto complesso perché il musicista necessita di grandi sensibilità e comunicatività. Capacità, queste ultime, che non mancano ad Urlo (basso, voce e synth degli Ufomammut) che con il suo progetto The Mon esplora il lato più sensoriale della sua musica. Se già nel doom cosmico della sua band principale suono e atmosfera rivestono una particolare importanza, in Doppelleben (composto e suonato in solitaria) questi sono assoluti protagonisti. L’ascoltatore si ritrova in un luogo mentale che ha la parvenza di una landa gelata, avvolta nella nebbia del mattino, in cui il Sole inizia ad alzarsi lentamente sulla linea dell’orizzonte, scongelando via via il ghiaccio che avvolge la vegetazione, per poi inabissarsi nuovamente al di là delle montagne, così che tutto torna a congelarsi, assumendo nuove forme. Questo movimento ciclico e perenne è reso da tappeti cosmici di sintetizzatore, pulsazioni sintetiche, muri di distorsione e giri ipnotici di basso, mentre soffusi raggi di melodia indicano una direzione nella nebbia. La direzione diventa evidente, come un tracciato, nella parte centrale dell’album, nella quale si affaccia la voce, e i brani assumono una struttura più quadrata (sorta di versione onirica dei Nine Inch Nails). Ma nel finale tornano le lunghe - sottilmente inquietanti - attese delle colonne sonore di John Carpenter, per ricordarci che lo scorrere del tempo produce trasformazioni apparentemente impercettibili, ma in realtà profondissime. E anche se tutto sembra tornare al punto di partenza, niente sarà più lo stesso.
[R.T.]
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The Mon – Doppelleben
(Supernatural Cat, 2018)

Being able to evoke an atmosphere through music means transmitting sensations, rather than thoughts and completed ideas. It is like creating a sound universe that stimulates perceptions so that they are more sensitive and they do not need the rational part of our brain to decode the message. Apparently less complicated than the construction of musical architectures based on rhythm and melody, on the contrary extremely complex because the musician needs great sensitivity and communicativeness. Abilities, these latter, which are not lacking in Urlo (Ufomammut bass, voice and synth) who explores the more sensory side of his music with his project The Mon. If already in the cosmic doom of his main band sound and atmosphere play a particularly relevant role, in Doppelleben (composed and played solo) these are absolute protagonists. The listener finds himself in a mental place that has the feature of a frozen land, shrouded in the morning fog, in which the Sun begins to rise slowly on the horizon line, gradually thawing the ice that surrounds the vegetation, then sinking back beyond the mountains, so that everything returns to freeze, taking on new forms. This cyclical and everlasting movement is rendered by cosmic synthesizer carpets, synthetic pulsations, walls of distortion and hypnotic bass turns, while suffused rays of melody indicate a direction in the fog. The direction becomes evident, like a path, in the central part of the album, in which the voice appears and songs take on a more square structure (sort of dreamlike version of Nine Inch Nails). But in the final part the long - subtly disturbing - waits of John Carpenter's soundtracks come back, to remind us that the passing of time produces seemingly imperceptible, yet indeed really deep, transformations. And even if everything seems to return to the starting point, nothing will ever be the same again.
[R.T.]

giovedì 4 aprile 2019

Author & Punisher – Beastland


Author & Punisher – Beastland
(2018, Relapse Records)

La fusione tra uomo e macchina attrae e spaventa perché pone domande sul confine tra essere umano e sue creazioni, e su quanto queste ultime possano governare il loro stesso creatore, fino a sostituirsi ad esso. Una società sempre più dipendente dalla tecnologia e fanaticamente credente nel progresso pone nuovi dilemmi che artisti come Tristan Shone (sotto lo pseudonimo Author & Punisher) mettono in musica. Musica che - letteralmente - è frutto della cooperazione tra carne e acciaio, nervi e plastica, muscoli e metallo. Il musicista americano è infatti un ingegnere meccanico che ha progettato e costruito con le sue mani gli strumenti attraverso i quali controlla sintetizzatori e tastiere. Una sorta di esoscheletro cibernetico che risponde con suoni e rumori ai movimenti fisici e reali del suo creatore. Un cyborg retrofuturista che pare uscito dalla mente di Jules Verne, o da un sogno di HR Giger. Inevitabilmente la sua musica è un industrial metal pesante e ossessivo in cui la voce umana viene filtrata e distorta attraverso muri di cemento armato arrugginito e grovigli elettrici in corto circuito. Se i Godflesh (tra le principali fonti di ispirazione di Shone, insieme ai Nine Inch Nails di The Downward Spiral e al Marilyn Manson pre-Mechanical Animals) gettano una luce mistica sul post-sé che nascerà quando le macchine avranno definitivamente conquistato il potere, Author & Punisher intravede una possibile collaborazione nell’apocalittico scontro tra organico e inorganico. Oltre che nella cooperazione tra idea umana e azione meccanica di Shone e dei suoi strumenti, anche nelle melodie che si affacciano tra le numerose esplosioni c’è la fascinazione per una possibile conciliazione. Forse perché la coscienza di sé della creatura costruita da Shone è solo embrionale e in tutto e per tutto ancora dipendente dall’uomo? Ma cosa potrebbe accadere in futuro?
[R.T.]
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Author & Punisher – Beastland
(2018, Relapse Records)

The fusion between man and machine attracts and scares because it asks questions about the boundary between human beings and their creations, and how much they can govern their own creator, replacing it. A society increasingly dependent on technology and fanatically believing in progress poses new dilemmas that artists like Tristan Shone (under the pseudonym Author & Punisher) set to music. Music that - literally - is the result of cooperation between flesh and steel, nerves and plastic, muscles and metal. The American musician is in fact a mechanical engineer who has designed and built with his own hands the instruments through which he controls synthesizers and keyboards. A sort of cybernetic exoskeleton that responds with sounds and noises to the physical and real movements of its creator. A retrofuturist cyborg that seems to have come from Jules Verne mind, or from HR Giger dreams. Inevitably his music is a heavy obsessive industrial metal in which the human voice is filtered and distorted through walls of rusty reinforced concrete and short-circuited electrical tangles. If Godflesh (one of the main sources of inspiration for Shone, along with Nine Inch Nails of The Downward Spiral era and pre-Mechanical Animals Marilyn Manson) cast a mystical light on the post-self that will be born when machines will have definitively conquered power, Author & Punisher sees a possible collaboration in the apocalyptic clash between organic and inorganic. Not only in the cooperation between the human idea and the mechanical action of Shone and his instruments, but also in the melodies that appear between the many explosions there is the fascination for a possible conciliation. Perhaps because the self-consciousness of the creature built by Shone is only embryonic and in every way still dependent on man? But what could happen in the future?
[R.T.]

lunedì 1 aprile 2019

Crypt Trip - 23.03.2019 - Cascina Bellaria Rural Music Club! (Sezzadio, AL)


Crypt Trip - 23.03.2019 - Cascina Bellaria Rural Music Club! (Sezzadio, AL)

Prendi il primo weekend di primavera, con un cielo ed un'aria che ti caricano di energia. Prendi un locale tutto di legno sperduto nella campagna dell'Alto Monferrato, nel buio più buio punteggiato di così tante stelle che non riesci neppure a contarle. A questo punto prendi una band che riesca a trascinarti in un viaggio che sa di psichedelia, rock'n'roll, blues e motociclette lanciate lungo infinite strade polverose ed assolate. Fatto? Eccoti servito il concerto dei Crypt Trip alla Cascina Bellaria. Se su disco tutti gli ingredienti della loro musica formano una miscela unica e potente, dal vivo il trio texano ha un tiro ed un impatto davvero incredibili. Musicalmente e tecnicamente sono una macchina heavy psych perfetta ed oliatissima che impedisce (in tutti i sensi) al pubblico di rimanere con i piedi per terra: impossibile rimanere fisicamente immobili, impossibile non volare alto ed altrove con la testa. La batteria di Cameron Martin è l'anima più viscerale e sfrenata della band e prende letteralmente vita attraverso la frenesia e maestria del suo "padrone". Chitarra e basso s'intrecciano con riff trascinanti e carichi di groove, in un magma sonoro che dal palco riempie ogni angolo del locale, impregna il legno delle pareti e del soffitto e sembra voler uscire dalle finestre, per disperdersi sui prati ed accendere il buio della notte. Un concerto che vorresti non finisse mai, che arriva alla sua conclusione senza nemmeno rendersi conto del tempo trascorso, e che lascia un'irresistibile voglia di ripetere quanto prima questo viaggio!
[E.R.]

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Crypt Trip - 03.23.2019 - Cascina Bellaria Rural Music Club! (Sezzadio, AL)

Take the first weekend of spring, with a sky and an air that charge you with energy. Take a venue entirely made of wood lost in the Alto Monferrato countryside, in the darkest darkness dotted with so many stars that you can't even count them. Then take a band able to drag you on a journey that tastes of psychedelia, rock'n'roll, blues and motorcycles launched along endless dusty sunny roads. Done? Here it is Crypt Trip concert at Cascina Bellaria. If on album all the ingredients of their music form a unique and powerful blend, live the Texan trio has a truly incredible groove and impact. Musically and technically they are a perfect and very oiled heavy psych machine that (in all senses) prevents the audience from being down to earth: impossible to remain physically motionless, impossible not to fly high and elsewhere with the head. Cameron Martin's drum is the most visceral and unbridled soul of the band and it literally takes life through the frenzy and prowess of its "master". Guitar and bass intertwine with dragging and groovy riffs, in a sound magma that from the stage fills every corner of the venue, soaks the wood of the walls and ceiling and seems to want to come out of the windows, to disperse on the lawns and light up the darkness of the night. A concert that you would never want to end, which comes to its conclusion without even realizing the time elapsed, and which leaves an irresistible desire to repeat this trip as soon as possible!
[E.R.]