Boris + Geeah – 03.12.2016 - The Cage Theatre (Livorno)
Ai tempi della sua uscita, nel 2006, rimasi deluso da Pink. Conoscevo i Boris per i muri di suono di Absolutego e per le liquide melodie di Flood e non ero per niente preparato alla destrutturazione dello stoner rock operata dal trio giapponese nel suo disco rosa. Mentre mi stavo innamorando delle trasformazioni operate dagli altri nomi importanti del noise più pesante e ossessivo (Earth, Sunn O))), Nadja, Jesu…) Pink mi sembrò un’assurda presa in giro. Negli anni Pink è diventato uno dei dischi più apprezzati della band nipponica al punto che, dieci anni dopo la sua pubblicazione, il gruppo dedica un tour a quello che ormai viene considerato un “classico”. Il tempo mi ha dato torto, ma ora mi offre una seconda possibilità.
In apertura, sul palco del Cage, ci sono i Geeah. La band livornese pesta pesante fin da subito, con il suo stoner rock intriso di metallo. Riff massicci che ricordano Down, Kyuss e Corrosion of Conformity, sui quali spicca la voce potente e rabbiosa di Marco Lo Presti. Il cantante è l’arma in più del gruppo toscano, che si dimostra carico a mille sia nei momenti più diretti e tirati, sia in quelli più rallentati e pesanti.
E’ poi il turno dei giapponesi. Si sa, i nipponici hanno un gusto perverso per l’estremo e non amano le mezze misure. I Boris, in questo, sono nipponici fino al midollo. Stasera dimostrano quanto sia possibile avvicinare la sperimentazione rumorista alla canzone rock, ma certamente non con l’intento di rendere più appetibile uno dei due mondi agli occhi degli appassionati dell’altro, bensì per destabilizzarli entrambi. Da una parte devastano le melodie con droni mastodontici, cascate di feedback, dissonanze a raffica e voci "stonate". Dall’altra rendono godibile e orecchiabile il magma rumoroso con riff stoner, atmosfere malinconiche di matrice post rock e aperture melodiche sognanti. I tre stasera si divertono (per quanto possano apparire divertite le espressioni apatiche di Wata – chitarrista - o quelle da serial killer di Atsuo – batterista) a rendere una musica calda e rotonda come lo stoner rock niente più che un gelido esperimento sul tavolo del loro laboratorio. La chitarra stracarica di fuzz è una macchina generatrice di groove, ma questo viene volutamente smorzato dal suono meccanico della batteria e da un cantato sbilenco e disarmonico (al quale fanno da rinforzo gli assurdi versi di giubilo di Atsuo, che paiono provenire da un anime). Quando però anche Takeshi impugna il manico della sei corde, anziché quello del basso, si forma un vortice magnetico irrefrenabile dal quale è difficile svincolarsi, e il groove ha davvero il sopravvento. Un attimo dopo, poi, le vibrazioni monolitiche delle distorsioni ondeggiano nell’aria come nebbia densissima, e tra queste si fa breccia il suono del gong. L’avvicinamento di mondi distanti, la frenesia con la quale questi si fondono gli uni negli altri. Nell’assurdità di questo incontro sta la peculiarità di Pink. A dieci anni di distanza, per me è ancora difficile farmi un’idea precisa su questo capitolo della lunga e variegata carriera dei Boris. Folle, a tratti bellissimo, a tratti dissacrante. Estremo. E indecifrabile.
[R.T.]
***
Boris + Geeah – 03.12.2016 - The Cage Theatre (Livorno)
At the time of its release, in 2006, I was disappointed by Pink. I knew Boris for Absolutego walls of sound and Flood liquid melodies and I did not expect the deconstruction of stoner rock made by the Japanese trio in their pink album. While I was falling in love with the transformations made by the other big names of the heavier and more obsessive noise rock (Earth, Sunn O))), Nadja, Jesu ...) Pink seemed to me an absurd joke. Over the years Pink has become one of the most popular records by the Japanese band to the point that, ten years after its release, the band dedicates a tour to what is now considered a "classic". Time has proved me wrong, but now it gives me a second chance.
As opener, on the stage of the Cage, there are Geeah. From the very beginning the band from Livorno kicks the ass with its stoner rock infused with metal. Massive riffs that remind Down, Kyuss and Corrosion of Conformity, on which Marco Lo Presti powerful and angry voice stands out. The singer is the secret weapon of the Tuscan group, which proves to be super-mighty both in the most direct and fast moments, as in the slower and heavier ones.
Then, it is the time for the Japanese band. You know, Japaneses have got a perverse taste for the extreme and they do not like half measures. In this regard, Boris are Japanese in all respects. Tonight they show how it is possible to approach the noisy experimentation to rock songs. Certainly with no intention to make one of the two worlds more attractive to the eyes of the fans of the other: yet to destabilize both of them. On the one hand they devastate melodies with mammoth drones, falls of feedbacks, blasts of dissonances and "off-key" voices. On the other they make this noisy magma enjoyable and catchy thanks to stoner riffs, melancholic post rock atmospheres and dreamy melodic openings. Tonight the three have fun (as much as the apathetic expressions of Wata - guitarist - or those ones similar to a serial killer ones of Atsuo - drummer - could appear amused) to make stoner rock nothing more than a cold experiment on their laboratory table. The overloaded fuzzed guitar is a machine generating groove, yet this one is deliberately dampened by the mechanical sound of the drums and by a disharmonic and crooked singing (enhanced by the absurd jubilant screams by Atsuo, which really seems to come out of an anime). But even when Takeshi grabs the handle of his six strings, rather than that of his bass, a magnetic unstoppable vortex takes shape and it is difficult to disengage from it. And the groove really prevails. A moment later, the monolithic vibrations sway in the air like dense fog, and among them the sound of the gong fins its way through. The approaching of distant worlds, the frenzy with which they blend into each other. In the absurdity of this meeting lies the peculiarity of Pink. A decade later, it is still difficult to me to have a clear idea on this chapter of the long variegated Boris career. Crazy, sometimes beautiful, sometimes irreverent. Extreme. And indecipherable.
[R.T.]