venerdì 27 ottobre 2017

Desertfest Antwerp 2017 - Day 3


Desertfest Antwerp 2017 - Day 3
[Conan + Melvins + Kadavar + Saint Vitus + Church of Misery + Monolord + High Fighter]

Eccoci al gran finale. Ultimo giorno di festival. Quello con il bill da paura. Ci aspettavamo fuochi d'artificio, da quest'ultima giornata. E quello che abbiamo vissuto è stato un vero e proprio spettacolo di esplosioni pirotecniche, una migliore dell'altra.

Iniziamo con alcune scintille della musica degli High Fighter, nel Canyon Stage. L'assaggio è caratterizzato da suoni potenti, di grande impatto, e da una voce femminile che dà il meglio di sè quando spinge sulla rozzezza. Quando il loro sludge/stoner vira verso melodie da rock alternativo perdono un pò mordente, comunque nel complesso si dimostrano interessanti. 

I veri fuochi d'artificio iniziano quando entriamo nel Desert Stage per i Monolord. La musica dei Beatles ci accoglie nella sala, e la selezione musicale del dj, a base di fab four, si dimostra perfetta (e assolutamente non scontata!) per la giornata concertistica che andremo ad affrontare. E' trascorso un anno e mezzo da quel Desertfest londinese in cui i Monolord ci lasciarono a bocca aperta, nella bellissima cornice del Koko, e nel frattempo abbiamo adorato il loro Vaenir, per cui la voglia di rivederli live è enorme. La sala è gremita, e tutti vengono spettinati dalla potenza del suono del trio svedese, i cui riff a combustione lenta sono sia tanto pesanti e giganteschi da riempire l'intera sala, sia tanto dinamici da scuoterla fin dalle fondamenta. La voce carica di delay di Thomas Jäger avvolge il pubblico come una nube di fumo psichedelico, e l'ottima impressione che ci lasciano i brani del disco appena pubblicato, con il loro perfetto binomio di ricercatezza sonora e melodie semplici ed efficaci, ci fanno immaginare i Monolord come i fab three del doom metal.Per non parlare di canzoni come Empress Rising (per noi già un classico!), sorta di I Want You(She's So Heavy) doom! Imperdibili.

Sullo stesso palco salgono poi i Church of Misery. Con una band completamente rinnovata (per la seconda volta in 2 anni), il bassista Tatsu Mikami, unico membro storico della formazione, snocciola una serie di raccapriccianti racconti di serial killer in salsa sludge (nel senso originario del termine). Il fatto di avere un Phil Anselmo nipponico alla voce (Hiroyuki Takano) accomuna ancor di più il gruppo ai Down. Il Giappone che non ti aspetti e che ti sorprende. Anche se è noto il gusto per l'estremo e il disturbante che imperversa nell'underground giapponese, non ti aspetteresti certo una musica stoner doom di discendenza southern, piena di groove trascinante. Rumorosi, folli, divertenti e con un retrogusto malato (quello sì tipico del rock alternativo dagli occhi a mandorla!). Incredibili!

“Every time I'm on the street/ People laugh and point at me/ They talk about my length of hair / And the out of date clothes I wear…” Se c’è una band che è sempre stata fuori moda, e se ne è sempre vantata, quella sono i Saint Vitus. Ora che il revival doom è in pieno fermento, lo stato di culto della band è granitico e intoccabile. Nonostante non siano più outsider, i Saint Vitus non hanno però perso l’attitudine della band underground, come dimostrano ancora oggi dal vivo. Scott Reagers è il classico babbo metallaro che tutti sognerebbero di avere: lontanissimo dal presente, si diverte come un matto insieme a noi (i suoi figli!) che lo seguiamo da sotto il palco! E la sua voce è ancora potente e carica di una incredibile energia! D’altronde stiamo parlando di colui che ha forgiato il primo storico album della band, insieme a David Chandler! Altro metallaro sui generis, Chandler scarica sul pubblico una frenesia strabiliante, soprattutto se paragonata ai riff pachidermici e ai suoni ottundenti della sua chitarra. Con un cespuglio di capelli e una bandana a tenerlo in posizione, riesce a liberare tutta la sua carica incontrollabile con assoli amelodici e schizofrenici, che si contrappongono al groove oscuro dei suoi riff. Notevoli anche i due zii acquisiti - Pat Bruders ed Henry Vasquez - che forgiano una sezione ritmica devastante! Per tutti coloro che si sentono perennemente fuori moda (anche adesso che la storia ha ribaltato la percezione della band di Los Angeles, rendendo la sua musica “senza tempo”, e non più “fuori dal tempo”), questo è il concerto perfetto! Dopo una bellissima Saint Vitus,il finale con Born Too Late entra di diritto negli annali dei migliori di sempre. Una canzone simbolo e manifesto del pubblico del Desertfest, dedicata da Chandler a tutti i presenti! "I know I don't belong/ And there's nothing I can do/ I was born too late/ And I'll never be like you"

Si potrebbe essere già contenti così...e invece no! Sempre sul Desert Stage (oggi davvero impossibile da abbandonare!) salgono i tedeschi Kadavar e pare proprio che il pubblico del Trix stia per impazzire!!! L'ingresso sul palco dei tre berlinesi è da subito trascinante e potente come pochi altri. I suoni sono mastodontici e l'attacco di ogni singolo riff è perfetto. La voce di Lupus Lindemann risuona grande, senza cedimenti e sbavature. Tiger Bartelt, al centro del palco, cattura lo spettatore per quanto è scenograficamente perfetto alla batteria (senza nulla togliere alla sua bravura come musicista!). E sorprende - e non poco! - che in un'ora di musica non suonino un solo pezzo del tanto amato Berlin! Sorprende ancora di più se si pensa che in una scaletta priva di brani dal loro album ad oggi di maggior successo e ampiamente dedicata all'appena pubblicato Rough Times, la sensazione sia quella di averli avuti sul palco per 5 minuti o poco più! Finale beatlesiano ed esplosivo con la cover di Helter Skelter, impreziosita da suoni sporchi ed underground e da tutta la trascinante bellezza dei 60s. Le aspettative erano alte, e sono state ampiamente ripagate e superate! Ora non resta che aspettarli per il prossimo live e chiedergli l'esecuzione integrale di Berlin!

E' poi il turno degli headliner. Headliner che non hanno bisogno di presentazioni e su cui è difficile scrivere parole che non siano di quasi idolatria. Senza soluzione di continuità i Melvins suonano quasi un'ora e un quarto di riff pesanti, noise, delirio e I wanna hold your Hand (e dai con questi Beatles che imperversano!). Il tutto sotto la vigile approvazione di David Chandler , seduto sul palco, subito dietro di loro, ben visibile da tutto il pubblico. Buzz Osborne è sempre più astratto ed isolato nel suo mondo, e Dale Crover e Steven McDonald sono i suoi degni soci - e si esibiscono in siparietti da paura "a copertura" dell'alienazione del grande capo. Semplicemente mostruosi, possono fare quello che vogliono e fanno quello che vogliono. Tanto, qualsiasi cosa facciano, la fanno benissimo. Pubblico impietrito davanti a cotanta devastante potenza. Immensi.

Sarebbe quasi impossibile lasciare il Desertfest dopo lo spettacolo dei Melvins. Gli organizzatori lo sanno bene, ed infatti hanno piazzato sul Canyon Stage i Conan. Con i loro suoni bassissimi, pienissimi e marcissimi, sono quasi un balsamo per le nostre orecchie, e fungono quasi da camera di decompressione. Sempre compatti e potenti, accompagnati sul palco da bellissime animazioni video, il trio doom/sludge di Liverpool è sicuramente una band che non può mancare fra gli ascolti degli appassionati di queste sonorità. E come un anno e mezzo fa a Londra, si confermano una band dal grande impatto live.

Con questa domenica dal livello qualitativo mostruoso, che si colloca una spanna sopra al resto delle band di un cartellone ricchissimo e di altissimo livello, si conclude un Desertfest Antwerp che è riuscito a riconfermarsi come un evento imperdibile e si è forse perfino superato rispetto all'anno scorso! Salutare il Trix e tutto il popolo del Desertfest è uno di quei momenti che non vorresti affrontare mai. Ma come recita l'ultima pagina del librettino dell'evento "Thanks for coming, see you next year!".
[E.R. + R.T.]

 

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Desertfest Antwerp 2017 - Day 3
[Conan + Melvins + Kadavar + Saint Vitus + Church of Misery + Monolord + High Fighter]

Here we are at the grand finale. Last day of festival. With the wicked cool bill. We were expecting fireworks from this last day. And what we experienced was a real show of fire explosions, one better than the other.

Let's start with some sparks of High Fighter music at the Canyon Stage. The taste is characterized by powerful sounds of great impact, and a femal voice that gives the best of itself when it pushes on roughness. When their sludge/stoner turns to alternative rock melodies they lose a little bit of drive, however overall they prove to be interesting.

True fireworks start when we enter the Desert Stage for Monolord. Beatles music welcomes us in the hall, and the fab four dj's selection is perfect (and absolutely not to be taken for granted!) for the festival day we're going to face. It's been a year and a half since that Desertfest London where Monolord left us gobsmacked in the beautiful frame of Koko, and in the meantime we loved their Vaenir, so the desire to see them live once again is enormous. The venue is crowded, and the whole audience is overwhelmed by the sound power of the Swedish trio, whose slow-burning riffs are both heavy and gigantic to fill the entire hall, and so dynamic to shake it from the foundation. As a cloud of psychedelic smoke Thomas Jäger delayed voice envelops the audience, and the great impression left by the brand new songs, with their perfect combination of sound refinement and simple effective melodies, make us think of Monolord as doom metal fab three. Not to mention songs like Empress Rising (for us already a classic!), sort of doomish I Want You (She's So Heavy)! Unmissable.

The, on the same stage, Church of Misery. With a completely renewed lineup (for the second time in 2 years), bassist Tatsu Mikami, the only historical member of the band, rattles off a series of gruesome serial killer stories in sludge sauce (in the original sense of the term). Having a Japanese Phil Anselmo (Hiroyuki Takano) joins even more the band to Down. Japan you do not expect and that surprises you. Although the taste for the extreme and the disturbance in the Japanese unferground is well known, you certainly would not expect a stoner doom of Southern descent, rich in enthralling groove. Noisy, crazy, funny and with a sick aftertaste (this indeed so typical of alternative rock with almond eyes!). Incredible!

“Every time I'm on the street/ People laugh and point at me/ They talk about my length of hair / And the out of date clothes I wear…” If there is a band that has always been out of fashion, and has always boasted about it, that band is Saint Vitus. Now that the doom revival doom is in full swing, the cult status of the band is granitic and untouchable. Although they are no longer outsiders, Saint Vitus have not lost the underground attitude as they show live today. Scott Reagers is the classic metalhead father who everyone would dream of having: far away from the present, he enjoys himself together with us (his children!) following him from below the stage! And his voice is still powerful and full with incredible energy! Indeed, we are talking about the one who forged the first historical album of the band, along with David Chandler! Another sui generis metalhead, Chandler unleashes on the audience an amazing excitement, especially when compared to the pachydermic riffs and the stunning sounds of his guitar. With a bush of hair and a bandana to keep it in position, he is able to release all of his uncontrollable energy with amelodic and schizophrenic solos, in contrast with the dark groove of his riffs. Also remarkable are the two uncles in-law - Pat Bruders and Henry Vasquez - who devise a devastating rhythmic section! For those who are perpetually outdated (even now that the story has overturned the perception of the LA band, making its music "timeless", and no longer "out of time"), this is the perfect concert! After a beautiful Saint Vitus, the finale with Born Too Late goes right in the annals of the best ever. A song which is a synbol and a manifesto of Desertfest audience, dedicated by Chandler to all those present! "I know I don't belong/ And there's nothing I can do/ I was born too late/ And I'll never be like you"

You might already be happy with it... and yet no! Again on Desert Stage (today really impossible to quit!) the German Kadavar make the Trix audience go crazy!!! The entry on the stage of the three Berliners is as delightful and powerful as just a few others. Sounds are mastodontic and the attack of each riff is perfect. The voice of Lupus Lindemann resonates great, without drops or flaws. At the center of the stage, Tiger Bartelt captures the spectator as he is spectacularly perfectly on drums (without lessening his skills as a musician!). And it surprises - and not a little! - that in an hour of music they do not perform one track of the beloved Berlin! Surprising even more if you think that in a setlist without songs from their most successful album to date and largely devoted to the brand new Rough Times, the feeling is that of having had them on stage for 5 minutes or so! Beatles explosive finale with Helter Skelter cover, embellished with dirty underground sounds and the alluring beauty of the 60s. Expectations were high, and they were widely repayed and overcome! Now we just have to wait for their next live and ask them for the full performance of Berlin!

It's then the turn of the headliners. Headliners who do not need presentations and on which is hard to write words that are not nearly idolatry. Seamlessly Melvins sound almost an hour and a quarter of heavy riffs, noise, delirium, and I want to hold your Hand (Beatles again!). All this under the watchful approval of David Chandler, sitting on stage immediately behind them, well visible from the whole audience. Buzz Osborne is increasingly abstract and isolated in his world, and Dale Crover and Steven McDonald are its worthy fellows - and they perform in absurd gags "to cover" the alienation of the big boss. Simply monstrous, they can do what they want and they do what they want. Beacuse whatever they do, they do it amazingly well. Stunned audienced in front of so much devastating power. Gigantic.

It would be almost impossible to leave Desertfest after Melvins show. Organizers know it well, and indeed they scheduled Conan on Canyon Stage. With their very low rotten sounds, they are almost a balm for our ears, and they almost act as a decompression chamber. Always compact and powerful, accompanied on stage by beautiful video animations, the Liverpool doom/sludge trio is definitely a band that cannot be missed by enthusiasts of these sounds. And like a year and a half ago in London, they confirmed to be a band with a big live impact.

This monstruous quality level Sunday, which places itself a span over the rest of the bands of a very rich and top-notch billboard, concludes a Desertfest Antwerp that has been able to reconfirm itself as an unmissable event and perhaps even surpassed last year edition! Saying goodbye to the Trix and all the Desertfest people is one of those moments you would never want to face. But as stated in the last page of the booklet of the event: "Thanks for coming, see you next year!".
[E.R. + R.T.]

 

 

 




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