mercoledì 27 settembre 2017

Pallbearer - Heartless


Pallbearer - Heartless
(Profound Lore Records, Nuclear Blast, 2017)

Il rito dell'attesa. Come quando un temporale si sta avvicinando. Nuvole nere che si gonfiano e in un attimo percorrono lo spazio che separa l'orizzonte dalle nostre teste. Odore di umidità nell'aria, vento che soffia improvviso. Elettricità. Questo è Heartless. Non un'impetuosa tempesta come il precedente Foundations of Burden, bensì una malinconica e vagamente inquietante quiete, con il fantasma della bufera sempre più vicino. I riff mastodontici dell’album precedente, che lo avevano reso uno dei migliori dischi metal degli ultimi anni, sono qui frammentati, dilatati e rielaborati lungo sentieri melodici più prossimi al metal progressivo che al doom del passato. I fraseggi e gli intrecci delle due chitarre (da sempre marchio di fabbrica della band dell’Arkansas) sono stavolta la vera e propria architettura portante sulla quale sono costruite le sette - imponenti - canzoni, e sulla quale si arrampica, da protagonista, la voce di Brett Campbell, verso tonalità sempre più alte e melodie sempre più epiche e grandiose. L’attesa spasmodica che ha anticipato la terza pubblicazione della band troverà sfogo, per i vecchi fans, in un disco basato proprio sul senso di attesa, e che preferisce scorrere tra atmosfere avvolgenti (l’intro onirico di Dancing in Madness) anziché deflagrare in mazzate di grande impatto e potenza? Per un ambiente underground che in tempi recenti si è raramente esaltato tanto quanto all’ascolto dei primi due dischi della band, non sarà facile sentirsi ricompensato da questa trasformazione, che ha portato al completo abbandono del retrogusto post metal in favore di una sensibilità melodica affine a quella dei Queensrÿche di fine anni '80. Attesa e assenza di frenesia: questo è ciò di cui necessita un disco monumentale come Heartless per essere assorbito. La maturità delle melodie di I Saw the End, Thorns ed Heartless sono la migliore dimostrazione della titanica personalità dei Pallbearer, una band estranea ai generi predeterminati, che si conferma come una delle più capaci nel coniugare classico e moderno.
[R.T.]

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Pallbearer - Heartless
(Profound Lore Records, Nuclear Blast, 2017)

The ritual of waiting. Like when a thunderstorm is approaching. Black clouds swelling, travelling in a moment the space between the horizon and our heads. Smell of moisture in the air, wind suddenly blowing. Electricity. This is Heartless. Not a violent storm like the previous Foundations of Burden, yet a gloomy and vaguely disturbing quiet, with the ghost of the squall costantly nearer. The mastodontic riffs of the previous album, which had made it one of the best metal records in recent years, are fragmented here, dilated and reworked along melodic tracks closer to progressive metal than to the doom of the past. The phrasings and interweavings of the two guitars (always a trademark of the band from Arkansas) are the real load-bearing architecture on which the seven - imposing - songs are built and on which Brett Campbell voice climbs towards ever higher tones and increasingly epic and impressive melodies. The fevering waiting that has anticipated the third release of the band will find vent for old fans in this album based on the sense of wait and preferring to flow among enveloping atmospheres (the dreamlike introduction of Dancing in Madness) rather than deflagrate in blows of great impact and power? For an underground environment that recently has rarely been exalted as much as listening to the first two records of the band, it will not be easy to feel rewarded by this transformation, which has led to the complete abandonment of post metal aftertaste in favour of a melodic sensitivity alike that one of Queensrÿche in the late 80s. Wait and absence of frenzy: this is what a monumental album like Heartless needs to be absorbed. The maturity of the melodies of I Saw the End, Thorns and Heartless are the best demonstration of the titanic personality of Pallbearer, a band out of the predetermined genres, which is confirmed as one of the most capable in combining classic and modern.
[R.T.]

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