Desertfest Antwerp 2018 - Day 2
[Dopethrone + High On Fire + Messa + YOB + Enslaved + The Oscillation + Sonic Wolves + Wyatt E. + Krakow + Domkraft]
Il giorno dell’esagerazione. Dopo una prima giornata a base di hard rock e stoner più "tradizionale”, oggi il livello di distorsione e volume è spinto all'estremo dei suoi limiti per la gioia dei palati meno delicati. E sono molte le cose che potrebbero essere etichettate come esagerate. Dal numero delle band che siamo riusciti a sentire, alla bellezza di alcuni set, per non parlare poi delle "rivelazioni" della giornata. Ma proviamo a dare un ordine a tutto questo.
Si parte dal piccolo Vulture Stage con i Domkraft. Il trio svedese ci fa subito immergere in un mare psichedelico di droni, che si muove a ondate con un incedere tipicamente sludge/post metal (a metà tra Sleep e Neurosis), con l’ottima voce urlata di Martin Wegeland nel ruolo di comandante di vascello. Riff e suoni escono compatti e potenti, evidenziando una marcia in più nel pezzo di chiusura, tratto dall'album in uscita quest'oggi (Flood).
Restiamo ancora di fronte al palco più piccolo per la prima metà del set dei Krakow. Il loro è un post rock che tradisce le origini norvegesi (soprattutto nelle parti cantate) e che presenta anche una connotazione post-metal, a tratti quasi black. Bei fraseggi nelle parti più melodiche e rarefatte, cui fanno da contraltare potenza e compattezza nelle parti più pesanti. Purtroppo la dura legge delle sovrapposizioni - unita al nostro desiderio di ascoltare quante più band possibile! - ci costringe ad abbandonare il set a metà, per salire al Canyon Stage.
Qui ci aspetta una di quelle band che non esitiamo a definire rivelazione della giornata! Avevamo sentito qualcosa su internet, ma bisogna dire che non rendeva minimamente l'idea di ciò che sono gli Wyatt E. dal vivo. Chimera che pare nata dall'incrocio di Goat, Zeal&Ardor, Om e qualcosa cui non è stato ancora possibile dare un nome, il trio belga si presenta sul palco completamente velato di nero, con il volto coperto da maschera e veli da odalisca, avvolto nel fumo e nell'oscurità più impenetrabile. La loro musica è ipnotica, pesante e stordente, caratterizzata da un forte elemento medio-orientale che la rende ancora più occulta e affascinante. Una batteria metà tradizionale - metà elettronica è la linea guida di muri di synth e chitarra distorta, al limite del drone, per questo viaggio oscuro che ci ha davvero colpito e catturato.
Torniamo poi giù al Vulture Stage per un assaggio di Sonic Wolves. Stranamente (perché di solito qui al Trix i suoni sono ottimi su tutti i palchi) penalizzati nel primo paio di canzoni da suoni sballati che si ingoiano batteria e chitarre, lasciandoci ascoltare quasi esclusivamente il basso e la voce di Kayt Vigil. Appena tutto va al suo posto la costruzione articolata dei loro brani riprende solidità ed emerge il groove e la sonorità settantiana della band italiana. Peccato doverli lasciare proprio sul più bello!
Sul Canyon Stage ci sono i The Oscillation, altra band che dal vivo ci ha davvero stregati con la sua psichedelia talmente ossessiva da apparire elettronica, pur essendo suonata con i classici strumenti del rock. Le strutture ritmiche sono al tempo stesso sinuose e geometriche, figlie di un motorik tipicamente teutonico e anni 70, ma su queste si avvolge una chitarra rumorosa e spaziale, dalla sensibilità melodica inglese. Come dei Black Angels più pesanti e ipnotici. Un vero peccato dover ammezzare anche il loro set. Sicuramente fra le rivelazioni della giornata.
Qualcosa di decisamente diverso ci attende sul Desert Stage: i vichinghi norvegesi Enslaved. Il loro palco è un una meraviglia per ogni metallaro: colonne di fumo illuminate da luce rossa infernale e pannelli che richiamano i misteriosi simboli dell’artwork del loro ultimo album (E). Tutto geometricamente perfetto, come la loro musica. Gelida, compatta, tecnicamente impeccabile, ma con un’anima rovente. Metal progressivo, nel senso più sincero e sperimentale del termine. La scaletta è piuttosto eterogenea, e va a ripescare anche canzoni di 25 anni fa, dagli esordi black metal, fino alla stupenda Havenless da Below the Lights (il coro di puro folk nordico è davvero qualcosa di notevole!). Anche i deserti ghiacciati del Nord possono avere il loro posto nella patria polverosa dello stoner-doom, e gli Enslaved lo hanno dimostrato stasera.
Il concerto della giornata è però quello degli YOB: immensi. Sconfitti i suoi gravi problemi di salute, Mike Scheidt ne è uscito fuori ancor più forte, potente e carico di prima. La sua grinta sul palco è davvero incontenibile e la sua voce è impeccabile in ogni passaggio. Catartica. Anche basso e batteria sono due macchine da guerra. Siamo di fronte ad una colata lavica, al tempo stesso esplosiva ed effusiva, che ci travolge in senso quasi letterale. Come due anni fa sullo stesso palco, gli Yob dal vivo si dimostrano un’esperienza spirituale, più che un semplice concerto. Apici personali dell'incredibile scaletta Ball of Molten Lead (da The Illusion of Motion) e Our Raw Heart (dall'omonimo ultimo album). Da brividi!
Ancora storditi e rigenerati dagli YOB, riusciamo ad entrare nel Vulture Stage per la seconda metà del concerto dei Messa. Difficile rimanere stupiti, pochi minuti dopo l’esperienza mistica del concerto del trio americano. Eppure la band italiana ci lascia letteralmente a bocca aperta. Se su album ci erano piaciuti, dal vivo ci conquistano completamente. Emerge infatti ancor più chiaramente la peculiarità della loro ricerca musicale, che su una matrice doom innesta e fonde le varie molteplici influenze che animano la band (dal dark ambient all’occult rock, per citarne solo alcune), con una sensibilità veramente degna erede del miglior rock progressivo italiano degli anni 70. Ma ancor più spicca la voce di Sara: potente, ipnotica, con un timbro stupendo ed una grande versatilità. Non siamo molto campanilisti, ma per una volta facciamo un'eccezione: i Messa sono una band nostrana di cui andare davvero orgogliosi!
E' poi il turno degli headliner di questo sabato: High on Fire sul main stage. Dal vivo sono esattamente come te li immagini: pesanti, potenti, eccessivi, marci. Divertenti come una barzelletta sporca. Matt Pike è un vero e proprio "zappatore" di chitarre che assieme al resto della band suona un mix perfetto di distorsione e fango. Pesanti e massicci sono come un Hammer lanciato giù da una collina polverosa, che travolge tutto ciò che trova lungo il suo percorso. Stoner doom sfrenato nella sua quintessenza.
Siamo ingordi, lo sappiamo. E quindi ci trasferiamo di nuovo di fronte al Canyon Stage per l'ultimissimo dolcetto (rancido) di questa giornata. Marci che più marci non si può, direttamente dal sobborgo più marcio di Montreal, i Dopethrone. Suoni potenti e fangosi – che con una chitarra in più sarebbero potuti essere davvero devastanti -, voci stridenti e sberciate, riff stoner-doom molleggiati e carichi di sludgeosissimo groove. Extra marcezza e pesantezza la presenza di Julie a strillare nei microfoni, e ad accompagnare le urla sfiatate di Vince (praticamente Jeff Walker dei Carcass con le corde vocali in putrefazione). Doppio carico di slutch per tutti.
E se proprio ne vogliamo ancora, c'è anche l'after-party, con Volksradio Moos a mettere bei dischi a tema! Restiamo un po' in zona a scapellare e a cercare di rimettere insieme i pezzi di questa lunga, densa, potente e multiforme giornata, davvero "esagerata" sotto ogni punto di vista. Ma è poi tempo di raccogliere nuovamente le forze in vista della terza ed ultima giornata di questo Desertfest Antwerp!
[E.R.+R.T.]
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Desertfest Antwerp 2018 - Day 2
[Dopethrone + High On Fire + Messa + YOB + Enslaved + The Oscillation + Sonic Wolves + Wyatt E. + Krakow + Domkraft]
The day of exaggeration. After a first day of hard rock and more "traditional" stoner, today the level of distortion and volume is pushed to its extreme limit for the joy of less delicate palates, and there are many things that could be labeled as exaggerated. From the number of bands we listened to, to the beauty of some sets, not to mention the "revelations" of the day, but let's try to give an order to all this.
We start from the small Vulture Stage with Domkraft. The Swedish trio immediately plunges us into a psychedelic sea of drones, which moves in waves with a typical sludge / post metal gait (halfway between Sleep and Neurosis), with Martin Wegeland's great screamed voice playing the role of vessel captain. Riffs and sounds come out compact and powerful, highlighting an extra oomph in the closing piece, taken from their new album coming out today (Flood).
We remain in front of the smallest stage for the first half of Krakow set. Theirs is a post rock that betrays the Norwegian origins (especially in the sung parts) and that has got also a post-metal connotation, sometimes almost black. Beautiful phrasings in the most melodic and rarefied parts, to which counterbalance power and compactness in the heavier parts. Unfortunately, the harsh law of overlaps - combined with our desire to listen to as many bands as possible! - forces us to leave the set in half, to go up to the Canyon Stage.
Here we have one of those bands that we do not hesitate to define revelation of the day! We had listened to something on the internet, but it did not make the slightest idea of what Wyatt E. sound like in their live shows. Chimera born from the crossbreed of Goat, Zeal & Ardor, Om and something that has not yet been possible to give a name, the Belgian trio appears on the stage completely veiled in black, with the face covered by mask and odalisque veils, wrapped in smoke and in the most impenetrable darkness. Their music is hypnotic, heavy and stunning, characterized by a strong Middle Eastern element that makes it even more occult and fascinating. A half traditional - half electronic drum is the guide line for walls of synth and distorted guitar, at the edge of the drone, for this dark journey that really impressed and captured us.
Then we go back down to the Vulture Stage for a taste of Sonic Wolves. Strangely (because usually here at Trix sounds are great on all the stages) penalized in the first couple of songs by not properly set sounds that swallow drums and guitars, letting us listen almost exclusively to Kayt Vigil's bass and the voice. As soon as everything goes in its place the articulated construction of their songs takes on solidity and the groove and 70s sounds of the Italian band finally emerge. Too bad having to leave them on the most beautiful part!
On Canyon Stage there are The Oscillation, another band that has really bewitched us with its so obsessive psychedelia to appear almost electronic, even if played with classic instruments of rock. Rhythmic structures are both sinuous and geometric, daughters of a typically 70s and Teutonic motorik, but a noisy space guitar wraps them with an English melodic sensitivity. Like heavier and hypnotic Black Angels. A pity to have to interrupt their set too. Surely among the revelations of the day.
Something really different awaits us on the Desert Stage: the Norwegian Vikings Enslaved. Their stage is a marvel for every metalhead: columns of smoke illuminated by infernal red light and panels recalling the mysterious symbols of the artwork of their latest album (E). All geometrically perfect, like their music. Icy, compact, technically impeccable, but with a red-hot soul. Progressive metal, in the most sincere and experimental sense of the term. The setlist is rather heterogeneous, and goes to fetch even 25-year-old songs, from the early black metal era, to the beautiful Havenless from Below the Lights (the chorus of pure Nordic folk is really impressive!). Even the frozen deserts of the North can have their place in the dusty homeland of stoner doom, and Enslaved have proved it tonight.
However, the concert of the day is performed by YOB: immense. Defeated his serious health problems, Mike Scheidt came out even stronger and more powerful than before. His grit on stage is really uncontainable and his voice is impeccable in every step. Cathartic. Also bass and drums are two war machines. We are facing a lava flow, at the same time explosive and effusive, which overwhelms us in an almost literal sense. Like two years ago on the same stage, Yob prove to be a spiritual experience rather than a simple concert. Personal peaks of the incredible setlist Ball of Molten Lead (from The Illusion of Motion) and Our Raw Heart (from the homonymous latest album). Thrills!
Still stunned and regenerated by YOB, we manage to enter the Vulture Stage for the second half of Messa concert. Difficult to be amazed, a few minutes after the mystical experience of the concert of the American trio. Yet the Italian band literally leaves us speechless. If we liked them on recordings, they completely win us over with their live. It emerges even more clearly the peculiarity of their musical research which on a doom matrix inserts and blends the various multiple influences animating the band (from dark ambient to occult rock, to name just a few), with a sensitivity truly worthy heir of the best 70s Italian progressive rock. But even more stands out Sara's voice: powerful, hypnotic, with a wonderful timbre and great versatility. We are not very much flag-waving, but for once we make an exception: Messa are an Italian band to be really proud of!
It is then the turn of this Saturday headliner: High on Fire on the main stage. Live they are exactly like you imagine them: heavy, powerful, excessive, rotten. Funny as a dirty joke. Matt Pike is a real "hoer" of guitars who, together with the rest of the band, plays a perfect mix of distortion and mud. Heavy and massive they are like a Hammer launched down a dusty hill, which devastates everything it finds along its path. Unbridled stoner doom in its quintessence.
We are greedy, we know. And so we move again in front of the Canyon Stage for the latest (rancid) treat of this day. The most rotten possible, directly from the most rotten suburb of Montreal: Dopethrone. Powerful and muddy sounds - that could have been really devastating with an extra guitar -, strident screeching voices, gummy stoner-doom riffs and loads of ultra-sludgy groove. Extra rotteness and heaviness with Julie screaming in the microphones, accompanying Vince's breathless screams (a sort of Jeff Walker - of Carcass - with rotting vocal cords). Double load of slutch for everyone.
And if we still want more, there is also the after-party, with Volksradio Moos playing beautiful themed songs! We remain for a while in the area trying to put together the pieces of this long, dense, powerful and multiform day, really "exaggerated" from every point of view. But it is then time to dig deep again for the third and final day of this Desertfest Antwerp!
[E.R.+R.T.]
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