Zu – 23.11.2017 – Deposito Pontecorvo (Pisa)
Dopo aver amato tanto intensamente, una cocente delusione brucia come un tradimento ed è umano trasformare l’amore in odio. Una seconda possibilità non la si nega a nessuno, però. Soprattutto agli Zu. Un tempo (2005/2006) gli Zu erano il mio gruppo live per eccellenza e collezionavo i loro concerti come figurine. Il loro math rock pattoniano, ipercinetico e nevrotico, via via sempre più rumoroso e tendente ad un noise incontrollato, dal vivo era trascinante ed esaltante. Dei veri animali da palco, che su disco non riuscivano a trasportare quella furia e quella voglia di spostare i confini sempre un po’ più in là, così tipiche dei loro concerti (almeno fino a Carboniferous, l’unico album che a mio parere riesce a cogliere un barlume di quella creatività dirompente). Poi l’addio di Jacopo Battaglia e lo scioglimento. Nel 2014 la band si riforma con Gabe Serbian dei The Locust alla batteria. Torno a vederli dal vivo, con l’aspettativa di chi esce con la vecchia fidanzata dopo tanti anni. La delusione è enorme. Il trio ha abbandonato ritmo e groove in favore di droni stordenti e ossessivi, noise disturbante, e una batteria gelida (per quanto tecnicamente eccelsa). La ex fidanzata era diventata un cesso.
Stasera vengono a farmi visita a due passi da casa. Non posso non concedere loro una seconda possibilità. A maggior ragione perché alla batteria è subentrato Tomas Järmyr (già visto all’opera una ventina di giorni fa, con i Motorpsycho).
Superato lo shock per i volumi mastodontici (soprattutto del sax) che fagocitano la batteria (almeno per un terzo di concerto), mi ritrovo dentro ad una versione industrial, pesantissima, di Red dei King Crimson. Un muro di suono schiacciante in cui si percepiscono i ritmi dei tempi che furono, anche se ora sono diventati pesantissimi, quadrati e gelidi, e si fanno largo a fatica nel magma sonoro. Tecnicamente straordinario, ma lontano anni luce dalla personalità imprevedibile di Battaglia, il tocco quasi prog metal di Järmyr è perfetta rappresentazione degli Zu attuali. Freddi sperimentatori ai confini della sostenibilità uditiva, e non più incontenibili e tumultuosi artisti da palco di centro sociale, in continuo fermento creativo. Una parte dell'energia impetuosa che me li aveva fatti amare sembra riaffiorata e rimodellata verso la pesantezza più estrema, ma troppo presto si inabissa in un oceano di caos che va al di là delle mie capacità di ascolto.
Quando Massimo Pupillo getta il pubblico in balia di un suo assolo di basso delirante e violentissimo, a volume inumano, si percepisce quanto il noise, quello autentico, sia una sfida ad ogni convenzione armonica posseduta dall’ascoltatore. I timpani sono trapanati da ondate di feedback, e costanti bordoni ultrabassi riempiono ogni spazio. Gli Zu non hanno perso la voglia (e la capacità) di spostare i confini oltre i limiti conosciuti, ma a tratti faccio sinceramente fatica a seguire la direzione da loro tracciata.
La mia ex ragazza si è messa a dieta rispetto all’ultima volta, e anche se mi ha assordito nuovamente, ha recuperato una parte del fascino perduto. Ma è troppo tardi per tornarci insieme. Ormai siamo entrambi due entità troppo diverse, difficilmente conciliabili. Conserverò il ricordo del sudore che abbiamo speso insieme, in quei concerti dei tempi dell’Università, con un filo di nostalgia.
[R.T.]
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Zu – 11.23.2017 – Deposito Pontecorvo (Pisa)
After such an intense love, a scorching disappointment burns like a betrayal and it is human to turn love into hate. A second chance is not denied to anyone, anyway. Especially to Zu. Once upon a time (2005/2006) Zu were my favourite live band, and user to collect their concerts. Their Pattonian, hyperkinetic and neurotic math rock, gradually louder and louder and tending to an uncontrolled noise, was enthralling and exciting, particularly live. Born musicians, on records they were unable to express that fury and that desire to move the boundaries always a bit further, so typical of their concerts (at least till Carboniferous, in my opinion the only album able to catch a glimpse of that disruptive creativity). Then the farewell of Jacopo Battaglia and the dissolution. In 2014 the band reformed with Gabe Serbian of The Locust on drums. I saw them live once again, with the expectation of who meets his ex girlfriend after so many years. The disappointment is gigantic. The trio has abandoned rhythm and groove in favour of stinging and obsessive drones, disturbing noise, and cold (however technically excellent) drums. The ex girlfriend had become a coyote-ugly.
Tonight they come to visit me a few steps from home. I have to grant them a second chance. Especially because now they have a new drummer: Tomas Järmyr (already seen twenty days ago, with Motorpsycho).
Overcome the shock for mammoth volumes (especially the sax) swallowing drums (at least for a third of the concert), I find myself in an industrial, really heavy, version of Red (King Crimson). A wall of overwhelming sound in which you can perceive the rhythms of the past, even if these have become ultra-heavy, squared and cold, and they push through their way with difficulty in the magma of sound. Technically extraordinary but light years away from Battaglia's unpredictable personality, Järmyr's almost prog metal touch is a perfect representation of the current Zu. Cold experimenters on the borders of auditory sustainability, and no longer uncontrollable and tumultuous undergorund artists, in continuous creative ferment. A part of the impetuous energy that had made me love them now seems resurfaced and reshaped towards the most extreme heaviness, but too soon it sinks into an ocean of chaos that goes beyond my listening skills.
When Massimo Pupillo threw the audience at the mercy of one of his raving and hyperviolent solos, at inhuman volume, we perceive how the noise, the authentic one, is a challenge to every harmonic convention possessed by the listener. Eardrums are drilled by waves of feedbacks, and constant ultra-low drones fill every space. Zu have not lost the desire (and the ability) to move the boundaries beyond the known limits, but at times I sincerely struggle to follow the direction they traced.
My ex girlfriend had been on a diet since last time, and even though she deafened me once again, she recovered some of the lost charm. But it's too late to come back together. Now we are too different entities, difficult to reconcile. I will keep the memory of the sweat that we spent together in those concerts of my University days, with a touch of nostalgia.
[R.T.]
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