martedì 31 luglio 2018

Mark Lanegan Band + Supersonic Blues Machine feat. Billy Gibbons - 15.07.2018 - Pistoia Blues


Mark Lanegan Band + Supersonic Blues Machine feat. Billy Gibbons - 15.07.2018 - Pistoia Blues

Mark Lanegan è un reduce. Lo si capisce da come si tiene aggrappato all’asta del microfono. Stanco, sfibrato, prosciugato, ma saldamente ancorato a quella voce che pare provenire dalle viscere della Terra. Un reduce che è sopravvissuto alla Seattle degli anni '90, e a tutte le rivoluzioni musicali degli anni successivi, a differenza di gran parte dei suoi coetanei dell’epoca grunge. Stasera, dopo molti appuntamenti mancati, riesco finalmente a trovarmelo di fronte. Basta un sussurro per rimanere impressionati. Un sussurro che sa di terra arida, secca, profonda, come il solco tracciato, nel corso dei millenni, da un fiume ormai prosciugato. Una voce forte e avvolgente, ma che, al tempo stesso, si sbriciola tra le mani da tanto pare fragile. Stasera Lanegan non riesce a liberarla completamente e a spingerla con il massimo della forza (il continuo ricorso alle tisane, tra una canzone e l’altra, è la dimostrazione che le corde vocali di Lanegan forse sono al limite), ma il calore che riesce a trasmettere brucia comunque la pelle. Una patina darkwave copre gran parte delle canzoni di stasera, e a tratti sono davvero ipnotizzato da questa oscurità che si nutre di tastiere elettroniche e di voce che puzza di whiskey, legno e tabacco. Un contrasto che avrebbe potuto essere più affascinante con una band più robusta e imprevedibile, e con suoni più avvolgenti, ma che comunque convince chi, come me, è al primo impatto con la voce di Lanegan dal vivo. Fare la conoscenza, di persona, con una voce del genere, è un’esperienza notevole.

La mia serata nella bellissima Piazza del Duomo di Pistoia potrebbe concludersi qui, ma per curiosità rimango in attesa della barba di Billy Gibbons degli ZZ Top, ospite speciale dei Supersonic Blues Machine. Per un’ora e dieci di Gibbons neanche l’ombra, e io, fiero sostenitore della depressione grunge, mi sento fuori luogo come se avessi addosso il camincione di flanella, e mi trovassi su una spiaggia di Los Angeles, in pieno agosto, con tutti i bagnanti in costume, perfettamente abbronzati. Musica per parrucche cotonate, alla Bon Jovi, con tanto di coriste che ballano. Ritornelli zuccherosi, hard rock poco hard (eccezion fatta per qualche bel riff), assoli blues fluidi, cristallini, veloci, sostanzialmente soporiferi. Proprio mentre inizio a comprendere come mai negli anni '90 c’è chi ha iniziato a farsi di eroina e a meditare il suicidio pur di sfuggire da questa musica, appare la tanto attesa barba di Gibbons. Grezzo e sporco sia per la ruvidissima voce che per il suo stile da “zappatore” della sei corde, Gibbons fa respirare l’anima del profondo Texas, abitato da redneck ubriachi, agli altri membri della band, che in un attimo scompaiono dagli amplificatori. Anche se i brani degli ZZ Top suonano ammorbiditi dalla patina glam dei Supersonic Blues Machine, è un piacere concludere la serata con un po’ di blues ignorante e - finalmente! - sporco e vissuto.
[R.T.]

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Mark Lanegan Band + Supersonic Blues Machine feat. Billy Gibbons - 07.15.2018 - Pistoia Blues

Mark Lanegan is a veteran. It is clear by the way he hold on to the microphone stand. Tired, worn out, drained, but firmly anchored to that voice that seems to come from the bowels of the Earth. A veteran who survived 90s Seattle, and all the musical revolutions of the following years, unlike most of his peers of the grunge era. Tonight, after many missed appointments, I can finally be in front of him. A whisper is enough to remain impressed. A whisper that tastes of dry earth, as deep as the furrow traced over the millennia by a now dried up river. A strong and enveloping voice, that at the same time crumbles in his hands so delicate it seems. Tonight Lanegan cannot free it completely and he doesn't push it with the utmost strength (the continuous seeping of infusions, between one song and another, is the proof that Lanegan's vocal cords perhaps are at their limit), but the warmth he manages to transmit however burns the skin. A darkwave patina covers most of the songs tonight, and at times I'm really mesmerized by this darkness that feeds both on electronic keyboards and on a voice that smells like whiskey, wood and tobacco. A contrast that could have been more fascinating with a more robust and unpredictable band, and with more enveloping sounds, but that still convinces those who, like me, are at the first impact with live Lanegan's voice. Being acquainted, in person, with a voice like that, is a remarkable experience.

My evening in the beautiful Piazza del Duomo in Pistoia could end here, but out of curiosity I am waiting for ZZ Top Billy Gibbons' beard, special guest of the Supersonic Blues Machine. For more than an hour no trace of Gibbons, and - proud supporter of the grunge depression - I feel out of place as if I was wearing flannel shirt on a beach in Los Angeles, in August, with all the bathers perfectly tanned in their swimsuit. Music for backcombed hair, in Bon Jovi style, with dancing choristers. Mushy refrains, not so hard hard rock (except for some nice riffs), fluid, crystalline, fast, basically soporific, blues solos. As I begin to understand why in the 90s there were those who became heroin addicts and began to meditate suicide in order to escape from this music, the long-awaited Gibbons' beard appears. Raw and dirty both for his rough voice and his "hoer-of-the-six-strings" style, Gibbons makes breathe to the other members of the band (who in a moment disappear from the amplifiers) the soul of the deep Texas, inhabited by drunken rednecks. Although ZZ Top songs sound softened by the glam patina of the Supersonic Blues Machine, it's a pleasure to end the evening with some raw and - finally! - dirty and seasoned blues.
[R.T.]

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