sabato 4 aprile 2020

Tinariwen – 09.11.2019 – Auditorium Flog (Firenze)


Tinariwen – 09.11.2019 – Auditorium Flog (Firenze)

Lo ammetto: stasera la mia intenzione è quella di farmi trasportare attraverso il deserto come semplice turista, curioso di scoprire un mondo a me sconosciuto ma, dalle premesse, estremamente intrigante. Uscire dalla comfort zone della musica occidentale, per perdermi in un immenso spazio inesplorato. Come guide ho scelto gente di quei luoghi: i Tinariwen, gruppo di touareg originari del Mali che hanno creato la loro musica nel corso di quarant’anni di spostamenti attraverso il Nordafrica, ma diventati noti al di là del Mediterraneo alla fine degli anni '90, grazie anche a collaborazioni illustri con musicisti occidentali. Ma fin dal loro ingresso in punta di piedi sul palco del Flog, con un brano a base di chitarra acustica e voce, si capisce subito che la loro fama non è dovuta al sostegno ricevuto dall’esterno, né tantomeno ad una curiosità superficiale legata alla loro origine, alla loro storia, o ai loro abiti di scena. Appena l’intimità dell’inizio acustico si trasforma in un mantra elettrico guidato da battito di mani e cori a più voci, sono trasportato in un viaggio al di là delle dune, dove il deserto assume i contorni di un luogo reale. Reale perché racconta la quotidianità di una vita fatta di difficoltà, ma anche di condivisione e comunità. Anche senza capire una parola di quello che viene cantato sul palco, le sensazioni trasmesse dalla musica sono così intense e universali da non aver bisogno di alcuna traduzione. La malinconia di chi è lontano dalla sua terra, la voglia di rivalsa di chi è stato sottoposto ad immani ingiustizia, la determinazione di chi vuole creare un mondo diverso. Ma anche la gioia e la felicità di un rito collettivo in cui condividere esperienze, aprendosi alle differenze. Il concerto dei Tinariwen è gioioso ed invita a ballare, ma mantiene sempre un leggera inquietudine di fondo, e un vago senso di mistero. Una festa di danze e canti intorno al fuoco di un accampamento, che però non si limita al divertimento, ma invita a fissare il fuoco a lungo, suggerendo la visione di un altro mondo, al di là delle fiamme. Un concerto cui non mancano mai ritmo (due percussionisti si intrecciano tra loro, sotto la guida di un bassista estremamente morbido, ma trascinante) e atmosfera ipnotica (gli intrecci vocali ossessivi). Con un bis infuocato che mi ricorda quanto i miei ascolti quotidiani (dai Goat agli OM) siano stati influenzati da queste atmosfere, si chiude questo viaggio. Avvalendosi di strumenti rock, e sporcando di vaghi sentori blues le melodie, i Tinariwen chiudono un cerchio che parte dall’Africa, raggiunge i deserti statunitensi per tornare poi nel continente d’origine. Alla fine di questa esperienza, impossibile non sentirsi dei viaggiatori veri e propri.
[R.T.]

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Tinariwen – 11.09.2019 – Auditorium Flog (Firenze)

I confess it: tonight I want to be carried through the desert as a simple tourist, to discover a world unknown to me but, from the premises, extremely intriguing. Getting out of the comfort zone of western music, to get lost in an immense unexplored space. As guides I choose people from those places: Tinariwen, a band of touareg from Mali who created their music during forty years of travelling through North Africa, and then became renowned beyond the Mediterranean Sea in the late 90s, thanks also to illustrious collaborations with western musicians. But since their entrance on tiptoe on Flog stage, with a song solely based on acoustic guitar and voice, it is immediately clear that their fame is not due to the support received from the outside, nor even to a superficial curiosity connected with their origin,  history or stage clothes. As soon as the intimacy of the acoustic beginning turns into an electric mantra guided by hand clapping and a chorus of many voices, I am transported on a journey beyond the dunes, where the desert takes on the contours of a real place. Real because it tells the daily routine of a life made of difficulties, but also of sharing and community. Even without understanding a word of what is sung on stage, the sensations transmitted by their music are so intense and universal that they do not need any translation. The melancholy of those who are far away from their land, the desire for revenge of those who have been subjected to immense injustice, the determination of those who want to create a different world. But also the joy and happiness of a collective ritual in which is possible to share experiences, opening up to differences. Tinariwen concert is joyful and invites to dance, but it always keeps a slight underlying anxiety, and a vague sense of mystery. A celebration made of dances and songs around the campfire, which however is not limited to fun, but invites you to stare at the fire for a long time, suggesting the vision of another world beyond the flames. A concert that never misses rhythm (two percussionists intertwine with each other, under the guidance of an extremely soft yet enthralling bass player) and a hypnotic atmosphere (obsessive vocal interweavings). With a fiery encore reminding me how much my daily listenings (from Goat to OM) have been influenced by these atmospheres, this journey ends. Playing rock instruments and staining their melodies with vague hints of blues, Tinariwen close a circle that starts from Africa, reaches the US deserts and then returns to the continent of origin. At the end of this experience, it is impossible not to feel like a real traveler.
[R.T.]

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