venerdì 13 marzo 2020

Desertfest Antwerp 2019 – Day 2


Desertfest Antwerp 2019 – Day 2
[Inter Arma + Ty Segall & Freedom Band + Monkey3 (special acoustic show) + Bongripper + Church of Misery + Fireball Ministry + Admiral Sir Cloudesley Shovell]

Secondo giorno di festival. Inizio dei concerti: ore 15:00. Si preannuncia una lunga maratona ai limiti della resistenza fisica.

Per rompere il fiato inizio subito a mille con gli Admiral Sir Cloudesley Shovell, che incendiano il Canyon Stage con il loro hard rock che puzza di alcol, tabacco, benzina, canottiera dei Motorhead sudata e pantaloni a zampa che toccano terra e si inzuppano di birra. Grezzi e rozzi come sempre, stasera perdono parte dell’adrenalina per la quale sono un loro fan, a causa della defezione della batterista Serra Petale, sostituita all’ultimo minuto, per alcune date del tour, da Sammy Forway. Sammy si inserisce bene nella musica zozza e distorta dell’ammiraglio, ma inevitabilmente mancano la frenesia e la fantasia di Serra. Impossibile comunque non divertirsi ad un loro show: 40 minuti di proto metal che, grazie ad un brano nuovo, promette benissimo anche per il futuro.

Ancora sudato per il concerto dell’ammiraglio, entro nel Desert Stage come semplice turista per osservare un’attrazione del pianeta stoner: Scott Reeder. I Fireball Ministry - ovvero la sua band - suonano un hard rock piuttosto leggero con qualche melodia anni '90, ottimamente suonato ma non particolarmente coinvolgente. Ma la mia è pressoché una visita allo zoo per vedere con i miei occhi un animale esotico in via d’estinzione. Il bassista dei Kyuss (e, prima ancora, degli Obsessed) è uno spettacolo da osservare attentamente, per come suona il suo strumento in modo fisico e viscerale. Vederlo ondeggiare nascosto sotto i lunghi capelli biondi, a piedi scalzi, mentre colpisce con furia e amore il suo basso, riporta ad un’epoca che non c’è più, ma che questo festival mantiene ancora in vita, come in un'oasi naturale.

Selvatici, e senza alcuna nostalgia, suonano invece i Church of Misery. Ormai stabilizzatasi in formazione al 100% made in Japan, la band di Tatsu Mikami suona attualissima nonostante peschi a piene mani dai Black Sabbath e dalle progenie più fangose della band di Birmingham (Down in primis). Nessuna bestia in cattività potrebbe possedere un groove così malvagio e straripante di energia. Imbracciato così basso che quasi tocca terra, il basso di Mikami è gommoso e appiccicoso fino al punto da tirarsi dietro i riffoni sporchi e bastardi della chitarra di Yasuto Muraki. Le soglie di selvaggia depravazione sono portate ai massimi livelli dalla voce di Hiroyuki Takano, perfettamente a suo agio nel raccontare raccapriccianti storie di serial killer. L’humour nero giapponese è imbattibile!

Sempre sul Desert Stage è poi il momento di immergersi nella nube di suono, fittissima, creata dai Bongripper. Come sempre mi avvicino con sospetto a tutte queste band sludge con suffisso/prefisso –bong, weed-, dope-. Ma poi - immancabilmente! - mi innamoro di loro, accorgendomi che non suonano tutte uguali come la scarsa fantasia del loro nome potrebbe far ipotizzare. La densissima nebbia tossica generata dai Bongripper, ad esempio, è fatta di lunghi brani strumentali più vicini al post metal apocalittico o al drone che allo stoner doom orgogliosamente strafatto. La loro musica non è una droga leggera per rendere assurda e surrealmente divertente una serata: è roba pesante, fatta di riff mastodontici e ipnotici che fanno perdere l’orientamento, mentre schegge rumorose si fanno breccia nel muro di suono. Ormai completamente rapito, mi allontano a malincuore dal loro concerto ad una quindicina di minuti dalla fine, con la promessa di rivederli presto. Ma quello che sta per accadere nel sotterraneo del Trix è un evento speciale al quale non posso mancare.

Sono infatti riuscito ad ottenere il braccialetto per il concerto speciale dei Monkey3, che si esibiscono per pochi intimi (40-50 persone al massimo) in versione acustica. Illuminata da luci soffuse e ricoperta da pannelli in legno, la saletta sotterranea ha la calda atmosfera della sala prove, o del salotto di casa di un amico. La band svizzera scherza con i presenti, e la sintonia che si crea nella sala, prima ancora che venga suonata la prima nota, è perfetta. Per circa 45 minuti la band ci offre una versione inedita della sua musica, per l’occasione arrangiata con chitarre acustiche suonate con lo slide, senza tastiera, e con una batteria che mostra il suo lato morbido e avvolgente. Un progressive rock sofisticato, ma mai lezioso, che trasforma la sua componente psichedelica, spaziale ed epica in un rock intimo, caldo, a tratti perfino introverso. Parte del pubblico seduta a terra, ad occhi chiusi, per assaporare una musica che è un vero e proprio regalo nei confronti di una manciata di amici, isolati dal resto dal mondo mentre fuori infuriano battaglie di chitarre distorte. Con il passare dei minuti la stanza da calda si fa rovente, e l’ossigeno inizia a scarseggiare. Durante il brano di chiusura (una rilettura di Riders on the Storm dei Doors) l’ambiente anaerobico inizia ad avere, su di me, effetti ai limiti dello psicoattivo, ed appena finito il concerto esco a prendere una boccata d’aria, augurandomi che l’anno prossimo questi concerti sotterranei siano resi maggiormente vivibili da un adeguato impianto di aerazione. Riprendo ossigeno, acqua e forze, con la consapevolezza di aver assistito ad un concerto splendido e assolutamente unico, per poterne affrontare un altro per il quale nutro aspettative molto alte.

Dopo una lunga pausa al fresco del giardino (quest’anno più fresco del solito, visto il clima decisamente autunnale di quest’edizione), sono pronto per Ty Segall. Ma per quanto potessi essere pronto, non avrei mai potuto immaginare un concerto esplosivo come questo! Il garage rock venato di psichedelia suonato dal californiano è infatti arrangiato con una potenza di suono che nessuno, nel corso dei tre giorni, riuscirà ad eguagliare. Un muro di fuzz nel quale le melodie agrodolci galleggiano come bolle, prima di scoppiare in arcobaleni di feedback e dissonanze, sotto una cascata di energia elettrica. Sono senza parole. Innamorato del recente disco dal vivo Deforming Lobes (in cui, come stasera, Ty è accompagnato dalla Freedom Band) ero preparato ad uno show elettrico ad alto voltaggio. Ma mai avrei immaginato che il rumore selvaggio e infuocato potesse valorizzare così a fondo le melodie sessantiane delle sue canzoni. I brani tratti da Manipulator (che occupano la seconda parte del concerto, quella più trascinante) sono manipolati e deformati come in preda ad un delirio, nel quale è difficile rimanere lucidi. Mentre infuria il pogo, e la gente vola al di là delle transenne, mi rendo conto di essere, anche io, completamente succube dell’energia travolgente liberata dalla band. Personalmente il concerto più esaltante del festival. Memorabile.

Dopo un concerto intenso come quello di Ty Segall, può esserci solo l’apocalisse. E quella ce la offrono gli Inter Arma, con il loro scontro titanico tra il fango spirituale dei Neurosis e quello materiale dei Morbid Angel, tra la polvere di stelle del rock progressivo e lo zolfo infernale del black metal più efferato. Giganteschi e inclassificabili, sono un buco nero nel quale le mie energie residue vengono risucchiate. Ma è bellissimo sentirsi svuotato da una violenza così catartica, che ti scaraventa nello spazio profondo alla velocità della luce, per poi farti scontrare con asteroidi pesanti come macigni, provenienti da tutte le direzioni. Attimi di pace melodica offrono respiro e ampliano il panorama verso galassie lontane, prima che tutto imploda sotto la furia cieca della band. Un bassista che sbava come un cane rabbioso e un cantante che ringhia, grugnisce, strepita e, perfino, si veste da crooner darkwave, mentre un batterista piovra si inerpica e arrovella nell’impossibile. Meravigliosi e devastanti, mi lasciano spossato, ma felice. Proprio come questa lunga giornata di concerti. 
[R.T.]


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Desertfest Antwerp 2019 – Day 2
[Inter Arma + Ty Segall & Freedom Band + Monkey3 (special acoustic show) + Bongripper + Church of Misery + Fireball Ministry + Admiral Sir Cloudesley Shovell]

Second day of festival. Concerts start at 3:00 pm. A long marathon on the edge of physical endurance is waiting for me.

To break my breath, I start right away with the Admiral Sir Cloudesley Shovell, who set the Canyon Stage on fire with their hard rock smelling like alcohol, tobacco, gasoline, sweaty Motorhead tank top  and bell-bottoms touching the ground and getting drenched in beer. Raw and rough as always, tonight they are losing some of the adrenaline I love, due to the defection of drummer Serra Petale, replaced at the last minute, for some tour dates, by Sammy Forway. Sammy fits well into the admiral's dirty and distorted music, but inevitably Serra's frenzy and creativity are lacking. Impossible, however, not to have fun at their show: 40 minutes of proto metal which, thanks to a new song, also promises very well for the future.

Still sweaty for the admiral's concert, I enter the Desert Stage as a simple tourist to observe an attraction of the stoner planet: Scott Reeder. Fireball Ministry - his band - play a fairly light hard rock with some 90s melody, well played but not particularly engaging. But mine is almost a visit to the zoo to see an endangered exotic animal with my own eyes. Kyuss (and, before, Obsessed) bassist is a show to be observed carefully, for how he plays his instrument in a physical and visceral way. Seeing him sway hidden under long blond hair, barefoot, while striking his bass with fury and love, takes us back to an era that no longer exists, but that this festival still keeps alive, as in a natural oasis.

Wild, and without any nostalgia, are Church of Misery instead. By now stabilized in a 100% made in Japan line-up, Tatsu Mikami band plays extremely modern despite fishing with full hands from Black Sabbath and the muddiest offspring of the band from Birmingham (Down above all). No captive beast could have such an evil and overflowing energy groove. Embraced so low that it almost touches the ground, Mikami's bass is gummy and sticky to the point of dragging with itself the dirty bastard riffs of Yasuto Muraki's guitar. The thresholds of wild depravity are brought to the highest levels by the voice of Hiroyuki Takano, perfectly at ease in telling gruesome serial killer stories. Japanese black humor is unbeatable!

Still on Desert Stage it is then time to immerse ourselves in the dense cloud of sound created by Bongrippers. As always I suspiciously approach all these bands with the suffix/prefix –bong, weed-, dope-. But then - invariably! - I fall in love with them, realizing that they do not sound all the same as the lack of imagination of their name could suggest. The dense toxic fog generated by Bongrippers, for example, is made up of long instrumental songs much closer to apocalyptic post metal or drone than to the proudly doped up stoner doom. Their music is not a light drug to make an evening absurd and surreally fun: it is heavy stuff, made of huge and hypnotic riffs that make you lose your orientation, while noisy splinters break through the wall of sound. Completely in ecstasy, I walk away reluctantly from their concert about fifteen minutes before its end, with the promise to see them again soon. But what is going to happen in the basement of the Trix is ​​a special event that I cannot miss.

Indeed, I managed to get the wristband for the special Monkey3 concert, which perform an acoustic set for a few close friends (40-50 people maximum). Illuminated by soft lights and covered with wooden panels, the underground room has the warm atmosphere of the rehearsal room, or the living room of a friend's house. The Swiss band jokes around with those present, and the harmony in the hall is perfect even before the first note is played. For about 45 minutes the band offers us an unedited version of its music, especially arranged with acoustic guitars played with the slide, and with a drum that shows its soft and enveloping side. A sophisticated, yet never affected, progressive rock that transforms its psychedelic, spatial and epic component into an intimate, warm, sometimes even introverted, rock. Part of the audience sitting on the ground, with their eyes closed, to savour music that is a real gift to a handful of friends, isolated from the rest of the world while outside battles of distorted guitars rage. As the minutes pass, the hot room becomes scorching, and oxygen begins to run low. During the closing song (a reinterpretation of Doors' Riders on the Storm) the anaerobic environment starts to have almost psychoactive effects, and as soon as the concert is over I go out to get some fresh air, wishing that next year these underground concerts are made more livable thanks to an adequate ventilation system. I take back oxygen, water and strength, with the awareness of having attended an amazing and absolutely unique concert, to be able to face another one for which I have very high expectations.

After a long break in the cool of the garden (this year cooler than usual, given the decidedly autumnal weather of this edition), I'm ready for Ty Segall. But no matter how ready I was, I could never have imagined an explosive concert like this! The garage rock tinged with psychedelia played by the Californian is in fact arranged with a sonic power that no one will be able to match in the course of the three days. A wall of fuzz in which bittersweet melodies float like bubbles, before bursting into rainbows of feedbacks and dissonances, under a cascade of electricity. I'm speechless. In love with the recent live album Deforming Lobes (with the Freedom Band, as tonight) I was prepared for a high voltage electric show. But never would I have imagined that the wild and fiery noise could enhance the 60s melodies of his songs so thoroughly. Manipulator's songs (which occupy the second part of the concert, the most enthralling one) are worked and deformed as in a delusion, in which it is difficult to remain lucid. While mosh is raging, and people is flying beyond the barriers, I realize that I am completely dominated by the overwhelming energy released by the band. Personally the most exciting concert of the festival. Unforgettable.

After an intense concert like Ty Segall one, there can only be an apocalypse. And that is offered by Inter Arma, with their titanic clash between Neurosis spiritual mud and Morbid Angel material mud, between the stardust of progressive rock and the infernal sulfur of the most heinous black metal. Gigantic and unclassifiable, they are a black hole in which my residual energies are sucked. But it's wonderful to feel emptied by such cathartic violence, which throws you into deep space at the speed of light, and then makes you collide with asteroids heavy like boulders, coming from all directions. Moments of melodic peace offer breath and widen the landscape towards distant galaxies, before everything implodes under the blind fury of the band. A bassist who drools like an angry dog ​​and a singer who growls, grunts, screams and even dresses up as a darkwave crooner, while an octopus drummer climbs and struggles in the impossible. Wonderful and devastating, they leave me exhausted, but happy. Just like this long day of concerts.
[R.T.]


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