Desertfest London 2016 – Day 2
[Russian Circles + Samothrace + Spider Kitten + Conan + Monomyth]
H 14.30, Electric Ballroom: Monomyth. La seconda giornata inizia da questo palco ed inizia davvero alla grande. Con la musica della band olandese ci troviamo dentro ad uno space rock strumentale altamente ipnotico e coinvolgente, figlio dei primi Ozric Tentacles, con qualche magnetico assaggio di kosmische musik che sembra uscito da Phaedra dei Tangerine Dream. Sono continue colate di lava lisergica che travolgono e al tempo stesso innalzano l’ascoltatore. È il primissimo pomeriggio di una soleggiata giornata di primavera, ma ben presto si perdono le coordinate spazio-temporali e si finisce con l’oscillare e “volteggiare” sui ritmi ipnotici e trascinanti di basso e batteria (alla quale siede Sander Evers già batterista dei 35007), nonché sui perfetti intrecci di melodie psichedeliche orchestrate dalla sinergia di chitarra, synth e tastiere. Semplicemente perfetti, i Monomyth si guadagnano un posto sul podio delle migliori band ascoltate a questo Desertfest!
Restiamo all’Electric Ballroom, ma saliamo al primo piano in attesa dei Conan. Vista la quantità di gente che si sta ammassando nel locale - nonché la quantità di magliette, cappellini e patch della band di Liverpool indossate dal popolo del Desertfest! – e considerato il devastante sound del combo inglese, non possiamo che attenderci che venga giù l’intera struttura. Ed in effetti l’impressione è quella giusta. Sono solo le 16:00 e si tratta della seconda band su questo palco, ma l’accoglienza è quella riservata agli headliner (e dopo il concerto scopriamo che ci sono persone che se li sono persi perché il locale era completamente pieno!). E se la meritano tutta! Lo sludge cavernoso e sporco del power trio si riversa sul pubblico con ondate di potenza marcescente, resa ancora più densa dall’accordatura ribassatissima e resa ancora più disturbante dal cantato da strega cattiva morente, che anche dal vivo mantiene tutta la sua aura di grezza malvagità. Una band che meritatamente innalza l’orgoglio britannico, arrivando a rivaleggiare con i nomi più blasonati del genere, per lo più statunitensi. Il tutto arricchito dalle proiezioni degli straordinari video della band.
È il tempo di prendersi una pausa birra e tornare a vedere un po’ di sole dal “giardinetto” di Greenland Place. Al breve scorcio di cielo e luce, segue la risalita nell’ombra dell’Our Black Heart per goderci il live degli Spider Kitten attaccati a loro, quasi si fosse sul palco anche noi. È inutile: il fascino dei piccoli club è per noi imbattibile! Con la pesantezza di alcuni degli album più belli dei Melvins (Bullhead, per dirne uno) ed il cantato sdoppiato allucinato alla Alice In Chains, la band di Cardiff suona uno stoner-doom potente e sbilenco che cattura tutto il pubblico presente. La batteria è davvero magistrale ed è quasi la struttura portante dei riff di chitarra dal suono e dalla potenza davvero travolgenti. L’intreccio melodico delle voci si combina perfettamente ai suoni pesantissimi e schiaccianti, che non fanno che accentuare il potere stordente della loro musica. Una delle rivelazioni di questo pomeriggio!
La prossima tappa di questa seconda giornata di festival è l’Underworld con il concerto dei Samothrace. Droni e muri di suono come non ci fosse un domani. Tutto si rallenta, si tende all’immobilità. Di fronte ad un batterista che dà legnate pazzesche a dei piatti “che più alti non si può” e ad un cantante che stride e sibila nel microfono, si rimane impantanati nei loro riffs e nelle loro melodie dilatate. Musica perfetta per questo sotterraneo, nel quale la forza annichilente delle distorsioni viene amplificata da suoni straordinari. C’è la frastornante ipnosi degli Earth in questa interessantissima band americana. Peccato riuscire a sentire solo mezz’ora scarsa del loro concerto: anche oggi il Desertfest è sold out e gli headliner dell’Electric Ballroom richiamano la nostra presenza, non possiamo rischiare di rimanere fuori su Camden High Street.
Ed eccoci al cospetto dei Russian Circles. Un tuffo indietro nel tempo, per ripescare il momento d’oro in cui post-core e post-rock si fondevano in una nuova entità musicale. Il trio di Chicago mostra quanto questa musica possa suonare ancora attuale nel 2016, e si dimostra dal vivo perfino superiore ai massimi nomi del genere nel loro momento di massimo splendore. La malinconia contemplativa e sognante tipica del post-rock è resa oscura e misteriosa grazie ad atmosfere vicine al post black metal, mentre ossessivi intrecci di arpeggi generano strutture labirintiche. Quel che colpisce maggiormente di questo gruppo è quanto il loro sound risulti più potente, dinamico e diretto dal vivo grazie alla batteria di Dave Turnkrantz: l’arma in più che spesso è mancata ai giganti del genere. In questa esplosione di energia non vengono offuscate, ma anzi assumono nuovi riflessi, le atmosfere “filmiche” che da sempre sono il loro marchio di fabbrica. I Russian Circles dimostrano di possedere tutta la carica elettrica classicamente associata al power trio, ma anche tutta la complessità e la capacità melodico/atmosferica di un band di rock progressivo. Grandiosi!
[E.R.+R.T.]
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Desertfest London 2016 – Day 2
[Russian Circles + Samothrace + Spider Kitten + Conan + Monomyth]
H 2.30 pm, Electric Ballroom: Monomyth. The 2nd day of the festival begins from this stage and it really starts in the best way. With the music of the Dutch band we find ourselves immersed in a highly hypnotic and compelling instrumental space rock, son of the early Ozric Tentacles and with magnetic hints of kosmische music reminiscent of Tangerine Dream Phaedra. Continuous flows of lysergic lava overwhelming and at the same time elevating the listener. It is the early afternoon of a sunny springtime day, but we soon loose space-time coordinates and we start swaying and twirling on the hypnotic enthralling rhythms of bass and drums (where we find Sander Evers, formerly with 35007) and on the perfect weavings of psychedelic melodies of guitar, synth and keyboars. Simply flawless, Monomyth gain their place on the podium of the best bands at this Desertfest!
We remain at the Electric Ballroom, but we go upstairs waiting for Conan. Considered the huge crowd getting into the venue – as well as the enormous quantity of t-shirts, caps and patches of the Liverpool band worn by Desertfest people! – and the devastating sound of the English combo, we can only expect that the hall collapses onto itself. And we have to say we were right. It is just 4:00 pm and it is only the second band on this stage, yet the welcome is that usually reserved to headliners (and after the show we even discover that there were people who were not able to get into the venue because it was fully packed!). They totally deserve this welcome! The power trio dirty cavernous sludge flows onto the audience with waves of rotting power – made thicker by the ultra-lowered tuning and more disturbing thanks to the “dying-wicked-witch” singing which keeps its raw wickedness even in the live dimension. This band deservedly raises British pride, being able to compete with the most blazoned names of the genre (usually American). The whole enriched by the extraordinary videos of the band.
It is time for a beer break and a glimpse of sun from the “courtyard” of Greenland Place. After this quick moment of light, we go into the darkness of Our Black Heart to listen to Spider Kitten - almost stuck to them, almost on stage with them. It is evident: we are definitely fascinated by small clubs! With the heaviness of some of the most beautiful Melvins records (Bullhead, just to mention one of them) and the Alice-In-Chains-like doubled hallucinated vocals, the band from Cardiff plays a mighty crooked stoner-doom capable of enchanting all the presents. Drums are masterly and are almost the load-bearing structure of guitar riffs with really enthralling sound and power. The melodic weaving of vocals perfectly matches with the ultra-heavy sounds, enhancing the stunning force of their music. One of the revelations of this afternoon!
The next leg of this second day of the festival is The Underworld with Samothrace concert. Drones and walls of sounds “as if there were no tomorrow”. Everything slows down, there is a tendency to immobility. Facing a drummer giving crazy strokes on ultra high cymbals and a singer screeching and hissing into the microphone, we get bogged down in their riffs and dilated melodies. Perfect music for this basement in which the annihilating power of distortions is amplified and enhanced by amazing sounds. There is Earth dazing hypnosis in this really interesting American band. It is a real pity to be able to listen to just a half hour of their live: even today Desertfest is sold out and we cannot miss Electric Ballroom headliner, we cannot risk to remain out of the venue on Camden High Street.
Here we are in the presence of Russian Circles. A blast from the past, to the golden age in which post-core and post-rock melt together into a new musical entity. The trio from Chicago shows how much this genre can sound modern even in 2016, and it proves to be able to play even greater shows than the most famous names of the genre in their heyday. The oneiric contemplative melancholy typical of post-rock is made darker and mysterious thanks to almost post black metal atmospheres, while obsessive weavings of arpeggios build mazy structures. What is most impressive in this band is how much they sound more powerful, dynamic and direct in concert thanks to Dave Turnkrantz drums: the ace in hole which often lacked to the giants of the genre. In this burst of energy, the filmic atmospheres (always a trademark of the band) are not clouded, yet they get new hues. Russian Circles prove to have all the electric power usually associated with the power trio and at the same time the complexity and melodic sensitivity of a progressive rock band. Awesome!
[E.R.+R.T.]
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