giovedì 18 gennaio 2018

Chelsea Wolfe – Hiss Spun


Chelsea Wolfe – Hiss Spun
(Sargent House, 2017)

Ho alzato il volume, fino al punto in cui credevo la stanza si sarebbe saturata. Ma la profondità degli strati sonori di Hiss Spun è talmente elevata che non ne vedi mai il fondo. Me ne sono andato dall’altra parte della casa. La voce di Chelsea Wolfe, deviata dai muri e incanalata attraverso le porte, pareva provenire da un’altra dimensione. Per potersi sviluppare, la musica necessita di spazio. Soprattutto quando chi la compone reclama un’immersione, fisica e mentale, in essa. Con l’aiuto di Kurt Ballou e Ben Chisholm, Chelsea Wolfe ha creato uno spazio tridimensionale, capace di modificarsi in base ai diversi metodi di ascolto, senza mai perdere fascino. Nuotare in questo oceano che si nutre di  fascinazioni gotico-industriali e post metal, significa lasciarsi rapire dal canto da sirena dell'artista californiana e fluttuare ovunque lei decida di portarci, come meduse alla deriva nella corrente. In certi momenti sembra di averla accanto che ci bisbiglia in un orecchio (come una sorta di lato oscuro di Pj Harvey), in altri la vediamo riflessa e deformata dietro un vetro di effetti e distorsioni. Ed anche se la guida del nostro naufragare è Chelsea Wolfe, è evidente quanto questa musica sia il frutto di una collaborazione, nel calore di una sala prove ingombrata da muri di amplificatori. Una vecchia amica alla batteria (Jess Gowrie) e il fidato Ben Chisholm impegnato in tutto il resto (oltre ad alcuni ospiti di eccellenza come Aaron Turner e Troy Van Leeuwen). Al di là delle ondate di distorsione e rumore generate dalla band, c'è un voce sospirata, un respiro trattenuto. Ma quando questo viene liberato, siamo letteralmente inghiottiti dalle voragini che si spalancano di fronte a noi e sembrano condurci nelle intime profondità della loro autrice.
[R.T.]
***

Chelsea Wolfe – Hiss Spun
(Sargent House, 2017)

I turned up the volume, up to the point I thought the room would be saturated. But the depth of the sound layers of Hiss Spun is so high that you never see the bottom. I moved to the other side of the house. Diverted from the walls and channeled through the doors, Chelsea Wolfe voice seemed to come from another dimension. To develop itself, music needs space. Especially when its composers claim a physical and mental immersion in it. With the help of Kurt Ballou and Ben Chisholm, Chelsea Wolfe has created a three-dimensional space, able to change according to different listening methods, without losing its charm. Swimming in this ocean that feeds on gothic-industrial and post-metal fascinations, means letting yourself be carried away by the mermaid song of the Californian artist and floating everywhere she decides to take us, like jellyfish adrift in the current. At times it seems to have her beside whispering in one ear (like a sort of Pj Harvey dark side), in other moments we see her reflected and deformed behind a glass of effects and distortions. And even if the guide of our shipwreck is Chelsea Wolfe, it is clear that this music is the result of a collaboration, in the warmth of a rehearsal room cluttered with walls of amplifiers. An old friend on drums (Jess Gowrie) and the trustworthy Ben Chisholm engaged in everything else (in addition, some excellent guests like Aaron Turner and Troy Van Leeuwen). Beyond the waves of distortion and noise generated by the band, there is a sighed voice, a stifled breath. But when this is freed, we are literally engulfed by the chasms that open up before us and lead us into the intimate depths of their author.
[R.T.]

Nessun commento:

Posta un commento