giovedì 1 febbraio 2018

Monolord - Rust


Monolord - Rust
(RidingEasy Records, 2017)

Se Empress Rising è stato un esordio col botto e, ad un solo anno di distanza, Vænir aveva confermato (e accresciuto) il valore della band, Rust è l'ulteriore progressione e consacrazione dei Monolord come una delle più interessanti realtà doom attualmente in circolazione. Fermi i capisaldi - il basso costantemente distorto di Mika Häkki, la batteria magistralmente pesante e cadenzata di Esben Willems e la voce spaziale, satura di effetti, di Thomas Jäger - il trio svedese punteggia il suo terzo capitolo di significativi elementi di novità. Ad esempio l'intro di tastiera della title-track, che suona veramente inaspettato. O il violino nell'outro di Wormland, ad immalinconire i possenti, ma comunque sempre carichissimi, riffs tipici della band. E più in generale si può rilevare come la melodia acquisisca importanza e diventi componente assolutamente in primo piano nelle sei canzoni dell'album. Il risultato è un'ora di doom granitico e monolitico, costellato di aperture e divagazioni psych, impreziosito da inserzioni quasi acustiche e arrangiamenti ancora più ricercati che in passato. Summa di tutto questo, la conclusiva At Niceae (quasi una mini-suite con i suoi oltre 15 minuti), in cui trovano spazio tutte le molte sfaccettature e peculiarità della band di Göteborg e del loro ultimo album. Emblema del doom contemporaneo, con tutte le radici ben piantate in ciò che l'ha preceduto, e rami protesi verso nuovi orizzonti (come sembra suggerire la chiusura in acustico, solo chitarra e voce). 
[E.R.]
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Monolord - Rust
(RidingEasy Records, 2017)

If Empress Rising was an astonishing debut and, just one year later, Vænir had confirmed (and increased) the value of the band, Rust is the further progression and consecration of Monolord as one of the most interesting doom reality currently around. Undisputed its cornerstones - the constantly distorted bass by Mika Häkki, the masterfully heavy and rhythmically marked drums by Esben Willems and the space voice, saturated with effects, by Thomas Jäger - the Swedish trio punctuates its third chapter with significant new elements. For example, the keyboard intro of the title track, which sounds really unexpected. Or the violin in the outro of Wormland, growing the melancholy of the mighty, yet always ultra-groovy, riffs typical of the band. And more generally, it can be seen that melody has become increasingly important, an absolutely foreground component in the six songs of the album. The outcome is an hour of granitic monolithic doom, dotted with psych openings and ramblings, embellished with almost acoustic insertions and arrangements even more refined than in the past. Summa of all this, the final At Niceae (almost a mini-suite with its more than 15 minutes), in which they find space all the many facets and peculiarities of the band from Göteborg and its latest album. Emblem of contemporary doom, with all the roots well planted in what preceded it, and branches stretched towards new horizons (as it seems to suggest the acoustic closure, only guitar and voice).
[E.R.]

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