venerdì 16 dicembre 2016

Ahab + The Foreshadowing – 25.11.2016 – Exenzia Der Club (Prato)


Ahab + The Foreshadowing – 25.11.2016 – Exenzia Der Club (Prato)

Stasera è dedicata ad una “prima assoluta” e ad una seconda “per riconferma”. La serata in realtà propone anche altre bands, ma io ce la faccio ad arrivare soltanto prima dell’inizio di quelle appuntate sulla mia lista di “desiderata”.

I romani The Foreshadowing mi conquistarono letteralmente al concerto al Cycle di Calenzano nel gennaio 2014 (tour di spalla ai danesi Saturnus, insieme a Doomraiser e Shores of Null). Da allora aspettavo con ansia l’occasione per sentirli nuovamente dal vivo e l’uscita del nuovo Seven Heads Ten Horns me ne ha finalmente dato l’opportunità. Viste le alte aspettative e visto che – nonostante sia uscito già da alcuni mesi – non avevo ancora ascoltato il nuovo album, il rischio di rimanere non pienamente soddisfatta era davvero alto. E invece la band romana ha lasciato il segno anche stavolta e si è riconfermata. Molte le canzoni dal nuovo album e su tutte ha spiccato la splendida suite finale Nimrod. Suoni decisamente buoni, con le linee di tutti gli strumenti (tastiere/synth compresi) ben in evidenza. L’unico a rimanere leggermente sotto – non so se per volume/settaggio del microfono o per mal di gola/“serata no” – è Marco Benevento, la cui voce cavernosa regala brividi ed emozioni, ma non risulta profonda e oscura come nel precedente live e come su disco. Peccato veniale, per una formazione che ad una indubbia capacità tecnica affianca canzoni che catturano l’ascoltatore per la loro carica emotiva.

Gli Ahab me li erano tenuti in serbo per questa data perdendomeli al Desertfest Belgium (suonavano in contemporanea con i Pentagram, e – sapendo che per fortuna li avrei recuperati un mese e mezzo dopo in Italia – li avevo lasciati “in sospeso” in attesa del concerto di stasera). Il quartetto tedesco mi travolge fin dalla prima nota con il suo suono profondo, possente e “oceanico”, e resto da subito stordita dalla lentezza e pesantezza doom di ogni singola nota. Se la chitarra di Daniel Droste infila uno dietro l’altro riffs ed assoli di cristallina e oscura bellezza, è sicuramente la batteria di Cornelius Althammer ciò che più di ogni altra cosa cattura lo spettatore. Ogni singolo “colpo” sferrato dal batterista è davvero micidiale ed è una specie di secondo motore della band, capace di aggiungere un imprevisto – pur sempre monolitico – dinamismo ad ogni nota suonata, così come ad ogni canzone nella sua interezza. La voce di Droste è ipnotica, quasi un mantra degli abissi, quando risuona nel suo growl più pieno e fangoso. Spiazzante nelle parti pulite, in cui – forse non sempre perfetta, ma comunque efficace – mi porta alla mente Aaron Stainthorpe per l’incedere teatrale e – a tratti – dolente. Un set incredibile, la cui ora e mezzo è scorsa via in un attimo (e questo può sembrare un paradosso, visto il genere!), e la cui chiusura è affidata ad un estratto dal primo, seminale, The Call of the Wretched Sea.
[E.R.]

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Ahab + The Foreshadowing – 11.25.2016 – Exenzia Der Club (Prato)

Tonight is dedicated to a "première" and a second time "for reconfirmation".There are also other bands playing this evening, but I managed to arrive only before the start of those pinned on my wishlist.

Roman The Foreshadowing literally won me over with their concert at Cycle, in Calenzano, in January 2014 (support tour to Danish Saturnus, along with Doomraiser and Shores of Null). Since then I looked forward to the chance to hear them again live and the release of the new Seven Heads Ten Horns has finally given me this opportunity. Considering the high expectations and the fact that - even though already out a few months ago - I had not heard the new album yet, the risk to remain not completely fulfilled was really high. Yet the Roman band left its mark once again and reconfirmed itself. Many songs from the new album and upon all the wonderful final suite Nimrod really stood out. Definitely good sounds, with the lines of all instruments (keyboards/synths included) well in evidence. The only one to remain slightly below his talent - do not know if for volume/setting of the microphone or sore throat/"bad night" - is Marco Benevento, whose cavernous voice gives chills and emotions, but it does not sound deep and dark as in the previous live and on recordings. Venial sin, for a band that put side by side to an undoubted technical ability songs that capture the listener for their emotional charge.

I lost Ahab gig at Desertfest Belgium to listen to them tonight (they played simultaneously with  Pentagram, and - knowing that luckily I would have recovered them a month and a half later in Italy - I had left them "on hold" pending for this date). The German quartet overwhelms me from their very first note with its deep, powerful and "oceanic" sound and I immediately feel stunned by the doomy slowness and heaviness of every single note. If Daniel Droste guitar puts one behind the other riffs and solos of crystalline and dark beauty, it is definitely  Cornelius Althammer drums what captures the audience more than anything else. Every single stroke of the drummer is really deadly and it is kind of a second engine of the band, able to add an unexpected - still monolithic - dynamism to each note as well as to each song in its entirety. Droste voice is hypnotic, almost a mantra of the deep, when it resonates in his full muddy growl. Surprising in clean parts, in which - perhaps not always perfect, but still effective - he reminds me of Aaron Stainthorpe for his theatrical and - at times - sorrowful gait. An incredible set, whose hour and a half ran away in a moment (and this may seem paradoxical, given the genre!), and whose closing is entrusted to an excerpt from the first, seminal, The Call of the Wretched Sea.
[E.R.]

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