Pagine

giovedì 28 aprile 2016

Hexvessel - When We Are Death


Hexvessel - When We Are Death
(Century Media, 2016)

Gli Hexvessel sono morti. Il loro trapasso è in realtà una rigenerazione, e si chiama When We Are Death. La nuova incarnazione della band finlandese, giunta al terzo full lenght, affonda sì le sue radici nell’humus del folk notturno del passato, proiettando però le sue foglie verso altre direzioni, alla ricerca di una luce spirituale che richiama la psichedelia americana di fine anni 60, con qualche accenno agli Anathema romantici del presente. D’altra parte per Mat Mc Nerney la vita artistica è continua rigenerazione (basti pensare alle trasformazioni che ha attraversato la sua carriera, dall’avantgarde black metal dei Dødheimsgard al post punk dei Beastmilk/Grave Pleasures). Questa volta il musicista inglese, approdato alcuni anni fa nelle foreste finlandesi per creare gli Hexvessel, rende esplicita la sua filosofia di morte e rinascita, in un ciclo naturale che tutto connette e interrelaziona. When We Are Death è un disco di delicato e malinconico rock psichedelico, in cui si respira il mistero e la meraviglia di chi si trova di fronte all’imprevisto, ma inevitabile, cambiamento. Per tutti coloro che pensano che le trasformazioni radicali siano linfa vitale.
[R.T.]

*** 

Hexvessel - When We Are Death
(Century Media, 2016) 

Hexvessel are dead. Yet their passing is a regeneration and its name is When We Are Death. Reached the third full lenght, the new incarnation of the Finnish band is rooted in the humus of night folk of the past, yet it projects its own leaves towards different directions, in search of a spiritual light recalling the late 60s American psychedelia, with some hints of current romantic Anathema. After all, Mat Mc Nerney's artistic life is a continuous regeneration (just think about the many transformations during his career, from Dødheimsgard avantgarde black metal to Beastmilk/Grave Pleasures post punk). Landed some years ago into the Finnish forests to create Hexvessel, this time the English musician makes explicit his own philosophy of death and rebirth, placed in a natural cycle which connects and interrelates everything. When We Are Death is delicate, melancholic psychedelic rock. Listening to this album you breath the mystery and wonder of those who face the unexpected, yet unavoidable, change. For all those who think that radical changes are lifeblood.
[R.T.] 


lunedì 25 aprile 2016

Black Rainbows + Mr. Bison + Nasty Farmers + Guzen – 16.04.2016 – BPM Club (Livorno)




Black Rainbows + Mr. Bison + Nasty Farmers + Guzen – 16.04.2016 – BPM Club (Livorno)

Dopo l’uscita di Hawkdope e “l’amore” per questo disco, sentire i Black Rainbows dal vivo era quasi diventata una necessità. Una necessità che però non riuscivo a soddisfare. Poi arriva l’uscita di Stellar Prophecy e me li ritrovo praticamente sotto casa, al BPM Club di Livorno.

Si inizia con i Guzen. Crossover nel senso che attraversano e mischiano insieme molti generi, i giovanissimi livornesi si ispirano all’alternative rock dei ‘90, puntando molto su una commistione di sonorità e ritmiche funkeggianti e un cantato hardcore. L’estrema varietà stilistica delle loro canzoni, supportata anche da una notevole bravura, lascia subito intuire le buone idee e la voglia di sperimentare di questo quintetto ancora alla ricerca del proprio marchio di fabbrica. Le premesse sono davvero interessanti e la loro giovane età non può che far ben sperare.  

Seguono i pisani Nasty Farmers. Il loro è un rock blueseggiante, venato da qualche influenza stoner e southern. È un sound più classico, che tende ad essere un po’ fagocitato e messo in ombra dalle potenti distorsioni delle altre bands della serata, ma è sicuramente il settaggio dei suoni, con un basso che copre quasi tutto, a penalizzarli molto e a non far bene comprendere – a chi come me non li conosce – il valore della band.

Tocca poi ai Mr. Bison. E qui si entra nel vivo della serata. Le sonorità si appesantiscono, la distorsione si accaparra il suo ruolo da protagonista, e la batteria diventa l’asse portante di questo trio senza basso, ma con una chitarra che ne ha lo stile e ne ha appreso la lezione. Puro stoner: bello pesante, ma con un notevole tiro frutto forse delle infiltrazioni hard rock da un lato, quasi funky dall’altro. Con una batteria davvero impeccabile e trascinante, su cui si innestano i riffs delle due chitarre e un doppio cantato, che alterna linee pulite a linee più sporche e polverose. Divertenti e carichi di groove, con il loro appena uscito Asteroid sono il più che degno opener al trio romano.

Infine, Black Rainbows! Il nuovissimo Stellar Prophecy è uscito da un giorno soltanto e mi aspetto di ascoltare molti dei nuovi pezzi. Invece la scaletta è varia e ci sono molte delle canzoni più groovose di Hawkdope – da The Prophet alla titletrack, passando per Hypnotize My Soul With Rock N'Roll che parte subito dopo la richiesta urlata giù dal palco. Il fascino e la forza dei pezzi vengono esaltati nella dimensione del live, grazie ad un sound meno lavorato – più diretto e a tratti quasi lo-fi – nonché attraverso dilatazioni e riarrangiamenti. E in quest’ottica, forse su tutti spicca il brano di chiusura, Black To Comm degli MC5 (già pezzo conclusivo su Holy Moon), che suona ancora più space e psych che su disco. Le due colonne portanti dei Black Rainbows - l’anima polverosa distorta, super-fuzzosa e carica di tiro, e l’anima psichedelica, space e “appesa a dondolarsi alla luna” – trovano sul palco la loro esaltazione e la loro perfetta realizzazione grazie ad una fusione “alla pari” della loro forza al tempo stesso trascinante e impantanante. Poco più di un’ora di musica, che ti porta in giro attraverso un deserto di sabbia, canyon e cactus in corsa sfrenata su una moto, per poi lasciarti sospeso fra sogno e realtà come in una scena di Zabriskie Point. E resta la voglia di rifarsi questo viaggio…!
[E.R.]
***

Black Rainbows + Mr. Bison + Nasty Farmers + Guzen – 04.16.2016 – BPM Club (Livorno)

After Hawkdope release and my “love” for this album, attending to Black Rainbows concert nearly became a need. A need that I could not satisfy. Then it is time for the release of Stellar Prophecy and suddenly I find them practically next door, at BPM Club in Livorno.

The evening begins with Guzen. Crossover in the sense that they go through - and mix together - many different genres, the young guys from Livorno find their inspiration in 90s alternative rock, focusing on the blend of funky sounds and rhythms together with hardcore singing. The extreme stylistic variety of their songs, supported by a quite remarkable talent, makes immediately evident the good ideas and will to experiment of this quintet still in search of its trademark. Premises are really interesting and their youth bodes well.

Then Nasty Farmers, from Pisa. They play a bluesy rock, with touches of stoner and southern influences. It is a bit more classic sound and it tends to be engulfed and obscured by the mighty distortions of the other bands. Yet for sure it is the sound setting – with the bass guitar absorbing and covering everything else with its volume – what mostly penalized the band, making impossible to understand its value for those who (like me!) do not already know them.  

It is time for Mr. Bison. And now we get into the heart of this evening. Sounds become heavier, distortion takes its leading role, and drums become the backbone of this trio which is free from the bass, but has a guitar that has got bass style and has learned its lesson.  Pure stoner: definitely heavy, but with an amazing groove maybe due to hard rock infiltrations on a side and almost funky ones on the other. Enthralling and flawless drums, basis for riffs of the two guitars and vocal lines of the two singers – a clean voice alternating with a dirty, dusty one. Funny and groovy, with their just released Asteroid they are the perfect opener for the trio from Roma. 

Finally Black Rainbows! Their brand new Stellar Prophecy was out yesterday and I think I am going to listen to a lot of the new songs. On the contrary the setlist is varied and there are many of the grooviest tracks of Hawkdope – from The Prophet to the titletrack, passing through Hypnotize My Soul With Rock N' Roll (which starts as soon as it is loudly requested by someone in in the audience). The beauty and power of Black Rainbows songs are intensified during the concert thanks to a less refined sound (indeed it is more direct, at times almost lo-fi) and dilations and re-arrangements. In this light, maybe the ending song (already ending track on Holy Moon) Black To Comm - by MC5 – stands out above all the others, sounding even more space and psych than on recordings. Black Rainbows two pillars – the dusty/distorted/super-fuzzy/groovy soul and the psychedelic/space/“hanging-rocking-on-the-moon” soul – find on stage their enhancement and their accomplishment thanks to the perfect fusion of their strength – a strength which is at the same time overwhelming and miring. Just one hour of music, bringing you through a sandy desert, canyons and cactus in a wild ride on a motorbike, then leaving you suspended between dream and reality as in Zabriskie Point. And it remains the will to do this trip once again…! 
[E.R.]

venerdì 22 aprile 2016

Bologna Violenta + Cane di Gøya + Valerio Orlandini + J.D. Raudo (La Malora) – 15.04.2016 - No Cage (Prato)


Bologna Violenta + Cane di Gøya + Valerio Orlandini + J.D. Raudo (La Malora) – 15.04.2016 - No Cage (Prato)

Le serate del No Cage sono sempre dense di eventi. Questa, poi, è davvero articolata e parte con la presentazione di un libro.

La Malora, di J.D. Raudo. Libro omonimo all’omonimo (sembra un gioco di parole, ma il succo è davvero questo!) debut album della band di cui è frontman, è la versione estesa e completa dei testi del disco, e lo racconta in una sorta di intervista con se stesso (“fatti una domanda e datti una risposta”). E indubbiamente lo racconta bene, perché alla fine me lo accaparro, e non vedo l’ora di leggerlo – e non vi svelo altro, perché non si può spoilerare un libro!

Inizia poi la serata musicale vera e propria. Ed il leit motiv è il connubio perfetto fra musica e videoproiezioni, il tutto all’insegna di una vena di angoscia/turbamento/disagio che attraversa i tre progetti con declinazioni diverse.

Dapprima il progetto tutto elettronico - ed eponimo - di Valerio Orlandini. Ritmiche ossessive e ripetitive, estratti audio di programmi televisivi &co, frasi scandite e alterate nel microfono, soundscapes onirico-alienanti, videoproiezioni cicliche sul telo che oscura il palco – vuoto, perché Valerio Orlandini suona giù dal palco, accanto al telo stesso. A cavallo fra industrial ed un dark ambient cupo, e con connotazioni un po’ apocalittiche, la sua esibizione mi colpisce ed incuriosisce, e mi lascia la voglia di approfondire.

Il telo resta. Ma questa volta la band – a tre elementi – è dietro il telo, giù dal palco. E le loro sagome-ombre appaiono solo a tratti, mischiandosi ad una selezione di immagini ed outtakes filmici, in particolare Antichrist di Lars Von Trier. I Cane di Gøya mi colpiscono e catturano subito, perché il loro post-core/post-rock mi riporta indietro di un decennio buono, e ritrovo in loro la potenza e la bellezza degli Ornaments e dei Vanessa Van Basten, ma arricchita dai synth e filtrata attraverso tutta la musica nata in questi ultimi 10 anni. Progetto nuovo, nuovissimo, di recentissima formazione. Spero di risentirne parlare, spero che sia in cantiere un EP o un album.

Dulcis in fundo – anche se forse parlare di “dolce” non è appropriato – Bologna Violenta. Non più one man band, ma potentissimo e feroce duo, disposto sul palco tête-à-tête col batterista Alessandro Vagnoni, Nicola Manzan apre il suo devastante set con la presentazione dell’appena uscito Discordia, cui seguono anche pezzi dagli altri suoi album, su tutti Uno Bianca e Il Nuovissimo Mondo. Il furioso racconto musicale – a cavallo fra grind, hardcore, musica orchestrale e deliri “alla Fantomas maniera” - è esaltato dai video (violentemente allucinanti) proiettati sullo sfondo del palco. L’effetto è annichilente e stordente: si perdono i riferimenti esterni, e si è catturati nel vortice di immagini e suoni che satura il palco, il pubblico, l’intero locale. Musica a parte (poiché in un caso siamo di fronte ad un immobilismo paralizzante, nell’altro travolti da un ipercinetismo sfrenato), mi viene in mente il concerto dei Sunn O))) alla Flog (Firenze) nel 2006, quando Stephen O’Malley e soci, arricchiti dalla presenza quasi sciamanica di Xasthur, mi crearono un senso di vertigine e vuoto. Parlare di “concerto” è quasi limitante. È un’esperienza audio-visiva e sensoriale, in cui la bravura e l’ecletticità di Manzan conducono lo spettatore a guardare in un abisso pericolosamente calamitante e respingente al tempo stesso. Ciò che su disco affascina, dal vivo cattura e possiede. Da ripetere.
[E.R.]

***



Bologna Violenta + Cane di Gøya + Valerio Orlandini + J.D. Raudo (La Malora) – 04.15.2016 - No Cage (Prato)

Evenings at No Cage are always full of events. This evening, in particular, is really multifaceted and it starts with a book launch.

La Malora, by J.D. Raudo. Homonymous book of the homonymous (it seems a wordplay, but it tells how things really are!) debut album of the band of which he is frontman. It is the extended, complete version of the lyrics of the album, and the author talks about it in a sort of interview with himself (“question and answer youself!”). And he definetely is a good storyteller, because in the end I buy his book and I cannot wait to read it – and I will not tell you anything more because it is not fair to spoiler a book! 

Then the proper musical evening. Its leit motiv is the perfect marriage of music and videos, with a vein of anguish/distress/disturbance slithering through the three projects with different declinations.

First of all the whole electronic – and eponymous – project of Valerio Orlandini. Obsessive, repetitive rhythmics, tv programmes audio extracts, sentences well articulated and altered on the microphone, oneiric-alienating soundscapes, cyclic videos on the sheet obscuring the stage – an empty stage, because Valerio Orlandini plays off the stage, right next to the sheet. Halfway between industrial and a gloomy dark ambient, with a bit apocalyptic connotations, his show excites my curiosity and leaves me a desire of getting deeper into it. 

The sheet remains there. But this time the band – three elements – is beyond it, still off the stage. Their silhouettes-shadows appear only at times, mixing together with a selection of movies outtakes and images, especially from Antichrist, by Lars Von Trier. Cane di Gøya immediately catch me, because their post-core/post-rock brings me back of more than a decade, and I find in them the power and beauty of Ornaments and Vanessa Van Basten, yet enriched by synths and filtered through the music born in these last ten years. New – brand new – project. I hope I am going to hear again about them, as well as I hope that an EP or an album in in the works.

Dulcis in fundo – even if it is not so appropriate to talk about “sweetness” - Bologna Violenta. No more one man band, yet super-powerful and fierce duo, placed tête-à-tête with drummer Alessandro Vagnoni, Nicola Manzan opens his devastating set with the just released Discordia, then followed by songs of his other albums, especially Uno Bianca and Il Nuovissimo Mondo. The furious musical tale – blending together grind, hardcore, orchestral music and “à la Fantomas” deliria – is enhanced by (violently hallucinating) videos on the background of the stage. The effect is annihilating and stunning: you lose your external reference points and you are catched in a vortex of sounds and images, saturating the stage, the audience, the whole venue.  Music apart (because in one case we are in front of a paralizing immobility, in the other one we are knockout by an unrestrained hyper-kinetism), it comes to my mind Sunn O))) concert at La Flog (Firenze) in 2006, when Stephen O’Malley & friends, enriched by the almost shamanic presence of Xasthur, made me feel a sense of void and vertigo. By the way, talking of “concert” is reductive. This is an audio-visual and sensorial experience, through which Manzan’s cleverness and eclecticism lead the audience to look into an abyss which is at the same time dangerously magnetizing and repulsing. What fascinates on records catches and possesses in the live show. To be repeated.
[E.R.]

martedì 19 aprile 2016

Elder - Lore


Elder - Lore
(Stickman Records, 2015)

E’ possibile far convivere in un unico panorama intricate foreste e possenti montagne? Oceani in movimento e immobili deserti? Dopo il successo del Red Album dei Baroness e di Crack the Skye dei Mastodon non sembra più impossibile abbattere le distanze tra il groove polveroso dello stoner e le complesse architetture progressive. Il retroterra psichedelico che accomuna i due universi è il ponte scelto dagli Elder per passare dall’uno all’altro. Nei 5 tortuosi brani di Lore gli Elder non danno vita ad alcuna imprevedibile reazione chimica, riescono però a rendere fluido il viaggio del loro fiume musicale attraverso ambienti disparati, con un rock energico e trascinante, ma al tempo stesso cerebrale e fantasioso, che li avvicina agli italiani L’Ira del Baccano. Ci sono le rapide vorticose dei riff e gli spruzzi incontrollabili degli assoli settantiani, così come le possenti correnti con le quali i brani sono finemente costruiti per sostenere la melodia senza affogarla. Il fiume non sfocia mai esplicitamente nella grandiosità e nell’epicità dell’oceano progressive, ma neanche guarda con distacco le sue atmosfere maestose e romantiche, spingendosi così controcorrente rispetto agli standard del “rock sudato”. La band di Boston si tuffa in profondità nel punto di congiunzione dei due mari, riuscendo a non annegare negli eccessi insiti nell’impresa. Tornando a riva il trio riporta a galla dalle profondità degli abissi un piccolo tesoro: un disco tra i più appassionati e appassionanti ascoltati nell'anno appena trascorso.
[R.T.]
***

Elder - Lore
(Stickman Records, 2015)

Is it possible to bring mazy forests and mighty mountains together in a single scenery? Oceans in movement together with motionless deserts? After the success of Red Album by Baroness and Crack the Skye by Mastodon, to overcome the distance between the dusty groove of stoner rock and the complicated architectures of progressive rock does not seem impossible anymore. Connecting the two universes, the psychedelic background is the bridge that Elder go through to move from the one to the other. In the five Lore tortuous tracks they do not realize any unpredictable chemical reaction, yet they are able to make really fluid the trip of their musical river through different territories, with an enthralling - yet at the same time brighty and imaginative - rock, which makes them close to the Italian L'Ira del Baccano. There are the whirling rapids of riffs and the uncontrollable splashes of “seventies style” solos, as well as the strong currents with whom the songs are finely built to sustain the melody without let it drown. The river never flows explicitly in the grandeur and epic of the progressive rock ocean, neither it looks with aloofness its majestic and romantic atmospheres, in this way going against the standards of the "sweaty rock”. The band from Boston dives deeply into the junction point of the two seas, without drowning in the intrinsic excesses of this kind of venture. Swimming back towards the shore they bring to light from the depths of the abysses a small treasure: one of the most passionate and exciting albums of the last year. 
[R.T.]

venerdì 15 aprile 2016

Novembre + Shores of Null + Black Therapy – 09.04.2016 (Traffic Club – Roma)

 
Novembre + Shores of Null + Black Therapy – 09.04.2016 (Traffic Club – Roma)

L’evento è imperdibile: i Novembre, che tornano sui palchi dopo quasi un decennio, nella loro Roma, presentando l’appena uscito URSA. Ed in più suonano gli Shores of Null, il cui debut album ha girato vorticosamente nel mio lettore durante l’ultimo anno e mezzo, e che ancora non ero riuscita a sentire live.

La serata la aprono però i Black Therapy. Romani pure loro, ci portano fin da subito sui lidi delle sonorità che caratterizzano questa serata. Il loro death metal melodico è un ottimo preludio alle altre due band: le umbratili atmosfere dei brani, con i loro assoli malinconici, sono rese taglienti dagli sferzanti riff delle chitarre e dal graffiante growl di Giuseppe Massimiliano di Giorgio. La scaletta propone anche nuovi pezzi (ancora inediti), ma la chiusura del loro set è affidata una riuscitissima e stravolta cover di Mad World dei Tears for Fears. Vista la giovane età della band e la grinta sprigionata sul palco, la speranza è quella di risentirne parlare presto.

Gli Shores of Null partono subito alla grande con tre brani da Quiescence, ma il loro concerto è anche l’occasione per presentare le nuove canzoni – già registrate, ma non ancora pubblicate – scritte per il secondo disco. Il fascino e la potenza dei pezzi già noti acquistano ancora maggiore spessore e profondità sentiti giù dal palco. I nuovi ti fanno capire che il secondo album sarà il degno erede del suo predecessore. È una vera e propria onda sonora che avvolge e trasporta l’ascoltatore. La particolarità del background non esclusivamente metal dei componenti del gruppo – ben evidente anche su disco – dal vivo risulta un quid pluris che aggiunge al tempo stesso pesantezza e atmosfera alla loro musica. La duttilità della voce di Davide Straccione, che alterna con naturalezza un growl profondo ed espressivo ad un pulito dalle linee mai banali, è senz’altro un altro asso nella manica della band. Non resta che attendere il prossimo live… e l’uscita del nuovo album.

Quando ormai il Traffic è pieno zeppo – ed in effetti l’evento è sold out – salgono infine sul palco i tanto attesi Novembre. La prima novità è sicuramente vedere Carmelo Orlando senza la chitarra in mano, concentrato solo sul cantato. E la sua voce infatti esce decisamente bene, colma della sua componente emozionale - sia nelle lamentose e dolenti parti pulite, sia nel growl - regalando una prestazione decisamente migliore rispetto ad alcuni live del passato, risultando più vicina alla bellezza delle registrazioni su disco. Pezzi classici e stupendi, come Nostalgia Platz e Sirens in Filth, si alternano alle nuove canzoni ed il risultato è un mosaico armonico di passato e presente, in cui il pubblico sembra davvero applaudire con calore sia i vecchi che i nuovi Novembre. La chitarra del veterano Pagliuso incanta con le sue melodie sempre ricercate e le sonorità oniriche, e nel complesso anche i nuovi arrivati fratelli Ferilli (chitarra e batteria) assieme al bassista Fraschini riescono a stare al passo con i due storici Novembre. Certo devo ammettere che la mancanza di Giuseppe Orlando alle pelli un pò si avverte, e di sicuro il compito di sostituire i due fratelli Orlando alla chitarra e alla batteria non è né dei più semplici, né dei più grati. Forse, anche per questo motivo, a volte si perde un po’ quella fluidità e compattezza tipica dei gruppi rodati e affiatati da anni di sala prove e tour. Il concerto di stasera è comunque coinvolgente ed emozionante come quelli della vecchia formazione, e non ha assolutamente il sapore di un amarcord sbiadito ed impolverato. Ed emozionato appare anche Carmelo Orlando, di nuovo a contatto con il suo pubblico, di nuovo sul palco con la sua musica. URSA è un importante ritorno sulla scena dopo anni di silenzio ed incertezze sul futuro della band: questo live ci dice e conferma che i Novembre sono tornati carichi di nuova linfa vitale. 
[E.R.]

***


Novembre + Shores of Null + Black Therapy – 04.09.2016 (Traffic Club – Roma)

The event is one of those that can not be missed: Novembre, on the stage again after almost a decade, in their home town Rome, performing the new released URSA. Furthermore Shores of Null are going to play tonight: I have almost consumed their debut album in the last year and half, but I have not yet been able to listen to them live.

The evening is opened by Black Therapy. They are from Rome as well, and they immediately bring us on the shores of those sounds which are going to characterize this night. Their melodic death metal is a great prelude to the following two bands: with their melancholic solos, the shadowy atmospheres of their songs are made sharp by the stinging riffs of the guitars and the scratching growl of Giuseppe Massimiliano di Giorgio. In the set list there are also new songs (still unreleased), but the end of their show is a really successful and revolutionized cover of Tears for Fears Mad World. Given the youth of the band and the oomph unleashed on stage, the hope is that we are going to hear about them soon again.

Shores of Null start with three songs from Quiescence, but tonight they also perform some of the new pieces – already recorded, but unreleased – written for the second album. The beauty and power of the already known tracks gain even more depth and substance when performed on stage. And the new ones let you know that the second album is going to be the worthy heir of its forerunner. The listener is enveloped by an actual sonic wave and surrenders himself to its embrace. Clearly evident even in recordings, in live shows the peculiar non-exclusively-metal background of Shores of Null members results to be a quid pluris which adds both atmosphere and heaviness to their music. Naturally switching from a deep, expressive growl to never banal clean vocal lines, Davide Straccione’s ductile voice is for sure another ace in the hole of the band. We just have to wait for the next gig… and the release of the new album.

When Traffic is chock-full of people - and the event is sold out, indeed! – long awaited Novembre get on stage. The first new thing is Carmelo Orlando without his guitar, focusing only on singing. Indeed, full of its emotional element – both in the mournful, painful clean parts and in the growl – his voice sounds better and his performance results improved compared to some past lives, much closer to the beauty of recordings. Stunning classics, as Nostalgia Platz and Sirens in Filth, alternate with the new songs and the effect is that of an harmonious mosaic of past and present, and the audience seems to cherisch both the old and new Novembre. Veteran Pagliuso’s guitar enchants with its polished melodies and oneiric sounds, and all in all the newcomers Ferilli brothers (guitar and drums) together with bassist Fraschini manage to keep up with the two historical Novembre. Anyway, I have to admit that I feel the absence of Giuseppe Orlando on drums, and certainly the duty of replacing the two Orlando brothers on guitar and drums is not the easiest one and at the same time it is the most unrewarding. It is maybe due to this fact if at times there is a lack of those fluidity and compactness typical of those bands with a long sequence of rehearsals and tours together. Nonetheless tonight concert is engaging and exciting as those of the old formation and it does not taste at all of a dusty, discoloured amarcord. And also Carmelo Orlando seems to be touched by the fact of being once again in front of his audience, once again on stage with his music. URSA is an important, signicant comeback after years of silence and uncertainties about the future of the band: this live tells and confirms that Novembre are back, full of new lifeblood. 
[E.R.]



 

martedì 12 aprile 2016

With the Dead - With the Dead


With the Dead - With the Dead
(Rise Above, 2015)

Per chi è ancora “affezionato” all’immagine dello zombi come a quella di un essere appiccicoso, stupido, dalla lentezza estenuante, il primo omonimo disco dei With the Dead è senz'altro una bella e gradita sorpresa. Nessun gesto atletico, assalto fulmineo o forza sovrumana come nei remake moderni: questo album potrebbe essere un omaggio ai primi film di Romero, quando gli zombi erano inarrestabili perché insensibili a qualsiasi tipo di mutilazione, e soprattutto numerosissimi come un esercito di insetti schifosi. Lee Dorrian, dopo aver sepolto i suoi Cathedral, torna sulle scene accompagnato da due nomi eccellenti della scena doom moderna, Tim Bagshaw e Mark Greening (protagonisti - con gli Electric Wizard -, di capolavori come Come My Fanatics… e Dopethrone). In poco più di quaranta minuti i tre rappresentano un paesaggio in putrefazione, nel quale riff melmosi si attaccano addosso come l’odore di carne morta. C’è la nebbia impenetrabile delle cripte nelle fuzzosissime distorsioni di Bagshaw, i rintocchi di un vecchio campanile nelle ritmiche pesanti e rallentate di Greening, l’angoscia profonda nelle diaboliche invocazioni di Dorrian. I tre non-morti generano un’atmosfera soffocante e allucinata, a metà tra il doom catacombale e la psichedelica pesante più visionaria. Un vecchio, assurdo e rivoltante film splatter che non si allontana dal genere di riferimento e non indica nuovi percorsi, ma che divertirà senza dubbio chi - con popcorn in una mano e birra nell’altra - avrà il coraggio di varcare i cancelli di questo cimitero.
[R.T.]
***

With the Dead - With the Dead
(Rise Above, 2015)

For those who are still attached to the image of zombies as sticky and stupid beings characterized by an exhausting slowness, the first homonymous With the Dead album is for sure a great and welcome surprise! No athletic movement, no sudden assault, neither superhuman strength as in modern remakes: this album could be an homage to the first Romero movies, when zombies were unrestrainable because they were insensitive to every sort of mutilation and - above all - they were as much numerous as an army of disgusting insects. Buried his Cathedral, Lee Dorrian comes back together with two excellent names of modern doom metal scene: Tim Bagshaw and Mark Greening (protagonists - with Electric Wizard - of masterpieces as Come my Fanatics… and Dopethrone). In a little bit more than forty minutes, the three musicians paint a putrefying landscape, where oozy riffs stick to your skin as the stink of dead flesh. There is the impenetrable fog of the crypts in the hyper-fuzzed distortions by Bagshaw, the chimes of an old bell tower in the heavy and slowed down rhythmic by Greening, deep distress in the diabolical invocations by Dorrian. The three undead generate a suffocating and hallucinogenic atmosphere, halfway between the catacomb doom and the most visionary heavy psychedelia. An old, absurd and revolting splatter movie that does not depart from the genre and does not suggest new paths, yet certainly it will entertain those who - with popcorn in one hand and beer in the other - will be brave enough to cross the gates of this cemetery. 
[R.T.]

venerdì 8 aprile 2016

Duel + Geeah – 01.04.2016 – Teatro Niccolini (Castellina Marittima – PI)

  

Duel + Geeah – 01.04.2016 – Teatro Niccolini (Castellina Marittima – PI)

Sperduta nelle più remote colline pisane (praticamente sei nell’entroterra della costa livornese!) Castellina Marittima è il luogo rock per eccellenza dell’afoso agosto toscano. La sua versione invernale mi mancava…e adesso ho – con soddisfazione! – colmato questa lacuna.

Surriscaldano la già calda serata del Teatro Niccolini i livornesi Geeah. Di recente formazione, i quattro propongono uno stoner rock diretto figlio dei Kyuss, che ha però in sé anche una buona vena più metal, che riporta alla mente i Corrosion of Conformity, e dà alle loro canzoni un bonus di pesantezza e tiro. Indubbio punto di forza la voce: grintosa e potente dalla prima all’ultima nota. L’acustica del locale non è perfetta e tende un po’ ad impastare i suoni a causa di una leggera eco, ma con il procedere della scaletta si raggiunge un buon equilibrio e si riesce ad apprezzare non solo il tiro di basso e chitarra, ma anche la qualità dei loro riffs. …si dice che il progetto sia nato quasi per gioco: io continuerei a giocare così allora!

E poi, dal Texas (e ti chiedi davvero some abbiano fatto ad arrivare in questa bella – e sperduta – campagna!), i Duel. L’attacco è un muro di suono, innalzato da un basso e da una batteria che procedono a marce serrate, e fortificato da due chitarre che sciorinano riff di settantiana memoria e potenza stoner. E dall’alto del muro emerge la calda voce di Tom Frank. A questo punto sembra veramente di aver viaggiato indietro di quarant’anni buoni, perché affiorano alla mente i Blue Öyster Cult e i primi Deep Purple. La scaletta è breve – solo 45 minuti, purtroppo! – ed incentrata sull’appena uscito Fears of the Dead. Il suo ritmo è serrato, perché i quattro di Austin passano da un brano all’altro senza soluzione di continuità, e le canzoni hanno davvero un gran bel groove. Il finale è l’apice della componente più psych/space della band, con le chitarre che si adagiano su fraseggi dilatati e la sezione ritmica che le asseconda. Un altro grande concerto di una band targata Heavy Psych Sounds Records! 
[E.R.]

***

Duel + Geeah – 04.01.2016 – Teatro Niccolini (Castellina Marittima – PI)

Lost amidst the most remote hills of Pisa area (essentially in the inland of the coast of Livorno area!) Castellina Marittima is THE rock place of the sultry Tuscan August. I did not know its winter version…and now – with satisfaction! - I filled this gap.

Geeah, from Livorno, overheat the already warm night at Teatro Niccolini. Newly formed, the four guys play a stoner rock which is a direct son of Kyuss. Yet it has got a good metal vein which is reminiscent of Corrosion of Conformity and which adds a bonus of heaviness and groove to their songs. Vocals are the undoubted strong point: punchy and mighty from the first to the last note. The venue has got no perfect acoustics and sounds tend to be a little bit fused and confused because of a slight echo, but as the setlist goes on they significantly improve and so in the end it is possible to appreciate not only the groove of bass and guitar, but also the quality of their riffs. …it is said that the project was born for fun: well, I would continue to have fun this way!

Then Duel, from Texas (and I really ask myself how did they get in this wonderful – and secluded – countryside!). The attack is a wall of sound: erected by bass and drums undertaking tightened marches and fortified by two guitars playing riffs with 70s taste and stoner strenght. And then, from the top of the wall, Tom Frank’s warm voice emerges. And in that moment one really thinks of having travelled back in time of 40 years, because Blue Öyster Cult and the early Deep Purple immediately come to the mind. The setlist is short – unfortunately, only 45 minutes! – and focused on the just released Fears of the Dead. Its rhythm is fast, because the four from Austin seamlessly switch from a song to another and their songs really have a great groove. The final is the peak of the most psych/space side of the band: guitars lay down on dilated phrasings and rhythm section indulge them. Another amazing gig of a band of Heavy Psych Sounds Records roster!
[E.R.]

mercoledì 6 aprile 2016

Isaak – Sermonize


Isaak – Sermonize
(Heavy Pysch Sounds, 2015)

Lo ammetto: sono un nostalgico della musica alternativa degli anni 90. Soprattutto della voce di quei cantanti in grado di strapparti qualcosa da dentro, per poi sbattertelo in faccia. Ma anche di riff pesanti, carichi di groove e privi di qualsiasi pomposità. Per non parlare delle melodie: un po’ acide e sghembe. Comunque immediate - nel senso buono del termine! Sono un nostalgico che però non digerisce i gruppi “conservatori”. Per tutte queste ragioni, Sermonize - nuovo disco degli Isaak - è un grande album. Infatti, pur risvegliando sonorità del vecchio millennio, le reinterpreta alla luce dei suoni del nuovo. La band genovese (ex – Gandhi’s Gunn) non scimmiotta lo stoner o il metal alternativo ai quali si ispira (e con metal alternativo intendo Tool, Faith no More, Helmet, Soundgarden… niente nu-metal!). Gli Isaak hanno personalità e lo dimostrano con un disco potente, adrenalinico, divertente, con sonorità moderne (i muri sonori dei Torche e le bordate metalliche dei Red Fang) e che perfettamente rinnova le idee scaturite nell’ultimo decennio del vecchio millennio (soprattutto, il lato stoner più grasso e massiccio). A partire dalla calda e potente voce di Giacomo Boeddu, Sermonize possiede tutte le caratteristiche che ogni appassionato dei 90 possa desiderare, se ha la mentalità abbastanza aperta da rendersi conto che quelle caratteristiche sono ancora più esaltanti se rese attuali. E, cosa ancora più importante, è fatto di canzoni dirette, cariche e che ti entrano dentro.
[R.T.]
***
Isaak – Sermonize
(Heavy Pysch Sounds, 2015)

I confess it: I am a nostalgic of 90s alternative music. Especially of the voice of those singers able to snatch something out of your deepest inside and then throw it right on your face. But I am also nostalgic of heavy riffs: groovy and free of any pomposity. And what about melodies? Acid and crooked, but always immediate - in the good sense of the word! Anyway, I am a nostalgic who totally dislike "conservative" bands. For all these reasons, Sermonize - Isaak's latest release - is a great album. Even though it awakens sounds of the last millennium, it reinterprets them in the light of those of the new one. The band from Genova (formerly Gandhi’s Gunn) does not ape stoner or alternative metal (and by "alternative metal" I mean Tool, Faith no More, Helmet, Soundgarden…no nu-metal at all!): these are simply inspirations. Isaak have got their own personality and they show it with a mighty, adrenalic, funny album which sounds modern (let's think of Torche's walls of sound and Red Fang's metal strokes) and perfectly renews the ideas blossomed in the last decade of the old millennium (above all, the fattest and massive stoner side). Simply thinking of the expressive, powerful Giacomo Boeddu's voice, it is immediately clear that Sermonize has got all the features dear to a 90s fan: a 90s enthusiast who is openminded enough to realize that those features are even more exciting if up-to-date. And - even more important - it is an album made of direct, vibrant songs which get right inside of you.
[R.T.]

domenica 3 aprile 2016

Lili Refrain + OvO + Bruxurum/Mercolady/Computer Doll – 27.03.2016 - No Cage (Prato)

 
Lili Refrain + OvO + Bruxurum/Mercolady/Computer Doll – 27.03.2016 - No Cage (Prato)

Dopo il pranzo di Pasqua dalla nonna ci vuole una cenetta leggera, a base di musica spirituale e onirica, da assaporare ad occhi chiusi. Niente di meglio di un bel concerto di Lili Refrain. Però, dato che sono goloso, un assaggio di (u)OvO non riesco a negarmelo.

L’antipasto è offerto dai tre membri dei Solki (Bruxurum/Mercolady/Computer Doll), che servono un dark ambient elettronico molto affascinante, in cui la voce di Serena si muove in modo imprevedibile nella nebbia atmosferica, sorretta da qualche rado beat. Soli 20 minuti, che meritano di essere sviluppati in un progetto a tempo pieno, perché le premesse sono davvero gustose.

L’impegno che mi ero dato - rimanere leggero - si infrange di fronte alla mostruosa pesantezza della distorsione degli OvO. I due “cavernicoli” scuotono le fondamenta del No Cage con bordate spaventose e corrodono le barre di ferro del cemento armato con dissonanze e feedback esasperati fino al loro estremo. La sorpresa pasquale che si nasconde dentro al loro guscio è un disagio palpabile, che mi gusto con perverso entusiasmo. Tanto disturbanti quanto appassionanti, confezionano ritmiche essenziali (ma sempre dinamiche) sulle quali deragliano una chitarra suonata con un frammento di plastica e una vomitevole voce femminile. Basta un assaggio di OvO per avere nausea e vertigini. Insomma straordinari!

Svanito il tappeto di chiodi disteso dalla musica degli OvO sul pavimento del No Cage, Lili Refrain - con il suo magnetismo oscuro - mette il pubblico a sedere (nel vero senso della parola). Tutti in silenzio, estasiati dalla cerimonia di cui la musicista romana è sacerdotessa. Una cerimonia che è ipnosi, incanto e magia, ma anche divertimento. Lili si diverte a interagire con il pubblico, e a rendere tutti parte di uno spettacolo che non è mai confinato all’isolato ambiente del palco. Siamo tutti parte della spirale creata dai suoi fraseggi di chitarra: una spirale dal sapore psichedelico e misterioso, che fa perdere le coordinate spazio temporali. C’è energia - a volte luminosa, a volte oscura - nella sua bellissima voce, che gioca con gli echi di se stessa. Un continuo richiamo tra melodie stratificate, suonate dal vivo e mandate in loop, tra droni cosmici che provengono da galassie le più disparate, tra atmosfere diaboliche e angeliche, tra voci che si sovrappongono come quelle di un coro immaginario. Un continuo richiamo tra lei e il pubblico. Quale migliore cerimonia per santificare la Pasqua!
[R.T.]

***


Lili Refrain + OvO + Bruxurum/Mercolady/Computer Doll – 03.27.2016 - No Cage (Prato)

After Easter lunch at grandma’s house I need a light dinner: made of spiritual and dreamlike music, to be savored with closed eyes. Nothing better than Lili Refrain’ concert. However, being greedy, I cannot deny a taste of OvO.

The appetizer is offered by the three members of Solki (Bruxurum/Mercolady/Computer Doll), serving a very charming electronic dark ambient, with Serena’s voice moving unpredictably in the dark atmospheric fog, supported by a few sparse beat. Only 20 minutes: yet they deserve to be developed into a full-time project, because the premises are really tasty.

I deviate from my commitment (a light dinner) in front of the monstrous heaviness of OvO distortion. The two "cavemen" shake the base of No Cage with frightening strokes, corroding the iron bars of reinforced concrete with dissonances and feedbacks exasperated up to their brink. The Easter surprise hiding in their shell is a palpable discomfort that I taste with perverse enthusiasm. As much disturbing as exciting, they create essential (but always dynamic) rhythms on which a guitar played with a piece of plastic and a repulsive female voice derail. Just a taste of OvO to feel nausea and dizziness. So amazing!

Vanished the carpet of nails layed by OvO music on the floor of No Cage, Lili Refrain - with her dark magnetism -  puts the audience sitting down (in the true sense of the word). All silent, stunned by the ceremony officiated by the priestess. A ceremony that is hypnosis, enchantment and magic, but also fun. Lili enjoys herself interacting with the people present at her concert, making everybody a part of her show – a show which is never confined to the isolated environment of the stage. We are all part of the spiral created by her guitar licks, a spiral with psychedelic and mysterious flavour that makes you lose time-space coordinates. There is energy - sometimes bright, sometimes dark - in her beautiful voice playing with its own echoes. A constant recalling of layered melodies (played live and looped), of cosmic drones coming from different galaxies, of diabolic and angelic atmospheres, of overlapping voices as those of an imaginary choir. A continuous recalling between her and the audience. What better ceremony to sanctify Easter!
[R.T.]



venerdì 1 aprile 2016

Zippo – 25.03.2016 – No Cage (Prato)


Zippo – 25.03.2016 – No Cage (Prato)

Il venerdì di pasqua decido di "santificarlo" con un bel concerto. Oltretutto suonano gli Zippo. E il loro quarto album – After Us – è appena uscito.

In realtà non suonano solo gli Zippo, al No Cage. Ci sono ben altre tre bands che fanno rockabilly in varie declinazioni: Hot Rod Surfers, Contessa and the Squires, Bone Machine. La serata me la seguo tutta e mi diverto. Ma sul genere non sono ferrata, sono lì per sentire i nuovi pezzi del quartetto di Pescara…e quindi non posso che scrivere solo di loro!

L’attacco è Low Song, potente opener del nuovo album, che cattura e ipnotizza col suo mantra e la potenza distorta dei riffs, e fa subito capire che la band ha definitivamente assimilato la nuova formazione “a quattro”, con una sola chitarra. Le nuove canzoni sono monoliti dotati di vita propria e - collocati uno a fianco all’altro - creano una sorta di Stonehenge. La voce di Dave è impeccabile: nella dimensione live la sua versatilità e la sua profondità incantano l’ascoltatore, conducendolo dentro ad ogni pezzo. La sessione ritmica è imponente, ed il basso di Stonino crea dei patterns – a volte pulti, a volte potentemente distorti – con i quali si fonde una chitarra che alterna parti più stoner e (quasi) grunge ad altre più sludge, innalzando un muro di suono in cui si vorrebbe entrare e fondersi. Il concerto è incentrato sul nuovo After Us, ma il finale è lasciato alla “classica” The Elephant March. In 10 anni l’elefante è cresciuto e i suoi passi lasciano un’impronta ancora più profonda: ma non vi è alcuna traccia di polvere sul pachiderma.

La fine del concerto arriva davvero troppo presto. Ma questo non può che essere un invito per una nuova data!
[E.R.]
***
Zippo – 03.25.2016 – No Cage (Prato)

I decide to “sanctify” this Easter Friday with a concert. Zippo are going to play tonight. And their fourth album – After Us – has just been released.
Well, tonight at No Cage there are not only Zippo. Three more bands are going to play rockabilly in various forms: Hot Rod Surfers, Contessa and the Squires, Bone Machine. I listen to all their shows and I enjoy the whole thing. But I have to admit that I am not so familiar with this genre, and I am here to listen to the new songs of the quartet from Pescara…and so I can only write about them!

The opener is Low Song, the mighty first track of the new album. It captures and hypnotizes with its mantra and the mighty distortion of its riffs. One immediately realizes that the band definetely assimilated the new configuration with four members and just one guitar. New songs are monoliths with their own life and – one next to the other – they form a sort of Stonehenge. Dave’s voice is flawless: in live dimension its versatility and depth enchant the listener, leading him inside each song. Rhythm section is striking and Stonino’s bass creates patterns – at times clean, at times powerfully distorted – capable of merging with a guitar which alternates stoner and (almost) grungy parts with sludgy ones. The outcome is a wall of sound in which you desire to enter and to be incorporated. The whole show is focused on After Us, but the ending is entrusted to the “classic” The Elephant March. In 10 years time the elephant has grown up and his steps leave deeper footprints: yet ther is no trace of dust on the pachyderm.

The end of the concert really comes too soon. But this can only be an invitation for a new date!
[E.R.]