Lee Ranaldo - 13.09.2018 - Lumiere (Pisa)
Immagini, per lo più sgranate. Suoni, per lo più noise e lavorati. Parole, un fiume di frammenti personali. Il risultato? Più di due ore di videoproiezioni, concerto e chiaccherata con un musicista che è parte della storia della musica, che insieme a Kim Gordon, Thurston Moore e Steve Shelley ha fondato un genere musicale seminale, che ha registrato sotto major e ha suonato nelle più grandi arene in tutto il mondo, e - a 60 anni - ti guarda con due occhi enormi da bambino, dal palco di un piccolo storico ex cinema, in una piccola città dello stivale, e ancora ti emoziona e ti sorprende. Perché le canzoni da solista di Lee Ranaldo sono poesie messe in musica. Hanno la bellezza e semplicità delle filastrocche. E al tempo stesso la potenza e la profondità di un background musicale (passato e presente) come pochi altri possono vantare. La modulazione e trasformazione della materia sonora sono impressionanti: con "soltanto" la sua chitarra, gli effetti, l'archetto, le bacchette della batteria, le campanelle tibetane e lo smartphone, Lee Ranaldo riempe tutto il palco e tutta la sala. E' uno, ma potrebbe essere un'intera band. Non manca niente. L'altro elemento che colpisce, è la sua voce. Diversissima da come si è abituati a sentirla negli album dei Sonic Youth, dal vivo - ancor più che su disco - colpisce per la sua pienezza e purezza, per quella nota solo a tratti malinconica, più spesso sognatrice, con cui dà vita ai suoi testi.
Se la scaletta del concerto è tutta incentrata sul suo ultimo album (Electric Trim) - aprendosi con la stupenda Moroccan Mountains e concludendosi con l'altrettanto intensa Thrown over the Wall - la prima e l'ultima parte del set spaziano invece su ciò che Lee Ranaldo è stato e su ciò che potrebbe/vorrebbe essere in futuro. Le video proiezioni si aprono con Glenn Branca (fra i principali motori della no wave newyorkese) e nella loro totalità si concentrano su un'idea, che è commistione di arte e musica, ricerca del rumore e del suono come espressione di uno stato dell'anima, di un sentire che diventa materia tangibile, da vedere ed ascoltare. La chiaccherata verte (inevitabilmente?) sui Sonic Youth, e su cosa hanno rappresentato e rappresentano ancora per Lee Ranaldo. Ma si sofferma anche sulle sue origini come artista visuale (mai abbandonate) e sulle ricerche e attività musicali presenti. Sulla carriera solista e sulla lavorazione del prossimo album. Sembra annullato il confine fra palco e platea. Sembra che potresti continuare ad ascoltarlo - e a parlarci - all'infinito. E forse potrebbe davvero essere così. Di fatto, alla fine di tutto, Lee Ranaldo è nell'ingresso a fare due parole con tutti quelli che vogliono fermarsi un attimo. Autografa libri e scambia battute. Ed invita anche chi ne ha voglia ad accompagnarlo a fare un giro in Piazza dei Miracoli.
Ok, è evidente. Così come sono una grande fan dei Sonic Youth, lo sono altrettanto di Lee Ranaldo. In realtà il mio entusiasmo è frutto della mia sorpresa. Da un musicista come lui ti aspetti sicuramente un bel concerto e una bella performance. Ma quello a cui ho assistito è stato qualcosa di più. E' un po' il sogno "romantico" di chi vorrebbe che un artista fosse ancora un essere umano, pieno di entusiasmo e voglia di sperimentare e comunicare, anche dopo quasi quarant'anni di carriera e dopo il successo mondiale. Questo è quello che è accaduto ieri sera, per me. Ed è un'esperienza davvero rara e preziosa.
[E.R.]
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Lee Ranaldo - 09.13.2018 - Lumiere (Pisa)
Images, mostly grainy. Sounds, mostly noisy and processed. Words, a river of personal fragments. The outcome? More than two hours of video projections, concert and chat with a musician who is part of the history of music, who together with Kim Gordon, Thurston Moore and Steve Shelley founded a seminal music genre, who recorded under majors and played in the biggest arenas all over the world, and - at the age of 60 - looks at you with two huge eyes as a child, from the stage of a small historical former cinema, in a small town of the Italian boot, and still moves you and surprises you. Because Lee Ranaldo's solo songs are poems set to music. They have the beauty and simplicity of nursery rhymes. And at the same time the power and depth of a (past and present) musical background as few others can boast. Modulation and transformation of the sound matter are impressive: with "only" his guitar, the effects, the bow, the drumsticks, the Tibetan bells and the smartphone, Lee Ranaldo fills the whole stage and the whole hall. He is one, but it could be an entire band. Nothing is missing. The other striking element is his voice. Really different from how we are used to hearing it in Sonic Youth albums, live - even more than on record - it is impressive for its fullness and purity, for that only at times melancholic, more often dreamy, note with which he gives life to his lyrics.
If the setlist of the concert is all focused on his latest album (Electric Trim) - opening with the beautiful Moroccan Mountains and ending with the equally intense Thrown over the Wall - the first and the last part of the set range instead from what Lee Ranaldo was to what he could/would like to be in the future. Video projections open with Glenn Branca (among the main driving forces of New York no wave) and in their entirety they focus on an idea, which is a mixture of art and music, research of noise and sound as an expression of a state of the soul, of a feeling that becomes tangible matter, to be seen and heard. The chat is (inevitably?) about Sonic Youth and what they represented and still represent for Lee Ranaldo. But he also dwells on his (never abandoned) origins as a visual artist and on present musical researches and activities. On his solo career and on the making of the next album. The boundary between stage and audience seems to have been canceled. It seems you could continue to listen to him - and talk to him - endlessly. And maybe it could really be like this. Indeed, at the end of it all, Lee Ranaldo is in the hall talking with everyone who wants to stop with him for a moment. He autographs books and makes small chats. And he also invites people to accompany him to Piazza dei Miracoli to see the leaning tower.
Well, it's evident. As I am a big fan of Sonic Youth, so I am of Lee Ranaldo. To be honest, my enthusiasm is the result of my surprise. From a musician like him you surely expect a great concert and a great performance. But what I witnessed was something more. It is a bit like the "romantic" dream of those who would like an artist to be still a human being, full of enthusiasm and desire to experiment and communicate, even after almost forty years of career and after worldwide success. This is what happened last night for me. And it is a truly rare and precious experience.
[E.R.]
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