Cult of Luna – A Dawn to Fear
(Metal Blade, 2019)
Per anni ho ascoltato musica, letto libri e guardato film di fantascienza distopica, consapevole che questa possedesse una capacità d’analisi della realtà e dei suoi possibili sviluppi futuri. Ma, sinceramente, finché la vita quotidiana non si è trasformata nella sceneggiatura di un film di John Carpenter - o David Cronenberg - e non ha assunto le atmosfere apocalittiche dei dischi di Neurosis, Isis o Cult of Luna, non pensavo che tutto questo potesse realizzarsi in modo letterale. Essendosi dimostrate quasi premonitrici, le riflessioni e gli interrogativi sollevati da questi visionari necessitano più che mai, proprio adesso, di essere ascoltate. Così immergersi nei quasi 80 minuti di A Dawn to Fear, ultimo disco dei Cult of Luna, non è solo catartico, ma proprio formativo. “Il cielo sopra il porto era del colore di uno schermo televisivo sintonizzato su un canale morto”. Così inizia il Neuromante di William Gibson, e con questa atmosfera si apre il disco. Messe parzialmente da parte le visioni spaziali di Vertikal e Mariner, la band svedese crea un universo grigio fatto di riff di cemento armato, dissonanze metalliche e ampie vetrate che osservano una città deserta. Una città che si affaccia sul mare - talvolta tempestoso, talvolta così calmo da sembrare in attesa della bufera. Nel perfetto equilibrio tra potenza esplosiva e contemplazione malinconica, tra oppressione insostenibile e speranza di riscatto, sta lo splendore di questo album. Non un concept album, a discapito dell’organicità narrativa dell’insieme, ma otto lunghe riflessioni su una realtà oscura e sul desiderio bruciante di affrontarla in modo attivo, senza farsi travolgere da essa. Una delle opere più affascinanti della band, e indubbiamente una delle più attuali. “We break the silence with our heartbeats”.
[R.T.]
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Cult of Luna – A Dawn to Fear
(Metal Blade, 2019)
For years I've been listening to music, reading books and watching dystopian science fiction movies, aware that these possessed an ability to analyze reality and its possible future developments. But honestly, until everyday life turned into the script of a John Carpenter's - or David Cronenberg's - movie and took on the apocalyptic atmospheres of Neurosis, Isis or Cult of Luna records, I didn't think all this could become literally real. Having proved almost premonitory, right now the reflections and questions raised by these visionaries need more than ever to be listened to. So, diving into the almost 80 minutes of A Dawn to Fear, Cult of Luna latest album, is not only cathartic, but really formative. "The sky above the port was the color of television, tuned to a dead channel". This is how William Gibson's Neuromancer begins, and with this atmosphere the album opens itself. Partially put aside the space visions of Vertikal and Mariner, the Swedish band creates a gray universe made of reinforced concrete riffs, metallic dissonances and large windows staring at a deserted city. A city overlooking the sea - sometimes stormy, sometimes so calm that it seems to be waiting for the storm. In the perfect balance between explosive power and melancholy contemplation, between unsustainable oppression and hope of liberation, there lies the splendor of this album. Not a concept album, at the expense of the narrative organicity of the whole, but eight long reflections on a dark reality and the burning desire to face it actively, without being overwhelmed by it. One of the most fascinating works of the band, and undoubtedly one of the most current. “We break the silence with our heartbeats”.
[R.T.]
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