Tuna de Tierra - Tuna de Tierra
(Argonauta Records, 2017)
Il peyote fa capolino, timidamente, dalla sabbia del deserto. Se i suoi semi sono stati considerati la porta per comunicare con le divinità per alcune culture di nativi americani dediti allo sciamanesimo, le sue radici sono così profondamente conficcate nel terreno da esser ammirate per la caparbia capacità di sopravvivere in un ambiente estremo come quello arido e desolato del Centro America. Il trio napoletano Tuna de Tierra ci fa assaporare le proprietà (sia lisergiche, sia di resistenza a testa alta in un ambiente sovraffollato come quello stoner) del cactus più noto della cultura psichedelica, con un disco in cui il tempo si dilata e il confine tra l'Io e l'ambiente si sfuma. Ispirandosi a tale pianta sia per il loro nome, sia per la copertina del full lenght d'esordio, i Tuna de Tierra ci regalano un desert rock che ondeggia come nubi di sabbia sollevate dal vento caldo, e solo a tratti assume le forme rocciose e pesanti dello stoner rock di scuola Kyuss, mantenendo più spesso quelle rilassate e serafiche dei Colour Haze. La dose di mescalina assunta non è elevata, e l'effetto indotto dalla band è leggero, morbido ed avvolgente. Più che essere abbagliati dal Sole rovente in un mezzogiorno di fuoco, siamo riscaldati dai suoi tiepidi raggi al crepuscolo, mentre la roccia lentamente si tinge di rosso. E nell'intreccio di arpeggi liquidi, si respira perfino l'aria fresca di una sorgente d'acqua. Manca giusto qualche granello di polvere in più nelle corde vocali del cantante per rendere perfetto questo album musicalmente affascinante, viaggio (volutamente) senza meta attraverso la vastità dei deserti centroamericani.
[R.T.]
***
Tuna de Tierra - Tuna de Tierra
(Argonauta Records, 2017)
Peyote peeps out shyly from the desert sand. If its seeds were considered the gateway to communicate with deities by some Native American cultures dedicated to shamanism, its roots are so deeply embedded in the ground that they are admired for the stubborn ability to survive in an extreme environment like the arid desolate Central America. Neapolitan trio Tuna de Tierra makes us taste the properties (both lysergic and of proud resistance in an overcrowded environment such as the stoner one) of the best known cactus of the psychedelic culture, thanks to an album in which time expands itself and the border between the ego and the environment fades. Inspired by this plant both for their own name and for the cover of their debut full lenght, Tuna de Tierra give us a desert rock that sways like sand clouds raised by the hot wind, and only occasionally takes the rocky heavy shapes of the stoner rock of Kyuss school, keeping more often those relaxed and seraphic ones typical of Colour Haze. The dose of mescaline is not high, and the effect induced by the band is light, soft and enveloping. Rather than being dazzled by the burning sun in a noon of fire, we are warmed by its lukewarm rays at sunset, while the rock slowly turns red. And in the intertwining of liquid arpeggios, you can even breathe the fresh air of a source of water. Just a few grains of dust are missing in the vocal cords of the singer to make perfect this musically fascinating album, (deliberately) aimlessly travel through the vastness of Central American deserts.
[R.T.]
Nessun commento:
Posta un commento