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venerdì 7 aprile 2017

Ahab - The Boats of the Glen Carig


Ahab – The Boats of the Glen Carig 
(Napalm Records, 2015)

Profondità abissali. Oscure fosse oceaniche abitate da spaventose creature, sconosciute alla superficie. Fin dal loro esordio, gli Ahab si sono immersi in queste acque creando una personalissima visione del doom più funereo e cosmico, orientata ad un’onirica discesa in racconti di paure ancestrali e di perenni lotte tra uomo e natura. Con The Boats of the Glen Carig la band tedesca prosegue il percorso di maturazione, dipingendo un vero e proprio universo sommerso, più articolato e complesso rispetto al passato (come ben dimostra la psichedelica e intricata copertina, degna di un fumetto). Il monolitico e possente impatto dei riff - gonfi come le onde del mare aperto - si trasforma spesso in una calma piatta misteriosa, sorta di ondeggiare alla deriva di arpeggi puliti e delicati assoli (tanto cristallini quanto caldi) che ricordano i migliori Opeth degli anni '90. Con l’alternanza tra growl cavernoso e dolente voce pulita, Daniel Droste mette drammaticamente in musica il racconto horror scritto nei primi anni del 900 da William Hope Hodgson, in cui una ciurma si ritrova alla deriva su due scialuppe dopo l’affondamento della propria nave, costretta ad affrontare un ignoto destino. I tedeschi pescano nel mare del metal progressivo, abbinando la sua ricercatezza melodica e atmosferica alla mostruosa pesantezza del doom più dilatato e allucinogeno. Un viaggio non così asfissiante ed estremo come quelli degli esordi, bensì vario, fantasioso e avventuroso, in cui la band mostra maturità compositiva e un affascinante utilizzo delle dinamiche. Un viaggio attraverso "tempeste perfette" di distorsione e attimi di surreale "bonaccia" atmosferica, con lo sguardo al di là dell'orizzonte imposto dai generi di riferimento.
[R.T.]

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Ahab – The Boats of the Glen Carig 
(Napalm Records, 2015)

Abyssal depth. Dark ocean trenches inhabited by scary creatures, unknown to the surface. Since their debut, Ahab immersed themselves in these waters, creating a personal vision of the most funeral and cosmic doom, oriented to a dreamy descent into tales of ancestral fears and perennial struggles between man and nature. With The Boats of the Glen Carig the German band continues the maturation process, painting a more articulated and complex submerged universe (as demonstrated by the psychedelic and intricate cover, worthy of a comic). The monolithic and powerful impact of the riffs - puffy like the waves of the open sea - often turns into a mysterious calm, kind of drifting sway of clean arpeggios and delicate solos (both crystalline as warm) reminiscent of the best Opeth of the 90s. With the alternation between cavernous growl and sorrowful clean vocals, Daniel Droste dramatically puts into music the horror story written in the early 20th century by William Hope Hodgson, in which a crew finds himself drifting on two lifeboats after the sinking of his ship, forced to face an unknown fate. The Germans fish in the sea of progressive metal, combining its melodic atmospheric taste with the monstrous heaviness of the most dilated and hallucinogenic doom. A trip which is not so suffocating and extreme as those of their early years, yet varied, imaginative and adventurous, and in which the band shows compositional maturity and a charming use of dynamics. A journey through "perfect storms" of distortion and moments of surreal atmospheric "calm sea", looking beyond the horizon imposed by the genres of reference.
[R.T.]

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