[Whores + Amenra + Elder + Acid King + The Devil and the Almighty Blues + Castle + Ancestors]
Iniziamo il terzo giorno di Desertfest con estremo relax nel giardino del Trix, per gustarci il clima primaverile. Il nostro primo concerto giornaliero, poco dopo le 16 sul palco principale, mantiene lo stato di delicato torpore che si è impossessato di noi. Gli Ancestors infatti ci offrono lunghi brani psichedelici nei quali sono evidenti i riflessi shoegaze e post rock (accentuati dalla voce efebica del tastierista), e che solo dopo un paio di brani iniziano a dilatarsi secondo traiettorie spaziali più robuste, affini a quelle che avevano reso il loro disco d’esordio (Neptune with Fire, 2008) un gioiello heavy psych. Una band in grado di creare vasti e affascinanti paesaggi sonori, ma anche di immergersi in un’intimità estremamente tenera e romantica (durante il concerto il bassista fa partire una videochiamata con il suo smartphone per far assistere moglie e figli allo spettacolo!).
Non c’è invece spazio per il romanticismo al piano di sopra, nel Canyon Stage. Qui i Castle ci sparano in faccia un heavy metal old school davvero potente! Niente fronzoli ipertecnici, ma purissimo e grezzissimo metallo anni ‘80, ricco di tiro e divertimento! Il power trio di San Francisco è capitanato da Elizabeth Blackwell, una sorta di Tom Araya al femminile, tanto sexy quanto irrefrenabile! Ideale di donna metallara, istantaneamente! Ma oltre all’incontenibile energia sprigionata dalla bassista/cantante, ci sono i riff di Mat Davis ad esaltarci e a ricordarci che, sotto sotto, siamo sempre dei metallari pronti ad alzare le corna al cielo!
Torniamo al Canyon Stage per un assaggio di The Devil and the Almighty Blues. Un’introduzione a base di gospel ci porta nel cuore del delta del Mississippi, dove questi norvegesi dimostrano di essersi fatti una cultura musicale. Il loro blues rock, per quanto rotondo, è costituito da riff massicci e da una sezione ritmica davvero trascinante, decisamente stoner. Con i muscoli sempre in mostra, rispetto alla più morbida versione studio. E’ proprio il caso di dirlo, nomen omen est.
Sul Desert Stage sale poi la regina Lory che, con i suoi Acid King, dilata a suo piacimento la percezione del tempo di tutti i presenti. Riff gommosi e grassi che paiono scorrere sempre più lentamente, lasciandoci storditi. Il ritorno alla realtà è obbligato da una serie di sfortunati inconvenienti: la testata del basso si brucia e poi la cinghia della chitarra si spacca. Ma il trio non batte ciglio e continua inarrestabile con il suo stoner doom acido e sulfureo (Lory per qualche minuto continua a cantare senza chitarra, in attesa della riparazione della cinghia… e anche così, con soltanto la sezione ritmica di supporto, spacca comunque!). Inaspettatamente umani, gli Acid King ci accompagnano per mano attraverso lo spazio siderale.
Rimaniamo nella sala principale perché è il turno di una delle band che attendiamo maggiormente: gli Elder. Dopo il loro straordinario concerto al Desertfest londinese del 2016 non li avevamo più visti dal vivo, e, nel frattempo, hanno inserito in formazione un secondo chitarrista (Michael Risberg) che arricchisce il complesso rock progressivo della band americana senza mai indebolirne l’energia straripante. Dopo aver aperto il concerto con le mazzate di Dead Roots Stirring, la scaletta mostra splendidi riflessi pinkfloydiani orientandosi sull’ultimo disco (Reflections of a Floating World). La musica di Nick DiSalvo & Co. è una cascata che travolge tutto ciò che incontra fino a modellare la roccia della montagna a suo piacimento. Nel monolitico mondo stoner è meraviglioso rimanere ancora sorpresi da esplosioni di fantasia come quelle generate dagli Elder!
Amenra: immensi! Le percussioni metalliche, immerse in un silenzio quasi surreale, esplodono sotto la pressione delle distorsioni con una potenza impressionante, dalla quale è meraviglioso lasciarsi travolgere. Volumi mastodontici e annichilenti. Eppure tutto risuona perfettamente chiaro, cristallino, calibrato. Lancinanti e commoventi, i 75 minuti del concerto della band belga volano via in un attimo. E alla fine del rito (più che un semplice concerto, sembra di assistere ad una funzione religiosa) si è svuotati, purificati e ricaricati. Se nel 2017 al Roadburn ci avevano sorpreso e a febbraio scorso a Bologna ci avevano esaltato, oggi ci hanno letteralmente commosso, come solo i Neurosis erano riusciti a fare prima di loro.
Dopo un concerto di tale livello siamo completamente svuotati, e saliamo al Canyon Stage senza l’intenzione di ascoltare altro. Ma basta il suono abrasivo della chitarra dei Whores per proiettarci nelle prime file. Riff serrati e compatti, ma anche laceranti, sincopati e ossessivi, secondo i dettami della Amphetamine Reptile. Per chi adora l’energia convulsa degli Helmet, non poteva esistere conclusione migliore di serata. Il trio di Atlanta non fa prigionieri, e travolge tutto quel che rimaneva da buttar giù e mettere al tappeto. Con lo stage diving del bassista e con la chitarra gettata in pasto al pogo delle prime file si conclude il vulcanico ultimo concerto del festival. Un concerto di energia pura che conferma, per la terza serata di fila, quanto quest’anno le 3 bands post-headliner che si sono esibite al Canyon Stage siano state di altissimo livello!
Senza più una goccia di energia in corpo, salutiamo il Trix augurandoci di poter tornare l’anno prossimo per una nuova, esaltante, edizione del nostro festival preferito!
[E.R.+R.T.]
Desertfest Antwerp 2018 – Day 3
[Whores + Amenra + Elder + Acid King + The Devil and the Almighty Blues + Castle + Ancestors]
We start our third day at Desertfest with extreme relaxation in the Trix garden, to enjoy the spring weather. Our first concert, shortly after 4pm on the main stage, maintains the state of delicate torpor that has taken possession of us. Indeed Ancestors offer us long psychedelic songs in which shoegaze and post rock reflexes (accentuated by the ephebic voice of the keyboard player) are evident, and that only after a couple of tracks begin to expand according to more robust spatial trajectories, similar to those that had made their debut album (Neptune with Fire, 2008) a heavy psych jewel. A band able to create vast fascinating soundscapes, but also to immerse itself in an extremely tender and romantic intimacy (during the concert the bassist starts a video call with his smartphone to let his wife and children assist the show!).
There is no room for romance upstairs, in the Canyon Stage. Here Castle shoot us in the face a really powerful old school heavy metal! No hyper-technical riffs, but pure and raw 80s metal, rich in groove and fun! San Francisco power trio is captained by Elizabeth Blackwell, a sort of female Tom Araya, as sexy as irrepressible! Ideal of metal woman, instantly! But in addition to the uncontrollable energy unleashed by the singer/bass player there are Mat Davis’ riffs exalting and reminding us that, deep down, we are always metalheads ready to raise horns to the sky!
We go back to the Canyon Stage for a taste of The Devil and the Almighty Blues. A gospel-based introduction takes us into the heart of the Mississippi delta, where these Norwegians prove to have made their musical culture. For how much round, their blues rock consists of massive riffs and a really enthralling, definitely stoner, rhythm section. With the muscles always on display, compared to the softer version of recordings. Well, we really have to say nomen omen est.
On Desert Stage there is queen Lory with her Acid King expanding at her own will the perception of time of all present. Gummy fat riffs seem to run more and more slowly, leaving us stunned. The return to reality is forced by a series of unfortunate setbacks: the head of the bass burns and then the strap of the guitar splits. But the trio does not bat an eyelid and continues unstoppable with its acid and sulphurous stoner doom (Lory for a few minutes continues to sing without guitar, waiting for the repair of the strap ... and even so, with only the rhythm section to support her, she is a real blast! ). Unexpectedly human, the Acid King accompany us through the sidereal space.
We remain in front of the main stage because it is the time of one of the bands that we wait most: Elder. After their extraordinary concert at Desertfest London in 2016, we had not seen them live anymore, and in the meantime, they add to their lineup a second guitarist (Michael Risberg) who enriches the complex progressive rock of the American band without ever weakening its overflowing energy. After opening their show with the mighty Dead Roots Stirring, the setlist shows beautiful pinkfloydian reflections focusing on the latest album (Reflections of a Floating World). The music composed and played by Nick DiSalvo & Co. is a waterfall sweeping away everything it meets on its way up to the point of shaping the rock of the mountain to its content. In the monolithic stoner world it is wonderful to be still surprised by creativity explosions like those generated by Elder!
Amenra: immense! Immersed in an almost surreal silence, metal percussions explode under the pressure of distortions with an impressive power, from which it is wonderful to be overwhelmed. Mastodontic and annihilating volumes. Yet everything resounds perfectly clear, crystalline, calibrated. Lancinating and moving, the 75 minutes of the Belgian band concert fly away in a moment. And at the end of the ritual (more than a simple concert, it seems to attend a religious function) we feel emptied, purified and recharged. If in 2017 at Roadburn they had surprised us and last February in Bologna February they had exalted, today they literally moved us, as only Neurosis had managed to do before them.
After a concert of such a level we are completely emptied, and we go up to the Canyon Stage with no real intention to listen to anything else. But the abrasive sound of Whores guitar projects us into the first rows. Tightened compact riffs, but also tearing, syncopated and obsessive according to the dictates of the Amphetamine Reptile. For those who love Helmet convulsive energy, there could not be a better ending to this evening. The Atlanta trio does not take prisoners and devastates all that was left to be thrown down and knocked out. With the bassist's stage diving and with the guitar thrown into the mosh of the first rows, the last volcanic concert of the festival ends. A concert of pure energy that confirms, for the third night in a row, how much this year the 3 post-headliner bands performing on the Canyon Stage were of the highest level!
Without a drop of energy in the body, we salute the Trix, wishing we can return next year for a new, exciting edition of our favourite festival!
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