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lunedì 23 ottobre 2017

Desertfest Antwerp 2017 - Day 2

 

Desertfest Antwerp 2017 - Day 2
[Graveyard + Windhand + Beastmaker + Unsane + Church of the Cosmic Skull + White Manna + Stoned Jesus + The Vintage Caravan]

Il Sole splende e fa ancora più caldo di ieri, ed inauguriamo questa seconda - densissima!!! - giornata di Desertfest con The Vintage Caravan. Ed è un inizio col botto! Verranno anche da un luogo gelido come l'Islanda, ma la loro musica è bruciante di energia e passione. Con un mix azzeccatissimo di psichedelia e hard rock esplicitamente vintage, fatto di riff carichi di tiro, di fraseggi funambolici e di alcune melodie davvero catchy fatte apposta per conquistarti al volo, il trio di Reykjavík riesce ad entusiasmare il gremitissimo main stage del Trix. Ed è davvero impossibile riuscire a restare immobili e non farsi trascinare dall’energia positiva di questa band!

La seconda band di quest'oggi sono gli ucraini Stoned Jesus. Stoner doom di matrice sabbathiana con una sensibilità melodica da band alternativa degli anni '90, con un cantato dalla forte connotazione osborniana. Melodie che sembrano provenire dal “giardino del suono” di Seattle e che trovano spazio tra riff potenti e possenti, rallentati e chirurgici nella loro precisione. E se vogliamo trovare una "pecca" al trio di Kiev, forse è proprio la mancanza di un po' di imprevedibilità e di un pizzico di improvvisazione in più, che renderebbe la loro musica ancor più viva e fluida. 

Cambio drastico di rotta nel passaggio al Vulture Stage dove i White Manna ci rapiscono con la loro psichedelia dall'alto tasso di acidità, assolutamente libera da strutture rigide. Riffs liquidi e spaziali, che talvolta si arroventano in dissonanze noise che diventano veri e propri muri di suono al di sopra del tappeto - portante - di synth dall'atmosfera cosmica. Voci sdoppiate a rendere ancora più alienante questo fiume in piena di suoni e sensazioni. Un vero trip.

E per non farsi mancare nulla quanto a delirio, i Church of the Cosmic Skull sono senz'altro la scelta giusta. Completamente di bianco vestiti, salgono sul Canyon Stage accompagnati da proiezioni di arcobaleni e con voce meccanica fuori campo a scandire ammonimenti fra il liturgico ed il lisergico. Con una profusione di voci e cori, con una moltitudine di suoni (fra cui hammond e violoncello elettrico), storditi dai mille colori delle luci e delle proiezioni, la sensazione è quella di essere di fronte ad una comune di freakettoni, moderni The Mamas & The Papas dello psych-prog. Davvero un'esperienza atipica!

Lo shock termico del passaggio da questa festa feliciona all'ultra-violenza all'Arancia Meccanica degli Unsane è notevole. Il trio di New York annichilisce il pubblico del Desert Stage con i suoi pezzi taglienti, sferzanti, potenti e - al tempo stesso - impeccabili. Non un cedimento nella voce di Chris Spencer, né in quella di Dave Curran. Non una sbavatura negli intrecci di dissonanze rugginose, figuriamoci nel controllo di feedback e rumore. Chirurgici. Un'ora di post-hardcore dall'alto contenuto di ferocia. Una band con 30 anni di carriera, ma che è icona del presente.

Dopo il gelo dell’acciaio da sala operatoria, è il turno del calore del metallo fuso, secondo la ricetta alchemica del doom più tradizionale. Non vogliamo perderci un assaggio di Beastmaker, e quindi corsa al piano superiore, nel Canyon Stage. Nella metà di concerto che sentiamo, la band di Fresno propone solo brani dal nuovo Inside the Skull e la resa dal vivo è veramente notevole. Orgogliosamente di genere, la band americana possiede un groove tipicamente stoner in un contesto di doom sepolcrale di matrice sabbathiana, con strizzatine d’occhio all’horror rock. Riff e melodie tanto polverosi quanto coinvolgenti. Da non perdere!

E approfondiamo il livello di doom con la travolgente potenza della lentezza dei Windhand. Una lentezza a tratti sfinente, ma al tempo stesso emozionante grazie al cantato straniante e stordente di Dorthia Cottrell (dal vivo meno psichedelico e più oscuro rispetto alle registrazioni in studio). E se i suoni all'inizio non sono perfetti, la loro messa a punto rivela la pienezza e pesantezza di una musica degna del migliore stregone elettrico, e - su tutti - risalta il basso di Parker Chandler e gli assoli spaziali della chitarra di Garrett Morris. Più di metà set dedicato al bellissimo ultimo album - Grief's Infernal Flower - per un live di grande fascino ed impatto.

La smania di riuscire a sentire il numero più alto possibile delle bands che avevamo inserito nella nostra wishlist, ci ha fatto fare un po' di corse e un po' di tappe forzate. Riusciamo quindi a ritagliarci una piccola pausa di relax giusto prima degli headliner di stasera.

L'anno scorso avevano dato forfait all'ultimo, lasciando organizzatori e partecipanti a bocca asciutta. Quest'anno i Graveyard rimediano, tornando a campeggiare a lettere cubitali nel ricco bill, con un nuovo batterista e in tutta la loro grandezza. Salgono sul palco in punta di piedi con le delicate note di Slow Motion Countdown, e riescono a suonare travolgenti anche con molti pezzi lenti e d’atmosfera. Le loro canzoni di matrice sessantiana e settantiana, la cui struttura si è nutrita e si nutre però dei suoni del presente, sono l’apice della giornata, e dimostrano quanto questa band sia tutt’altro che morta. E se tutti sono grandissimi musicisti, la voce di Joakim Nilsson svetta per la sua bellezza e potenza, riecheggiando in alcuni momenti quella di Robert Plant. Un concerto davvero incredibile, che chiude nel migliore dei modi questa seconda giornata di festival!
[E.R. + R.T.]

 
 

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Desertfest Antwerp 2017 - Day 2
[Graveyard + Windhand + Beastmaker + Unsane + Church of the Cosmic Skull + White Manna + Stoned Jesus + The Vintage Caravan]

The Sun shines and the air is even warmer than yesterday, and we inaugurate this second - full packed!!! - day at Desertfest with The Vintage Caravan. And it's a start with the bang! They come from a frosty place like Iceland, but their music is burning with energy and passion. With a really inspired mix of psychedelia and vintage hard rock, made of groovy riffs, great phrasings and some really catchy tunes made to win you over at first listening, the Reykjavik trio thrills the incredibly crowded main stage of Trix. And it is really impossible to stand still and not to be dragged from the positive energy of this band!

The second band today are the Ukrainian Stoned Jesus. Stoner doom of Sabbath matrix with the melodic sesitivity of 90s alternative bands, with vocals with strong osbornian connotation. Melodies that appear to come from Seattle "garden of sound" and find their place among powerful and heavy riffs, slow and surgical in their precision. And if we want to find a "flaw" in the Kiev trio, maybe it's just a lack of some unpredictability and of a bit of extra improvisation that would make their music even more vivid and fluid.

Drastic change of direction in the passage to Vulture Stage where White Manna enchant us with their extremely acid psychedelia, absolutely free from rigid structures. Liquid and spatial riffs, which sometimes result in noise dissonances that become real walls of sound above the - load-bearing - carpet of synths of cosmic atmosphere. Splitted voices to make this flood of sounds and sensations even more alienating. A real trip.

And in order to avoid a lack of delirium, Church of the Cosmic Skull is undoubtedly the right choice. Completely white dressed, they get on Canyon Stage accompanied by rainbow projections and mechanical voice-over articulating warnings of both liturgical and lysergic nature. With an abundance of voices and choirs, with a multitude of sounds (including hammond and electric cello), stunned by the many colors of lights and projections, the sensation is to be in front of a freak community, modern The Mamas & The Papas of the psych-prog. A really atypical experience!

The thermal shock of the transition from this ultra-happy party to the A-Clockwork-Orange-ultra-violence of the Unsane is really remarkable. The New York trio annihilates Desert Stage audience with its cutting, lashing, powerful and - at the same time - impeccable songs. Not a yielding in Chris Spencer's voice, nor in Dave Curran's one. Not a flaw in the interweaving of rusty dissonances, not a flaw in the control of feedback and noise. Surgical. One hour of post-hardcore with an elevated content of ferocity. A band with 30 years of career, but that is icon of the present.

After the freezing chill of operating room steel, it is the turn of the molten metal heat, according to the alchemical recipe of the most traditional doom. We do not want to miss a taste of Beastmaker, and so we run upstairs in the Canyon Stage. In the half concert we listen to, the band from Fresno plays only songs from the new Inside the Skull and their live performance is really remarkable. Proudly genre-related, the American band possesses a typically stoner groove in a context of burial doom of sabbathian matrix, with winking at horror rock. Riffs and melodies so much dusty as engaging. Not to be missed!

And we deepen the level of doom with the overwhelming power of Windhand slowness. At times exhausting, but at the same time exciting, thanks to the alienatine and stunning singing of Dorthia Cottrell (a little less psychedelic and a bit darker than in studio recordings). And if at the beginning sounds are not perfect, their tuning reveals the fullness and weight of a music worthy of the best electric wizard, and - on everyone - stand out for Parker Chandler's bass guitar and Garrett Morris's guitar space solos. More than half of the set dedicated to their beautiful latest album - Grief's Infernal Flower - for a live of great fascinaition and impact.

The desire to be able to listen to the highest number of bands we had included in our wishlist, made us run and left us with a few stops. Then we manage to have a little relaxation just before tonight headliners.

Last year they cancelled the show at the last moment, leaving organizers and participants empty-handed. This year Graveyard fix it, with their name in foreground in the rich bill, with a new drummer and in all their greatness. They get on stage on tiptoe with the delicate notes of Slow Motion Countdown, and they sound overwhelming even playing many slow atmospheric pieces. Their songs of 60s and 70s matrix, whose structure has been nourished and is nourished by the sounds of the present, are the peak of the day, and they show how much this band is no dead at all. And if the whole band is made of great musicians, the Joakim Nilsson voice stands out for its beauty and power, echoing at Robert Plant in a few moments. A truly amazing concert, which closes this second day of festival in the best way possible!
[E.R.+R.T.]
 
 
 
 



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