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domenica 4 giugno 2017

John Garcia - The Coyote Who Spoke in Tongues


John Garcia - The Coyote Who Spoke in Tongues
(Napalm Records, 2017)

Esistono dischi perfetti per determinate occasioni. Io ho trovato il disco perfetto per quelle sere primaverili in cui, uscito da lavoro stanco morto, me ne torno verso casa con la luce del tramonto negli occhi. In una pianura asettica e triste, il Sole rosso che colora le gigantesche strutture delle pale eoliche è una visione a suo modo romantica. Perfetta da abbinare alla musica acustica di The Coyote Who Spoke in Tongues. John Garcia dona nuova luce e nuova vita a classici dei Kyuss (Green Machine, Space Cadet, Gardenia, El Rodeo) tanto perfetti da escludere la possibilità di un loro diverso arrangiamento. Dando loro una nuova veste, invece, Garcia riesce a trasmettere la meravigliosa sensazione provata tanti anni fa ascoltandoli per la prima volta. E, ad esempio, una Green Machine intima e avvolgente stupisce chi la conosceva come una schiacciasassi. Ma anche i brani inediti emozionano grazie alla splendida atmosfera desertica, accentuata da un Garcia che si lancia sulle note alte (come se le sue corde vocali fossero diventate quelle di Cedric Bixler Zavala), mentre la chitarra disegna i contorni del Grand Canyon con un blues rock caldissimo. Sembra di aver intravisto un nuovo orizzonte oltre il quale il Sole rosso possa andare a tuffarsi. E io, nelle sere di primavera, mi faccio guidare da lui, disperso nel deserto ai confini del Messico, alla ricerca di uno sciamano strafatto di peyote.
[R.T.]

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John Garcia - The Coyote Who Spoke in Tongues
(Napalm Records, 2017)

Certain albums are perfect for certain moments. I found the perfect album for those spring evenings when, coming out from work  tired, I drive back home with the sunset light in my eyes. In an aseptic and sad plain, the Red Sun colouring the giant structures of wind turbines is a sort of romantic vision. Perfect to match the acoustic music of The Coyote Who Spoke in Tongues. John Garcia gives new light and new life to Kyuss classics (Green Machine, Space Cadet, Gardenia, El Rodeo) so perfect to exclude the possibility of their rearrangement. By giving them a new "dress", instead, Garcia can convey the wonderful feeling experienced many years ago by listening to them for the first time. And, for example, an intimate captivating Green Machine amazes those who knew it as a steamroller. But even the brand new songs strike a chord through the stunning desert atmosphere accentuated by Garcia singing on high notes (as if its vocal cords had become Cedric Bixler Zavala ones), while the guitar draws the outlines of the Grand Canyon with its burning blues rock. On spring evenings, I let myself to be driven by him, lost in the desert on the borders of Mexico, in search of a peyote stoned shaman.
[R.T.]

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