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sabato 28 novembre 2015

Carcass - Heartwork


Carcass – Heartwork
(Earache, 1993)

Una delle band più importanti nella scena grindcore, i Carcass, fecero il grande salto nella melodia nel 1993. Abbandonate le sonorità estreme e l’immaginario gore, la band inglese compose un capolavoro death metal, con profonda sensibilità melodica. Heartwork è violento e veloce, esplicito e malvagio, ma possiede anche pesanti riff mid tempo e urla spaventose (esclusivamente da parte di Jeff Walker) più oscure e meno putride che in passato. Heartwork è death metal chirurgico e tagliente e – insieme a Individual Thought Patterns – rappresenta il punto più alto di una concezione estremamente tecnica di suonare musica pesante. In quest’album niente è superfluo nonostante la complessità, e la sua combinazione di forza viscerale, ambizione e ricerca melodica cambiò la prospettiva dell’heavy metal, gettando i semi del death metal melodico svedese.
[R.T.]
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Carcass – Heartwork
(Earache, 1993)

One of the most important bands in grindcore scene, Carcass made the great jump into melody in 1993. Abandoned extreme sounds and gore imaginary, the English band composed a masterpiece of death metal, with deep melodic sensibility. Heartwork is violent and fast, explicit and evil, but it has got even heavy mid tempo riffs and dreadful screams (only by Jeff Walker), more obscure and less rotten than in the past. Heartwork is surgical and sharp death metal and - together with Individual Thought Patterns -  it is the peak of a technical way to play heavy music. In this album nothing is superfluous despite the complexity, and its combination of visceral strength, ambition and melodic research changed the perspective of heavy metal, spreading the seeds of Swedish melodic death metal.
[R.T.]

martedì 24 novembre 2015

Hey Colossus - In Black and Gold



Hey Colossus – In Black and Gold
(Rocket Recordings, 2015)

“I passeggeri sono pregati di rimanere seduti, di allacciarsi le cinture e di prepararsi al decollo”. Hold On, brano d’apertura del settimo album degli Hey Colossus, ci avverte che il viaggio è prossimo alla partenza. In realtà il decollo tarda ad arrivare e rimaniamo sospesi in una strana bolla psichedelica, tra gocce ambient, riverberi vocali e pulsazioni cosmiche. L’effetto, indotto soprattutto da ritmi avvolgenti che si muovono al rallentatore, è straniante. Veniamo rimbalzati dall’incedere dub dei brani,e poi fasciati da sinuosi riff space rock (sembra di ascoltare Phase V dei 35007 remixato da Justin Broadrick dopo aver fumato marijuana). Il primo disco della band londinese pubblicato per Rocket Recordings ha lo spirito del kraut rock di 40 anni fa, ma è saldamente ancorato alla modernità - se non addirittura proiettato nel futuro! Soffuso e vaporoso (Sisters and Brothers), è al tempo stesso un disco terreno (vedi Black and Gold, con voce da crooner oscuro) e roccioso (bellissima Sinking, Feeling - perla finale dal sapore doom e slowcore) che ha il suo punto di forza nella gestione della tensione. In Black and Gold non esplode mai e non si lancia verso lo spazio più profondo, ma con la sua costante contemplazione del cosmo si dimostra un disco psichedelico di eccezionale fascino.
[R.T.]
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Hey Colossus – In Black and Gold
(Rocket Recordings, 2015)

“Passengers are kindly requested to be seated, fasten the seat belts and get ready for takeoff”. Hold On, opening track of the seventh Hey Colossus album, warns us that the journey is nearing its start. Indeed take off delays its coming and we remain suspended in a strange psychedelic bubble, among ambient drops, vocal reverbs and cosmic throbbing. The effect - induced by enveloping rhythmic in slow motion - is estranging. We are bounced by the dub gait of the songs, and then swaddled by flexuous space rock riffs (like listening to Phase V by 35007 remixed by Justin Broadrick, after he has smoked marijuana). First album under Rocket Recordings for the Londoner band owns 40 years old kraut rock spirit, but it is firmly anchored to modernity - if not even projected to the future! Suffused and vaporous (Sisters and Brothers), it is at the same time an earthly album (think of Black and Gold, with a dark crooner voice), and sturdy (the beautiful Sinking, Feeling - ending jewel with a taste of doom and slowcore) that has its strength in tension control. In Black and Gold tension never explodes, neither it takes off to the deepest space, but with its constant cosmos contemplation it is an extraordinarily fascinating psychedelic album.
[R.T.]

sabato 21 novembre 2015

Carcass + Obituary + Napalm Death + Voivod – Deathcrusher Tour – Estragon (Bologna) - 17/11/2015


Carcass + Obituary + Napalm Death + Voivod – Deathcrusher Tour – Estragon (Bologna) - 17/11/2015

Il metal vive in un mondo parallelo. Per questo la sua musica ci riporta all’adolescenza e ci esalta come poche altre. Dal punto di vista temporale è su un pianeta in cui il calendario è posizionato a cavallo tra anni 80 e 90, ben prima dell’avvento del terrorismo jihadista nella società occidentale, dal punto di vista spaziale è distante anni luce da Parigi, dove appena 4 giorni prima rispetto alla data italiana del Deathcrusher Tour il concerto degli Eagles of Death Metal è stato sconvolto dalla follia terrorista. Per questo non c’è da stupirsi se 4 band, veterane dei palchi di tutto il mondo, non fanno menzione (eccezion fatta per un vago accenno di Shane Embury dei Napalm Death alla follia delle religioni) a quello che è successo a Le Bataclan. Non stupisce ma suona imperdonabile.
Così come appare imperdonabile, nel surreale clima di psicosi che si respira in questi giorni in tutta Europa, trovarsi ad un concerto rock in un locale di grandi dimensioni come l’Estragon, colmo di persone all’inverosimile, senza un minimo controllo di sicurezza.
Per fortuna la musica in questione ha la capacità di riportarci all’adolescenza, quando i problemi del mondo reale apparivano distanti anni luce. E la grandiosità del bill del Deathcrusher Tour è un vero e proprio viaggio del tempo, che alla fine risulterà a dir poco memorabile.

Perduta la possibilità di ascoltare la band di apertura, gli Herod, per un’ingiustificabile anticipo di circa mezz’ora sull’orario previsto per l’inizio del festival, sono i Voivod a darci il benvenuto all’Estragon. I canadesi, con il loro thrash metal fantascientifico, ci conducono nel mondo parallelo dell’heavy metal facendoci entrare dalla porta principale. Melodicamente alieni e ritmicamente freddi come una macchina, i Voivod dipingono un mondo retrofuturista dalle forme cerebrali e contorte, senza negare il senso dell’umorismo. La loro visione mostra calore umano perché si percepisce il divertimento che i quattro provano suonando, nonostante il tanto tempo trascorso dagli esordi, e la scomparsa di un membro storico come Piggy, salutato con calore da Snake. Esaltante è soprattutto la prestazione alla batteria di Away: potente, ricca di groove e dinamismo. Il loro futuro, visto dal passato, è ancora attuale.

Ai Napalm Death il compito di riportarci nel marciume del pianeta Terra. La band inglese si presenta sul palco senza il cantante “Barney” Greenway, ma quella che potrebbe apparire come una delusione, si dimostra invece una felicissima scoperta. Il suo sostituto Chris Reese (dei Corrupt Moral Altar) ha polmoni da vendere, e non si stanca di urlare tutta l’energia che ha in corpo (che è molta) sul pubblico. Il ragazzino è pienamente a suo agio sul palco, e riesce in un compito apparentemente impossibile. Quello che non convince dei Napalm Death sono i suoni, talmente compressi e privi di medie frequenze da rendere difficile sostenere il loro assalto sonoro. Che queste sonorità, più vicine all’industrial che al classico grindcore, siano maggiormente affini alla musica recente della band è evidente, ma un non perfetto bilanciamento dei suoni finisce per indebolire l’altrimenti inarrestabile violenza della band.

Di ben altro livello il bilanciamento dei suoni degli Obituary, a dir poco straordinario. Pesantissimo, poderoso, marcio, il suono degli Obituary è perfetto per valorizzare la musica di una band in grandissima forma. Confermando l’esaltazione che aveva suscitato con il suo concerto dell’estate del 2014 a Pisa, la band della Florida risulta la più strabiliante della serata, e ci trasporta in un mondo fumettistico fatto di orrori assortiti. La voce di John Tardy è fangosa e vomitevole come agli esordi, ma con una potenza ancor più devastante. Gli assoli ricchi di delay sembrano provenire da una delle dimensioni parallele immaginate da Lovecraft, e suonano mistici e stranianti, in tutta quella colata di fangose distorsioni. Una batteria pesantissima trascina i riff della band, che quando abbandonano le sfuriate per rallentare, sembrano impantanare lo spettatore nelle sabbie mobili. Memorabile.

Quello che si abbatte subito dopo, sull’Estragon, è una vera e propria rasoiata, che si contrappone alla mastodontica pesantezza degli Obituary. La tagliente musica dei Carcass è suonata da chirurghi infallibili (per la precisione nell’esecuzione) e serial killer morbosamente implacabili (per la perversione delle melodie). Come dei folli Victor Frankenstein, gli inglesi hanno nel tempo scomposto e ri-assemblato la musica pesante, attraverso dischi epocali di efferata brutalità e magnifica eleganza. Nel 2015 non hanno più niente dello humour nero degli albori grind né del divertimento death n’ roll del criticato Swansong (nonostante non abbiano paura a riproporre brani di quei periodi). Sono infatti concentrati sulla ricerca melodica del presente, evoluzione di quella vena progressiva che ha raggiunto il suo apice nei capolavori Necroticism ed Heartwork, dimostrando come abbiano ancora, a ragione, fiducia nelle proprie capacità compositive. Jeff Walker, magnetico e carismatico, è riuscito, insieme a Bill Steer, che pare provenire direttamente dagli anni 70, a ricreare la magica perversione dei Carcass dei primi anni 90, arricchendola di un gusto melodico che richiama proprio la scena death metal svedese che gli stessi Carcass tanto hanno influenzato. Una band in pieno slancio creativo che ripropone anche molti brani ormai entrati nella storia della musica pesante.

Una delle serate più intense dell’annata concertistica, in particolare per le straordinarie esibizioni degli Obituary e dei Carcass. Un viaggio nel mondo parallelo del metal estremo, fatto di divertimento, corna al cielo, pogo ferocissimo e birra. Come tornare bambini. Quello che deve essere un concerto rock, insomma. Peace, Love and Death Metal!
[R.T.]
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Carcass + Obituary + Napalm Death + Voivod – Deathcrusher Tour – Estragon (Bologna) - 11/17/2015

Metal lives in a parallel world. This is the reason why it brings us back to adolescence and exalts us like no other musical genre. Temporally it is on a planet in which the calendar is located between 80s and 90s, long before the advent of jihadist terrorism in occidental society. Spatially it is light years away from Paris, where just 4 days before Deathcrusher Tour Italian gig, Eagles of Death Metal concert was devastated by the madness of terrorists. This is the reason why we can not be surprised if 4 bands, veterans of stages around the world, do not mention (except for a vague reference by Shane Embury from Napalm Death about the madness of all religions) Le Bataclan massacre. This is not surprising, yet it is unforgivable. 
In the same way it is unforgivable, in the surreal psychotic atmosphere that envelops Europe in these days, that there is no real security control at a rock concert in such a big club, filled to its maximum capacity.  
Fortunately, this kind of music is capable to bring us back to adolescence, when real world problems were light years away from our perception. Grandeur of Deathcrusher Tour bill is a real journey through time, and in the end this will be remembered as a memorable event. 

Lost the chance to listen to the opening band, Herod, because the festival beginning is inexcusably  anticipated of almost half an hour, Voivod welcome us to Estragon. The Canadian band, with its sci-fi thrash metal, brings us into the parallel world of heavy metal through the main entrance. Melodically aliens and rhythmically cold like machines, Voivod create a retro-futurist world with cerebral, contorted shapes, without abandoning the sense of humour. Their vision has got human warmth, and indeed we can perceive the funny spirit of the four members, despite of all the time elapsed from the beginning of their career, and the passing of a fundamental member as Piggy  was (and he is heartily remembered by Snake). Exalting is Away performance on drums: powerful, groovy and dynamic. Their future, observed by the past, is still relevant nowadays.

Napalm Death have got the task to bring us back to the rottenness of planet Earth. English band gets on the stage without singer “Barney” Greenway: this change in the band line up could generate vivid disappointment, instead it proves to be a great discovery. His substitute (Chris Reese from Corrupt Moral Altar) never gets tired of roaring his massive energy onto the audience. The young guy is completely at ease on stage, and he succeeds in a seemingly impossible task. What is not properly convincing in their show are sounds: too much compressed and without midrange frequencies, they make it difficult to sustain their sonic assault. These sounds, much closer to industrial than to grindcore, have got a lot of affinity with recent compositions of the band, but their not perfect balance weaks the otherwise relentless violence of the band.

On the contrary the sound balance of Obituary live set is extraordinary. Heavy, mighty, rotten:  Obituary sound is perfect for enhancing the music of a completely fit band. Confirming the exaltation aroused with its concert in summer 2014 in Pisa, the band from Florida is the most amazing of the evening, and it brings us in a comics world full of horror images. John Tardy voice is muddy, sickening and it sounds even more devastating than at the beginning of his career. Echoing solos seem to come from a parallel dimension imagined by Lovecraft, and they sound mystical and estranging, in the sludgy flow of distortions. Powerful drums pull guitars riffs, and when the music abandons the fury to slow down, the public seems mired in the quicksand. Memorable. 

Then, a real stroke of a razor – opposite to the colossal heaviness of Obituary – hits Estragon audience. Razor-sharp Carcass music is played by infallible surgeons (for their incredible musical skills) and morbidly merciless serial killers (for the perversion of the melodies). As a crazy Victor Frankestein, the English band has discomposed and reassembled heavy music, during its career, through epochal albums made by both savage brutality and magnificent elegance. In 2015 they have got nothing more of the black humour of the beginnings, neither the death n’ roll fun of the criticized Swansong (and despite criticism of the time, the band plays some tracks from that era). Indeed, they are focused on present melodic research, evolution of their progressive side (that reaches the apex with masterpieces as Necroticism and Heartwork), showing how much they still – rightly – trust on their compositional ability. Charismatic and magnetic Jeff Walker, together with Bill Steer (directly coming from the 70s), succeeds in recreating the magical perversion of early 90s Carcass, enriching it with a melodic taste that recalls that Swedish death metal scene so much influenced by Carcass themselves. A band at the height of its creative drive that juxtaposes great new music to songs that have already taken their place in the history of heavy metal.

One of the most intense live shows of the year - especially for the amazing performance by Obituary and Carcass. A journey into the extreme metal parallel world, characterized by fun, beer, wild mosh and horns up! It is almost like being teens once again! In short, that is what a rock concert has to be: Peace, Love and Death Metal!
[R.T.]





lunedì 16 novembre 2015

Shining + Darkend + Selvans + Malnàtt + Sulfur – 07.11.2015 – Alchemica Music Club (Bologna)


Shining + Darkend + Selvans + Malnàtt + Sulfur – 07.11.2015 – Alchemica Music Club (Bologna)

Prima o poi doveva interrompersi la lunga sequenza di notevoli concerti di questo autunno. Certo, non importava dare una frenata così brusca. Il concerto degli Shining – quelli svedesi, di Niklas Kvarforth – entra di diritto nella top 5 dei peggiori live a cui ho assistito, conquistandosi tranquillamente il gradino più alto del podio. Ma procediamo con ordine: non tutto è da buttare via in questa serata. Si tratta infatti di una serata “a calare”.

In apertura ci sono i toscani Sulfur ed il loro doom metal è davvero un ottimo preludio alla serata: carichi e potenti, con un cantato convincente soprattutto nelle parti più sporche e growl, hanno anche delle aperture più melodiche piuttosto interessanti.

Seguono i bolognesi Malnàtt, ed il loro ingresso sul palco segna subito il passo della loro esibizione. Maschere a forma di teschietto, cappuccio nero e flautini da dio Pan per il leader e un bell’attacco tanto heavy quanto thrash-death. A metà fra il serio e il faceto, un po’ per i testi delle canzoni, un po’ per come stanno sul palco, e un bel po’ per i discorsi del Porz, i Malnàtt dovrebbero aprire gli occhi ai presenti su cosa li aspetta dopo di loro: tanto fumo e poco arrosto. Tanto quello che conta sono le maschere, no? E Porz si infila pure i tappi alle orecchie mentre è sul palco col microfono in mano. Fra una presa per il culo e l’altra ai vari “blackisti” presenti, la loro mezz’ora di concerto è l’apice musicale – e non solo – dell’intera serata.

I Selvans - dall’Abruzzo con folklore - ci fanno subito capire a cosa alludeva il Porz con quel cencio nero in testa. Bravi son bravi: il loro atmospheric black metal è convincente e ben suonato, con sampler equilibrati che arricchiscono le composizioni, senza saturarle e appiattirle sulle parti registrate…ma si dovrebbero ascoltare col sipario calato. Troppi atteggiamenti, troppa convinzione, troppo spazio a “trucchi e parrucchi”. L’ostentazione di rabbia e cattiveria viene subito ridicolizzata dalle due immagini di Pan (sì, proprio lo stesso dei flautini di Porz…chissà come mai…) sul palco: un Pan che del satiro non ha più nulla, perché tutto quel che sembra è un lenone lascivo e ammiccante. Per non parlare poi della necessità di indossare una maschera da lupo che rende completamente afono il cantante… Da ascoltare in cd, da evitare il live. La loro proposta musicale è assolutamente valida e dal vivo le loro canzoni hanno una grande resa ed un bell’impatto: ma la sceneggiata sul palco sfortunatamente tende ad oscurare tutto questo.

Tocca poi ai Darkend. Confermano l’impressione di tre settimane prima al Colony di Brescia, quando suonavano in apertura ai Forgotten Tomb. E a questo giro le pecche risultavano ancora più evidenti a causa dei suoni davvero pessimi.

“Last and least” Shining. Potrei limitarmi a dire “imbarazzante”. Ma voglio darvi qualche dettaglio in più. Niklas Kvarforth è un completamente senza voce e la sua band suona sconnessa e floscia mentre lui fa delle bimbettate (passatemi il termine, ma rende proprio l’idea!) che nemmeno Axl Rose ai tempi d’oro! Basti dire che dopo 5/10 minuti dall’inizio del concerto lascia il palco tutto stizzito dopo aver fatto il gioco delle tre campane con i microfoni presenti sul palco, accampando la scusa di un problema tecnico (sicuramente ben presente nella sua testa), mentre il resto della sua band che suona (male) Sweet Child o' Mine!!! Suicidal depressive black metal? Ma quando??? Scordatevi le atmosfere che avete apprezzato in dischi come V - Halmstad: di cupo e melanconico, di lacerato e malato non c’è più niente. La stupenda Neka Morgondagen viene letteralmente straziata da una “non voce” e da un arrangiamento live che nulla hanno a che vedere con l’angosciosa cupezza e malinconia della versione presente nell’album. Supportato da un gruppo che potrebbe forse cimentarsi come cover band di qualche combo glam di fine anni ’80, Niklas Kvarforth è solo una serie di pose mal riuscite e un nulla musicale. 
Delusione di una sera di metà autunno, che però apre lo spazio anche a riflessioni su un mondo musicale spesso in cerca di autore. Un po’ di teatralità non ha mai fatto male a nessuno, e a nessuno dispiace una bella presenza scenica sul palco – magari anche aiutata da proiezioni, effetti di luci o anche determinati look più o meno originali, più o meno tipici di un dato genere. Ma ciò che conta e che deve contare è la Musica. Tutto il resto è contorno.
[E.R.]

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Shining + Darkend + Selvans + Malnàtt + Sulfur – 11.07.2015 – Alchemica Music Club (Bologna)

Sooner or later the long sequence of great concerts of this autumn had to stop. Well, it was not necessary to interrupt it in such a drastic way. Shining concert – the Swedish Shining, by Niklas Kvarforth – gets right at the first step of the podium of the 5 worsts concerts of my life. But let proceed with order: it is not all to be thrown in the dustbin in this evening. It is a sort of “decreasing” evening.

Tuscan Sulfur as opening. Their doom metal is a really good prelude for the evening: mighty and full of energy, with captivating vocals (especially in the growl parts), they also have got really interesting melodies.

Then Malnàtt (from Bologna), and their coming up on stage tells everything about their show. Skull masks, black hood and Pan flutes for their leader and a great attack as much heavy as thrash-death. Halfway between serious and humorous, in part for the lyrics, in part for how they stand on the stage, and in great part for Porz talks, Malnàtt should open the eyes of the audience about what awaits them: “a lot of smoke and little roast”. What really counts are the masks, aren’t they? Porz even inserts earplugs in his ears while on stage with microphone in his hand. And with mockeries and jokes to those he defines “blackisti”, their half an hour concert is the musical – and not only musical – apex of this evening.

Selvans – from Abruzzo with folklore – let us immediately understand what was alluding Porz with the black cloth over his head. They are a really good band, that is for sure: their atmospheric black metal is compelling and they are really skilful as musicians. Beautiful samples enrich their songs, without saturating them or flattening them on recordings…but one should listen to them with closed curtain. Too many poses, too many scenographies. The ostentatious display of anger and evil is ridiculed by the two images of Pan (yes, the same god Pan of Porz’ flutes…ask yourself why…) on stage: a Pan which has nothing of the satyr, being just a lascivious, flirtatious pimp. And what about the wolf mask worn by the singer and making him completely voiceless? It is worth listen to them on cd. But, please, avoid concerts. Their music is definitely good and their songs, live, have got a great, beautiful impact: but the way they stay on the stage obscures almost all their value.

Darkend confirm the impression of their show in Brescia three weeks before (playing as openers for Forgotten Tomb). And this time defects are more evident because of the really awful sounds.

“Last and least” Shining. I could just say “embarrassing”. But I do want to give you some more details. Niklas Kvarforth is completely voiceless and his band plays rambling and limp while he behaves like a small spoiled child (sorry, but this is the best way I can describe him!) in such a way that even Axl Rose in his heyday would have paled! It is enough to say that after only 5/10 minutes from the beginning of the concert he got off the stage visibly testy and angry after the shell game with all the microphones on stage, pretending a technical problem (for sure a real one in his head), while the rest of the band (badly) play Sweet Child o' Mine!!! Suicidal depressive black metal? …what??? Forget the atmospheres once loved in amazing albums as V - Halmstad: nothing more sounds gloomy, melancholic, torn or sick. The wonderful Neka Morgondagen is literally mangled by a “non voice” and a live arrangement a million miles far away from the anguished gloom and melancholy of the studio version. Supported by a band that could hardly try to play as a cover band of some 80s glam combo, Niklas Kvarforth is just a series of bungled poses and a musical zero. 
Delusion of a midautumn night. Yet it opens to reflections on a musical world too often in search of an author. A bit of theatricality never disturbs anyone. Nobody displeases a good presence on stage – and video projections, light effects, and more or less original looks more or less typical of a certain musical genre. But what is important – what has to be important – is Music. All the rest is just subsidiary.
[E.R.]

sabato 14 novembre 2015

Kyuss - Blues for the Red Sun


Oggi, più che mai, è importante ricordare che il rock è ricerca di libertà. Solidarietà alle vittime degli attentati di Parigi.

Today, more than ever, it is important to remember that rock is in search of freedom. Solidarity with the victims of the terrorist attacks in Paris.



Kyuss – Blues for the Red Sun
(Dali Records, 1992)

L’hard rock di fine anni sessanta / inizio settanta si era lasciato spesso affascinare dalla spiritualità dei grandi spazi del Nord America, e dal mito della libertà rappresentato dal loro attraversamento. Il viaggio interrotto nel corso degli anni 70 è intrapreso nuovamente dai Kyuss, con pesantezza tipicamente metal ed essenzialità da band alternative rock. L’energia primordiale della Terra è celebrata da John Garcia, Josh Homme, Nick Oliveri e Brant Bjork grazie a suoni massicci, annebbiati da accordature ribassate, quasi come se provenissero direttamente dalla sabbia del deserto della California del Sud, come nubi sollevate dal vento. Dilatazioni psichedeliche e stordenti riff rallentati evocano spazi sconfinati, attraversati da strade senza fine, sulle quali la band accelera con esplosioni di energia e groove travolgente. Blues for the Red Sun è una reinterpretazione della musica di Blue Cheer, Hawkwind, MC5 e Black Sabbath, e riporta il rock sulla Route 66, simbolo di una libertà probabilmente perduta.
[R.T.]
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Kyuss – Blues for the Red Sun
(Dali Records, 1992)

60s and 70s hard rock was often fascinated by the spirituality of North American great spaces, and by the myth of freedom often represented by their crossing. The interrupted journey is restarted by Kyuss, with their wealth of metal heaviness and alternative rock essentiality. Primordial energy of the Earth is celebrated by John Garcia, Josh Homme, Nick Oliveri and Brant Bjork thanks to massive sounds, fogged by lowered tunings, almost coming directly out of the sand of the southern California desert, as clouds raised by the wind. Psychedelic dilatations and stunning slowed riffs evoke boundless spaces, crossed by endless highways, on which the band accelerates with bursts of energy and overwhelming groove. Blues for the Red Sun is a reinterpretation of Blue Cheer, Hawkwind, MC5 and Black Sabbath music, and it brings rock back on the Route 66, symbol of a probably lost freedom.
[R.T.]


martedì 10 novembre 2015

Red Fang + Fatzobomb – 12.06.2015 - The Cage Theatre (Livorno)



Red Fang + Fatzobomb – 12.06.2015 - The Cage Theatre (Livorno)

I Red Fang sono una di quelle band che dal vivo riescono ad esprimere tutto il loro potenziale, che su disco appare invece imbrigliato. La band di Portland torna sulla costa toscana per la terza volta in due anni (estate 2013 a Castellina Marittima in occasione del festival Musica W, gennaio 2014 al The Cage di Livorno).

Questa volta ad aprire il loro concerto c'è una band locale, i Fatzobomb, che si dimostra all'altezza grazie ad uno stoner rock divertente e dinamico. Chiaramente ispirati ai Queens of the Stone Age, il gruppo toscano ha un mare di energia da scaricare sul pubblico, grazie anche a suoni molto caldi e potenti e ad una voce davvero interessante. Da approfondire.

Più pesanti, incazzati e oscuri rispetto all’anno precedente, i Red Fang perdono parte dell’impatto diretto e festaiolo che aveva reso il concerto del 2014 un pogo turbinante, ma guadagnano sporcizia e incazzatura tipicamente sludge. La scelta di concentrarsi sui brani di Murder the Mountains (il tour precedente era invece destinato alla promozione dell’ultimo disco, Whales and Leeches) si dimostra vincente. Groove travolgente e riff che si abbattono come macigni, con una potenza difficilmente immaginabile se si conosce la musica della band esclusivamente su disco. Il gruppo ormai è di casa e il pubblico è incontenibile e, anche se non si raggiungono i picchi di caos dell'anno precedente, bisogna stare attenti non farsi trascinare nel gorgo del pogo. I membri del gruppo non sono così gioiosamente "cazzoni" come un anno prima, ma pestano ancora di più, con canzoni più complesse e pesanti, dimostrando che il concerto è la giusta dimensione per potersi godere appieno la loro musica.
[R.T.]

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Red Fang + Fatzobomb – 06.12.2015 - The Cage Theatre (Livorno)

Red Fang are one of those bands capable of expressing live all their potential which indeed seems almost compressed in studio recordings. The band from Portland is at its third live show on Tuscany coast in two years (summer 2013 in Castellina Marittima for Musica W festival, January 2014 at The Cage in Livorno).

This time there is a local band as opener – Fatzobomb – which is up to the task, thanks to its dynamic, entertaining stoner rock. Clearly inspired by Queens of the Stone Age, the Tuscan band has got a lot of energy during its live, thanks also to mighty sounds and really interesting vocals. To deepen further.

Heavier, darker and angrier than in 2014, Red Fang lose part of the partying, direct impact which made the concert of the previous year a sort of swirling mosh. Yet they gain in tipically sludgy wrath and dirt. The choice to focus on songs from Murder the Mountains (while the previous tour was to promote the new album Whales and Leeches) is a winning one. Enthralling groove and boulder-like riffs: a hardly imaginable power if one knows them only for the studio albums. The band feels like at home and the audience is uncontainable, and even if the chaos is not at its apex as it was the last year, it is hard not to be gragged into the vortex of the mosh. The band is not so heartily “silly and playful” as the year before: yet they sound heavier, they play more complex and heavier songs, showing that live concert is the right way to fully enjoy their music.
[R.T.]

sabato 7 novembre 2015

L'Ira del Baccano - Terra 42


L’Ira del Baccano – Terra 42
(Subsound Records , 2014)

Che l’Italia sia stata una delle terre madri del rock progressivo è cosa nota. Un periodo luminoso che pare perso nelle profondità del passato, per l’ascoltatore odierno. Eppure l’eredità di quell’epoca si respira, in alcuni casi, ancora oggi. Il primo disco in studio de L’Ira del Baccano ne è un perfetto esempio. Tre lunghe suite tipicamente progressive, che si avvolgono in contorsioni strumentali (mai pedanti o autocompiaciute) nate da libere jam session e poi modellate con abilità melodica e perizia tecnica. Ma Terra 42 va al di là del passato illustre del rock italiano, e anziché appoggiarsi sulle atmosfere romantiche, melodiche e sinfoniche di gran parte del prog italiano, si avventura nello space rock e nella psichedelia pesante, viaggiando a cavallo tra Hawkwind e Baroness, Ozric Tentacles e Monster Magnet, Grateful Dead e Soundgarden. Un viaggio avanti e indietro nel tempo compiuto con personalità e creatività, che porta a compimento 6 anni di concerti e visionarie jam session (in precedenza immortalate nel live Si non Sedes is Live MMVII). Non possiamo sapere se Terra 42 diventerà l’alba di una nuova ondata progressiva italiana, ma è evidente che l’esplorazione ai confini della galassia musicale compiuta dalla band romana ha le carte in regola per risvegliare un passato da troppo tempo dormiente.
[R.T.]

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L’Ira del Baccano – Terra 42
(Subsound Records, 2014)

It is well known that Italy has been one of the homelands and birthlands for progressive rock. A brilliant era which seems lost in the depths of the past for nowadays listeners. Nevertheless the inheritance of that time is still alive in some cases. First L’Ira del Baccano studio album is a perfect, clear example of this inheritance. Three long typically progressive suites, wrapping in instrumental contortions (never pedantic, pompous or self-satisfied) which were born from free jam sessions then modeled through melodic and technical skills. Yet Terra 42 goes beyond the illustrious past of Italian rock. It does not rest on romantic and symphonic atmospheres typical of most of Italian prog: instead it ventures in space rock and heavy psychedelia, traveling halfway between Hawkwind and Baroness, Ozric Tentacles and Monster Magnet, Greatful Dead and Soundgarden. A journey back and forth in time, accomplished with personality and creativity, which is the completion of 6 years of concerts and visionary jams (formerly immortalized in live album Si non Sedes is Live MMVII). It can not be said if Terra 42 is destined to become the dawn of a new Italian progressive wave, nonetheless it is clear that the explorations on the borders of the musical galaxy performed by the band from Roma have what it takes to awaken a too long dormant past.
[R.T.]


martedì 3 novembre 2015

Mutoid Man + Pigs + Sofy Major – 31.10.2015 – Lo Fi (Milano)


Mutoid Man + Pigs + Sofy Major – 31.10.2015 – Lo-Fi (Milano)

La notte di Halloween 2015 ce la passiamo al Lo-Fi di Milano, a sentirci i Mutoid Man accompagnati da altre due band molto interessanti.

Aprono le danze i francesi Sofy Major. A cavallo fra noise, post hardcore, stoner e sludge, il trio di Clermont-Ferrand scaraventa fuori mezz’ora di musica serrata, fra riff possenti ed un cantato che richiama alla mente un certo Buzz Osborne. I Melvins, ancora una volta, hanno ispirato un’ottima band, la cui personalità pare comunque ben definita. Incontenibili e carichi non soltanto dal punto di vista musicale - non stanno fermi un attimo! - liberano sul palco tutta l’energia compressa nel loro nuovo full-lenght grazie anche a suoni davvero strepitosi (la testata Sunn del chitarrista non è utilizzata certo come soprammobile!), perfino migliori che nella registrazione. 

Pancetta alcolica, maglietta del Milan di un po’ di anni fa (Bierhoff, numero 9), Dave Curran - storico membro degli Unsane - sale sul palco insieme ai suoi Pigs (dove al basso ritroviamo Mathieu Moulin dei Sofy Major) e un’ondata di noise rock bello marcio, dissonante e groovoso s’impadronisce del Lo-Fi. La voce di Curran è strisciante e stridente, e la scaletta è un’intrigante alternarsi di stacchi violenti, riff irregolari, dilatazioni arpeggiate e distorte. Ottimi i suoni, che riescono a cogliere e rendere al massimo tutte le sfumature del post hardcore vecchia scuola del trio di Brooklyn (richiami a Fugazi, The Jesus Lizard e gli stessi Unsane).

Infine Mutoid Man. Che dire? Avete presente la NWOBHM “alla Iron Maiden maniera” e il thrash americano più veloce e schizzato degli anni ’80 (vedi Megadeth, Anthrax e compagnia bella)? Bene: fateli passare attraverso il noise e il post hardcore, mettete alla voce Adam Sandler, al basso Jack Black e alla batteria un “quindicenne-macchina-da-guerra-delle-percussioni” ed eccovi servito il live dei Mutoid Man (oppure uno spezzone del film Tenacious D… la differenza è difficile da trovare!). La musica della band non si nutre però di citazioni, bensì reinterpreta le vecchie influenze alla luce delle esperienze dei suoi membri (Steve Brodsky dei Cave In, Ben Koller dei Converge e Nick Cageao dei Vermefüg). Il frullato musicale, condito di deliziosi siparietti demenziali, è purtroppo penalizzato nella prima metà del concerto da suoni di chitarra assolutamente inadeguati che rendono il risultato finale troppo compresso e poco dinamico. Per fortuna con il passare dei minuti le cose si aggiustano e, pur senza raggiungere i livelli della registrazione in studio, evitano di rendere la complessa e folle musica della band un frappè senza alcun gusto. La delirante cover di Don’t Let Me Be Misunderstood degli Animals è la chicca definitiva dello spettacolo del trio americano, così come l’esilarante presentazione dei singoli membri, in puro stile rock arena anni 80.

Declinazione del power trio nelle sue diverse forme. Dalla sua forma più essenziale a quella più articolata e ridondante. Tre grandi power trio: e mai questo termine fu più propriamente utilizzato.
[E.R. + R.T.]

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Mutoid Man + Pigs + Sofy Major – 10.31.2015 – Lo-Fi (Milano)

Halloween night 2015: we spend it at Lo-Fi, in Milano, listening to Mutoid Man, together with two other really interesting, worthy bands.

French Sofy Major let the concert begin. Halfway between noise and post hardoce, stoner and sludge, the Clermont-Ferrand trio flings out half an hour of straight, direct music, with mighty riffs and vocals reminding of a certain Buzz Osborne. Once again, Melvins are the inspiration for a cool band, whose personality seems anyway well defined. Uncontainable and full of energy, and not only from the musical point of view (indeed, they can not stay still for one single moment!), they set free all the power compressed inside their new full-lenght, also thanks to amazing sounds (the Sunn head amp is not certainly a mere ornament!), even better than those in the recordings.

Alcoholic belly and a “vintage” Milan t-shirt (Bierhoff, number 9) on, Dave Curran – historical member of Unsane – gets on stage together with his Pigs (and at the bass guitar we find once again Mathieu Moulin of Sofy Major) and a rotten, dissonant, groovy noise rock wave gets hold of Lo-Fi. Curran voice is creeping and grinding. Songs are an intriguing alternation of violent attacks, irregular riffs, distorted and arpeggiated dilations. Sounds are great: capable to seize and amplify all the facets of the old school post hardcore of the trio from Brooklyn (you can easily catch the references to Fugazi, The Jesus Lizard and Unsane themselves).

Finally Mutoid Man. What about their concert? Do you know “Iron Maidenish” NWOBHM and the speediest and craziest American thrash of the 80s (see Megadeth, Anthrax and their friends)? Well, make them go through noise and post hardcore, put Adam Sandler at the microphone, Jack Black at the bass guitar, a “fifteen-years-old-percussions-war-machine” at the drums and here you are served Mutoid Man show (or an excerpt from the movie Tenacious D…difficult to find differences!). Anyway, their music does not live on quotes: they reinterpret old influences through the musical experiences of each member (Cave In for Steve Brodsky, Converge for Ben Koller and Vermefüg for Nick Cageao). Unfortunately, the musical milkshake, with the add of delicious zany gags, is negatively affected by absolutely inadequate guitar sounds during the first half of the concert, making the final result too much compressed and not very dynamic. Luckily sounds get better during the show, and even if they do not reach the level of the studio recordings, they anyway make possible to appreciate the complex and mad music of the band, avoiding to make it a tasteless smoothie. The delirious cover of Animals’ Don’t Let Me Be Misunderstood is “the cherry on the cake” of the American trio show, as much as it is the hilarious introduction of each member - in pure 80s arena rock style.

Declension of the power trio in its various forms. From the most essential to the most complex and redundant. Three great power trio: and never this expression has been more properly used.
[E.R. + R.T.]