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giovedì 21 novembre 2019

The Warlocks + The Stevenson Ranch Davidians – 24.08.2019 - Privatclub (Berlino)


The Warlocks + The Stevenson Ranch Davidians – 24.08.2019 - Privatclub (Berlino)

Tende rosse sul palco, luci soffuse, e una band che suona un rock psichedelico delicato e sognante. Così ci accoglie il piccolo Privatclub. Sarò suggestionato da questa città, eppure sembra proprio di essere nella scena de Il Cielo sopra Berlino, quando il protagonista si ritrova ad un concerto di Nick Cave.

La band che ci dà il benvenuto è la Stevenson Ranch Davidians, che ci accoglie con una slide guitar che liquefà gli accenni brit pop delle melodie. In poco più di mezz’ora rimango affascinato dalle atmosfere create dalla band californiana, che ondeggia tra melodie cantilenanti alla Verve e distorti sogni shoegaze. Forse siamo nei titoli di coda del più recente Twin Peaks, più che nel film di Wim Wenders.

La conferma sembrano darcela i Warlocks, con il loro inizio di concerto. Non ci sono gli spigoli rumorosi di From Her to Eternity nell’attacco della band di Bobby Hecksher, che inizia con un garage pop psichedelico che sa di caramella colorata di fine anni '60. Ma il dolce sapore della caramella diventa sempre più aspro mano a mano che questa si scioglie, e i colori diventano sempre più accecanti. Le tre chitarre sollevano un muro di suono che trova perfettamente casa in questa città. Un muro con i colori dell’arcobaleno, ma con schegge di cemento armato arrugginito che lo trafiggono ovunque. Una musica che raccoglie e sintetizza le contraddizioni di melodia e rumore, proprio come questa città. E, come essa, rapisce.
[R.T.]
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The Warlocks + The Stevenson Ranch Davidians – 08.24.2019 - Privatclub (Berlino)


Red curtains on the stage, dim lights, and a band playing a delicate dreamy psychedelic rock. Thus the small Privatclub welcomes us. I may be influenced by this city, yet it seems to be in the scene of Der Himmel über Berlin, when the protagonist finds himself at a Nick Cave concert.

The Stevenson Ranch Davidians are the band welcoming us with a slide guitar liquefying the brit pop hints of their melodies. In just over half an hour I remain fascinated by the atmosphere created by the Californian band, which sways between Verve-like sing-songing melodies and distorted shoegaze dreams. Perhaps we are in the end credits of the latest Twin Peaks, rather than in the Wim Wenders movie.

With the first part of their set, The Warlocks seem to confirm this feeling. There are no noisy edges typical of From Her to Eternity in the Bobby Hecksher's band attack. They start with a psychedelic pop garage that tastes like a late 60s colorful candy. But the sweet taste of this candy becomes more and more bitter as it melts, while the colors become increasingly blinding. The three guitars raise a wall of sound that perfectly finds its home in this city. A wall with the colors of the rainbow, yet with rusty concrete splinters that pierce it everywhere. A music that collects and summarizes the contradictions of melody and noise, just like this city does. And, like this city, it kidnaps you.
[R.T.]

lunedì 18 novembre 2019

Flipper + Heads. + Dysnea Boys - 20.08.2019 - Bi Nuu (Berlin)


Flipper + Heads. + Dysnea Boys - 20.08.2019 - Bi Nuu (Berlin)

Berlino è una città ricostruita sulle sue ferite. Le cicatrici del passato compaiono ovunque nelle sue strade, per quanto la città sia stata in grado di riconciliare gli opposti e trovare nuovi equilibri. Dove adesso sottoculture e minoranze convivono, i totalitarismi avevano cancellato la pluralità. Il concerto di stasera non poteva avere luogo in una città più adatta. Tre band che in modo diverso rappresentano il presente della città (scambi di idee e collaborazioni) e ne mostrano le ferite del passato (chitarre spigolose come pezzi di ferro arrugginiti che sbucano dai resti del Muro). E non poteva esserci luogo più adatto del Bi Nuu: locale ricavato sotto una stazione della S-Bahn nel cuore di Kreuzberg, dall'atmosfera underground tipicamente berlinese (Kreuzberg infatti è stata il cuore degli esperimenti comunitari delle case occupate, nella Berlino Ovest degli anni '80).

L'hardcore dei Dysnea Boys pare provenire proprio da quegli squat che pullulavano nel quartiere in quel decennio. Rabbioso e rumoroso, con la chitarra che segue spesso la strada della dissonanza, ma anche con ritmiche marziali e atmosfere oscure ai limiti del post punk. La diversa origine dei 4 membri della band (USA, Canada, Scozia, Germania) è la conferma che la forza di questa città sta nell'aver saputo integrare e rielaborare le differenze.

Gli Heads. (anch'essi di base a Berlino e di  varia origine - 2 tedeschi e un australiano) propongono un noise rock del nuovo millennio, con distorsioni potentissime ed esplosioni devastanti in stile sludge, ma con un gusto melodico memore del rock alternativo degli anni '90. Nella loro musica ci sono le ritmiche spezzate di Shellac e Helmet, i momenti introspettivi di certi Swans e la grandiosità post apocalittica dei Godflesh. Tutto questo li rende alle mie oprecchie la sorpresa più entusiasmante della serata. Straordinari!

Se c'è una musica che rappresenta il tentativo di ricostruire un equilibrio armonico laddove le dissonanze paiono impedirlo, quella è il noise rock americano degli anni '80 e '90. I Flipper sono qui a dimostrarcelo e, per confermare lo spirito di collaborazione della serata, si fanno aiutare dal basso di Mike Watt (Minutemen) e dalla voce di David Yow (Jesus Lizard). Dopo aver preso in giro Steve DePace che indossa i guanti per suonare la batteria, Ted Falconi inizia a suonare accordi che paiono ripetersi all'infinito con minime (rumorose) variazioni e presto siamo ipnotizzati da questo vecchissimo Dracula (direttamente dal film di Francis Ford Coppola) che pare invecchiare sempre di più con il susseguirsi degli accordi. All'improssivo compare David Yow ed è il delirio. Si getta sul pubblico e cerca di essere il più disturbante e viscido possibile (proprio come la sua voce) abbracciando i presenti fino ai limiti dello strangolamento, spingendo, toccando, rubando oggetti e lanciandoli, gettandosi a terra (sempre cercando di trascinare qualcuno con sé). Tutto suona storto e acido, ma anche esaltante. Ascoltare Sacrifice (pezzo storico dei primi Flipper, reso "famoso" dai Melvins) con la voce delirante di David Yow, è senza dubbio l'apice della serata. Ma la cosa più folle e assurda è il finale (infinito) in cui il concetto di collaborazione e partecipazione è portato talmente all'estremo da risultare demenzialmente divertente: tutti sul palco per un ritornello a base di fischi. Una festa collettiva.
[R.T.]

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Flipper + Heads. + Dysnea Boys - 08.20.2019 - Bi Nuu (Berlin)

Berlin is a city rebuilt on its wounds. The scars of the past appear everywhere in its streets, although the city has been able to reconcile the opposites and find new balances. Where subcultures and minorities now coexist, totalitarianisms had erased plurality. Tonight's concert could not take place in a more suitable city. Three bands that differently represent the present of the city (exchanges of ideas and collaborations) and show the wounds of the past (hard-edged guitars like rusty pieces of iron emerging from the Wall). And there could not have been a more suitable place than Bi Nuu: a venue under an S-Bahn station in the heart of Kreuzberg, with a typically Berliner underground atmosphere (Kreuzberg was in fact the heart of the community experiments of occupied houses in West Berlin during the 80s).

Dysnea Boys hardcore seems to come precisely from those squats that swarmed in the neighborhood in that decade. Angry and noisy, with the guitar often following the path of dissonance, but also with martial rhythms and dark atmospheres to the limits of post punk. The different origin of the 4 band members (USA, Canada, Scotland, Germany) is the confirmation that the strength of this city lies in the ability to integrate and rework the differences.

The Heads. (also based in Berlin and of various origins - 2 Germans and one Australian) play new millennium noise rock, with powerful distortions and devastating explosions in sludge style, but with a melodic taste reminiscent of 90s alternative rock. In their music there are Shellac and Helmet broken rhythms, the introspective moments of certain Swans and Godflesh post apocalyptic grandeur. All this makes them the most exciting surprise of the evening. Extraordinary!

If there is a music that represents the attempt to reconstruct a harmonic balance where dissonances seem to prevent it, that is the 80s/90s American noise rock. Flippers are here to prove it and, to confirm the spirit of collaboration of this evening, they are helped by Mike Watt (Minutemen) bass and David Yow (Jesus Lizard) voice. After making fun of Steve DePace wearing gloves to play drums, Ted Falconi starts playing chords that seem to repeat themselves endlessly with minimal (noisy) variations and soon we are hypnotized by this very old Dracula (directly from Francis Ford Coppola's movie) which seems to age more and more with the succession of chords. Suddenly David Yow appears on stage and the delirium starts. He throws himself on the audience and tries to be the most disturbing and slimy possible (just like his voice), embracing people to the limits of strangulation, pushing, touching, stealing objects and throwing them, throwing himself to the ground (always trying to drag someone with him). Everything sounds crooked and acid, but also exciting. Listening to Sacrifice (historical Flipper song made "famous" by Melvins) with David Yow delirious voice is undoubtedly the peak of the evening. But the craziest and most absurd thing is the (infinite) ending in which the concept of collaboration and participation is so extreme that it proves to be wacky funny: everybody on stage for a whistle-based refrain. A collective party.
[R.T.]



mercoledì 13 novembre 2019

Motorpsycho – The Crucible


Motorpsycho – The Crucible
(Stickman Records, 2019)

Sono passati 50 anni dal primo Big Bang generato dal Re Cremisi. Da allora sua maestà si è manifestata attraverso altre esplosioni cosmiche, ognuna in grado di espandere i confini dell’universo rock. Ma nell’anno 50 del calendario progressive l’Universo pare congelato. Robert Fripp comunica con il suo spirito guida solo in occasione di concerti, e sempre più rare sono le composizioni originali. Eppure c’è ancora qualcuno che ha la capacità di presentarsi alla corte del Re, per poi tornare nella nostra dimensione portando in dono splendida musica. I Motorpsycho sono tra questi. Esploratori spaziali di lungo corso, i norvegesi si addentrano sempre più in profondità nella galassia progressiva con The Crucible. Tre lunghi brani la cui architettura labirintica è in perfetto equilibrio nonostante il movimento continuo. E questo lo rende un disco più coeso del precedente The Tower. Non un vero e proprio Big Bang, ma senza alcun dubbio la nascita di una splendida stella (l’ennesima nella carriera della band norvegese). Gli intrecci vocali hanno il sapore psichedelico degli Yes di Close to the Edge e alcune schegge nervose sembrano provenire da un’altra esplosione primordiale, quella di Pawn Hearts dei Van Der Graaf Generator. Così come era accaduto a Steven Wilson, un altro dei pochi musicisti contemporanei in grado di saper trasformare le proprie (p)ossessioni crimsoniane in musica di altissimo livello, anche ai Motorpsycho attuali manca l’imprevedibilità e la capacità di stupire tipiche del prog anni '70, ma non certo la fantasia e la sensibilità di quell’epoca. Le galassie nelle quali ci accompagnano non sono certo inesplorate, ma il senso di meraviglia che si prova di fronte alle melodie e alle atmosfere di The Crucible meritano un viaggio ai confini dell’Universo. 
[R.T.]
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Motorpsycho – The Crucible
(Stickman Records, 2019)

50 years have passed since the first Big Bang generated by the Crimson King. Since then his majesty has manifested himself through other cosmic explosions, each capable of expanding the boundaries of the rock universe. But in the year 50 of the progressive calendar the Universe seems frozen. Robert Fripp communicates with his spirit guide only during concerts, and original songs are increasingly rare. Yet there is still someone who has the ability to present himself at the court of the King, to then return to our dimension bringing in a splendid gift of music. Motorpsycho are among these few. Long-time space explorers, these Norwegians go deeper and deeper into the progressive galaxy with The Crucible. Three long tracks whose labyrinthine architecture is in perfect balance despite the continuous movement. And this makes it a more cohesive record than the previous The Tower. Not a real Big Bang, but without a doubt the birth of a splendid star (yet another in the career of the Norwegian band). The vocal plots have the psychedelic flavour of Close to the Edge (Yes) and some nerve splinters seem to come from another primordial explosion, that of Pawn Hearts (Van Der Graaf Generator). Just as it had happened to Steven Wilson, another of the few contemporary musicians capable of transforming his own Crimsonian obsessions into high-level music, even the current Motorpsycho lacks the unpredictability and the ability to amaze typical of 70s prog, but certainly not the imagination and sensitivity of that era. The galaxies in which they accompany us are certainly not unexplored, but the sense of wonder that one feels in front of the melodies and atmospheres of The Crucible deserve a trip to the borders of the Universe.
[R.T.]

giovedì 7 novembre 2019

OM - 07.08.2019 - Fortezza Vecchia (Livorno)


OM - 07.08.2019 - Fortezza Vecchia (Livorno)

Attendo l’avvento degli OM in Fortezza Vecchia a Livorno come un fedele devoto. Il primo miracolo è la loro apparizione tra i bastioni della fortificazione storica, a due passi da casa. Le preghiere di tutti noi idolatri sono state accolte e fin dal giorno dell’annunciazione sono in trepidante attesa. Sono passati 7 anni dal loro ultimo album e dalla loro ultima apparizione in Italia. Le aspettative sono altissime.

Quando, sotto l’influsso dei sinuosi riff di basso di Al Cisneros, le mura iniziano a vibrare, sembra che queste liberino ritmicamente il calore accumulato nelle lunghe e roventi giornate di questa torrida estate. Ondeggio stordito da afa e psichedelia, e presto mi ritrovo in un territorio a metà tra oriente e occidente, in quella antica Bisanzio richiamata dagli artwork della band, e dalla loro musica. In certi momenti la distorsione gonfia i riff fino a riempire lo spazio tra le mura dei bastioni, ed è bellissimo perdersi in una sorta di trance mistica. Quando i suoni del basso si fanno più liquidi e leggeri manca però un po’ di volume e la batteria di Emil Amos sale in primo piano, ed essendo così complessa e progressiva, toglie un po’ della circolarità ipnotica necessaria. Ma non c’è mai tempo di risvegliarsi veramente. Sono sempre sospeso in una specie di bolla in cui il tempo scorre al rallentatore e il suono basso dell’om risuona nel mio cervello. Un mantra che forse avrebbe avuto bisogno di archi veri e propri per risuonare alla perfezione, anziché della loro ricostruzione digitale su tastiera. Ciò che realmente conta, comunque, è che a fine meditazione ho abbandonato ogni sovrastruttura razionale ed ogni giudizio critico e mi sono lasciato andare allo scorrere delle sensazioni. Ok, a dir la verità un briciolo di razionalità mi è rimasta (diversamente a quanto mi accade quando ascolto la loro musica su disco) e questo è forse l’unico motivo per cui non posso gridare al miracolo di fronte ad un concerto, comunque esaltante, come questo. Come un devoto fedele attendo un nuovo avvento, per una nuova meditazione.
[R.T.]

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OM - 08.07.2019 - Fortezza Vecchia (Livorno)

I await OM advent in the Fortezza Vecchia in Livorno as a faithful devotee. The first miracle is their appearance among the ramparts of the historic fortification, a stone's throw from home. The prayers of all of us idolaters have been accepted and since the day of the annunciation they are anxiously awaited. Seven years have passed since their latest album and their latest appearance in Italy. Expectations are really high.

When, under the influence of Al Cisneros sinuous bass riffs, the walls begin to vibrate, it seems that these rhythmically release the heat accumulated in the long red-hot days of this torrid summer. I sway stunned by sultriness and psychedelia, and soon I find myself in a territory halfway between east and west, in that ancient Byzantium recalled by the band's artwork and by their music.
At times the distortion inflates the riffs to fill the space between the walls of the bastions, and it is beautiful to get lost in a sort of mystical trance. When the sounds of the bass guitar become more liquid and lighter, however, it lascks a bit of volume is and Emil Amos drums come in foreground and, being so complex and progressive, it takes away some of the necessary hypnotic circularity. But there is never the time to really wake up. I am always suspended in a kind of bubble where time flows in slow motion and the low sound of the om resounds in my brain. A mantra that perhaps would have needed actual bows to resound to its perfection, rather than their digital reconstruction on the keyboard. What really matters, however, is that at the end of meditation I abandoned all rational superstructure and every critical judgment and let myself go to the flow of sensations. Ok, to be honest a bit of rationality remained in me (unlike what happens to me when I listen to their music on recording) and this is perhaps the only reason why I can't shout at the miracle even though it has been a really exciting concert. As a faithful devotee I await a new advent, for a new meditation.
[R.T.]